- Al di là dei toni trionfalistici, l’accordicchio siglato con Roma da Musumeci e Armao consentirà alla Regione di approvare il Bilancio e ai Comuni e alle ex Provincie di sopravvivere, non certo di vivere
- Musumeci e l’assessore Armao hanno presentato come una ‘vittoria’ una serie di promesse da parte di uno Stato che ha sempre affossato la Sicilia
- Alla fine Draghi è più intelligente dei suoi predecessori: almeno ha evitato il default di Regione siciliana, Comuni ed ex Province che avrebbe aperto la strada a disordini di piazza e avrebbe dato fiato al Separatismo siciliano mai sopito
dal Movimento Siciliani Liberi
riceviamo e pubblichiamo
Al di là dei toni trionfalistici, l’accordicchio siglato con Roma da Musumeci e Armao consentirà alla Regione di approvare il Bilancio e ai Comuni e alle ex Provincie di sopravvivere, non certo di vivere
Siciliani Liberi avverte che il tanto strombazzato accordo finanziario tra Stato e Regione dalla ditta “Musumeci-Armao” è nient’altro che un accordo provvisorio, l’ennesimo dal 1947, in attesa di un’attuazione delle norme statutarie in materia finanziaria; attuazione che – come sempre – non arriva mai. Nondimeno, nel merito, questo accordo deve essere oggetto di valutazione, perché inciderà sulle finanze esauste della Regione nei prossimi anni. In sintesi, il Governo dello Stato italiano – il nostro Paese colonizzatore – si è accorto che gli accordi fatti dall’ex presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta (e avallati poi dall’attuale presidente della Regione, Nello Musumeci) – secondo il quale quasi tutte le spese pubbliche restano accollate alla Regione e ai Comuni, mentre gran parte delle entrate affluiscono allo Stato – non è più sostenibile. In due parole: Regione e Comuni della nostra Isola non chiudono più i bilanci, e qualcosa va fatta per tenere in vita il fragile governicchio coloniale almeno per garantire una parvenza di ordinaria amministrazione. Per questa ragione gli artigli dello Stato hanno poco poco allentato la presa: anziché 4 volte che le Regioni a Statuto ordinario, la Regione siciliana pagherà un contributo al risanamento della finanza pubblica erariale pari a “solo” 2,5 volte quello degli altri, il disavanzo farlocco, creato dal regalo allo Stato dei propri crediti, sarà ripianato con un po’ di dilazione e senza interessi, alle ex Province sarà dato un minimo di fiato, una manciata di spiccioli per l’insularità e la continuità territoriale, che ci costa 6 miliardi e mezzo secondo la stessa Regione e che viene liquidata in 100 milioni circa, e infine qualche promessa, ma solo promessa, un po’ più seria.
Musumeci e l’assessore Armao hanno presentato come una ‘vittoria’ una serie di promesse da parte di uno Stato che ha sempre affossato la Sicilia
E qui ci sarebbe anche da avere un briciolo di ottimismo, se non fosse che lo Stato ha poi sempre trovato il modo di riprendersi con la mano sinistra quello che promette o, più raramente, dà con la destra. Sembra che la premiata ditta “Musumao” abbia saccheggiato il programma elettorale degli indipendentisti di Siciliani Liberi, che ancora una volta, pur fuori dal Parlamento, sono il pungolo, l’unico, della politica siciliana. Si tratta di promesse roboanti, le nostre battaglie da sempre: la definizione dei “Livelli essenziali di prestazioni”, la possibilità di “Manovrare i tributi per gestire la fiscalità di sviluppo”, l’attribuzione di un termine non troppo remoto per dare attuazione a tutto il dispositivo della parte finanziaria dello Statuto, persino la possibilità di emettere agevolazioni da mettere in compensazione dei tributi dovuti (la moneta fiscale complementare?). Speriamo in questo ricordino anche di riprendersi l’Agenzia delle Entrate, che per Statuto è nostra.
Alla fine Draghi è più intelligente dei suoi predecessori: almeno ha evitato il default di Regione siciliana, Comuni ed ex Province che avrebbe aperto la strada a disordini di piazza e avrebbe dato fiato al Separatismo siciliano mai sopito
Forse per lo Stato draghiano, che ora naviga totalmente sul debito e che pensa certamente di rivalersi sui risparmi privati degli italiani, qualche centinaio di milioni sulle centinaia di miliardi che amministra si può pure mollare come osso alla reietta colonia. O forse qualcuno sta cominciando a temere che a forza di tirare la corda in Sicilia potrebbero riprendere disordini da cui non è detto che l’Italia resti il Paese titolare. Nella grande catastrofe mondiale dell’energia e dell’economia in corso di svolgimento la Sicilia potrebbe diventare di nuovo preziosa e qualcuno potrebbe soffiare di nuovo sul fuoco del Separatismo. Draghi non è stupido come i suoi predecessori e forse vede più lontano degli stessi mediocri amministratori della politica locale. Per ora, comunque, ha dato solo briciole e promesse. Nient’altro, ma Conte o Letta o Renzi non davano neanche quelle. Vedremo. Di annunci ne abbiamo sentiti tanti negli ultimi decenni. Magari se gli indipendentisti entreranno in Assemblea regionale, o al Parlamento dello Stato, si potrà vedere qualcosa di più concreto, e si potrà fare rientrare la nostra Terra nella grande storia dalla quale è stata separata dalla grande agonia della dominazione italiana. Grande agonia che è ancora drammaticamente in atto, non dimentichiamolo mai.
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