- Ce lo chiediamo e lo chiediamo alla luce dei 3 mila e 200 Kg di pistacchi non tracciabili sequestrati in queste ore a Catania. E ce lo chiediamo perché la Coldiretti ha segnalato in Italia la presenza di pistacchi arrivati dalla Turchia e dall’Iran con tracce di aflatossine
- Non sarebbe il caso di cominciare a controllare le zone della Sicilia dove si producono i pistacchi? Anche perché qualche ‘stranezza’ è già stata riscontrata
Ce lo chiediamo e lo chiediamo alla luce dei 3 mila e 200 Kg di pistacchi non tracciabili sequestrati in queste ore a Catania. E ce lo chiediamo perché la Coldiretti ha segnalato in Italia la presenza di pistacchi arrivati dalla Turchia e dall’Iran con tracce di aflatossine
Si offende qualcuno se scriviamo che in Sicilia – e forse anche nel resto d’Italia – è arrivato il momento di controllare i pistacchi in circolazione? Ci limitiamo a mettere insieme tre notizie. La prima è di queste ore: il sequestro di 3 mila e 200 Kg di pistacchi a Catania perché privi di tracciabilità nel quadro di un’operazione nazionale condotta dai Reparti Carabinieri per la Tutela Agroalimentare. La seconda notizia risale a qualche giorno fa: 39 segnalazioni di pistacchi arrivati dalla Turchia e 29 segnalazioni di pistacchi arrivati dall’Iran sui quali sono state trovate tracce di aflatossine, sostanze molto pericolose per la salute umana, visto che sono cancerogene (“I dieci cibi più pericolosi per la nostra salute (tutti importati) segnalati in una black list dalla Coldiretti“). La terza notizia risale al 2 Luglio di quest’anno: “Non è una bella storia quella che è andata in scena ad Aosta raccontata dal quotidiano La Sicilia. Non l’ha scoperta Rocco Schiavone, ma qualcuno che gli somiglia. Ebbene, cosa hanno ‘sgamato’ ad Aosta, in piena Estate? Un bel carico di pistacchi – 23 tonnellate, non esattamente bruscolini – partito dal Lussemburgo, destinazione Sicilia, per la precisione Bronte, provincia di Catania, il Comune alla falde dell’Etna dove si produce il rinomato Pistacchio Verde Dop. Ai militari della Guardia di Finanza, in servizio al traforo del Monte Bianco, i conti non sono tornati: un carico di pistacchi, di provenienza ignota, che dal Lussemburgo è diretto in Sicilia, guarda caso a Bronte, dove si produce proprio pistacchio. Possibile? Impossibile non insospettirsi (qui trovate per esteso il nostro articolo dello scorso 2 Luglio).
Non sarebbe il caso di cominciare a controllare le zone della Sicilia dove si producono i pistacchi? Anche perché qualche ‘stranezza’ è già stata riscontrata
Ora, noi non abbiamo problemi a raccontare le truffe all’olio d’oliva in Toscana, così come non abbiamo problemi a raccontare come il Nord Italia, in una logica economica colonialista, si è impossessato del mercato dell’olio d’oliva extra vergine italiano producendo, sì e no, il 5% dell’olio d’oliva italiano! Dopo di che non sarebbe serio tacere sulle ombre che gravano sui pistacchi che circolano in Sicilia. La storia di 23 tonnellate di pistacchi diretti a Bronte ‘sgamata’ lo scorso Luglio è bruttissima: e il fatto che sia passata quasi sotto silenzio, con il pressoché totale disinteresse da parte della politica siciliana, non sta a significare che tutto è finito a tarallucci e vino. Cosa vogliamo dire? Una cosa semplicissima: siccome è stato accertato che in alcuni pistacchi non siciliani sono state rintracciate aflatossine, e siccome con le aflatossine non si scherza, perché sono estremamente pericolose per la salute umana, ecco, non sarebbe male verificare quanto pistacchio si produce in Sicilia e quanto pistacchio siciliano viene venduto in Sicilia e quanto pistacchio siciliano viene esportato. A rigor di logica, la somma tra il peso del pistacchio siciliano esportato e il peso del pistacchio siciliano venduto in Sicilia dovrebbe essere uguale al peso di tutto il pistacchio prodotto nella nostra Isola. Non è una verifica difficile, perché le zone di produzione del pistacchio, in Sicilia, sono due: Bronte, in provincia di Catania e qualche area vicina e Raffadali, provincia di Agrigento, e qualche area vicina. E’ chiedere troppo, considerato che, di mezzo, c’è la salute pubblica? Magari gli agricoltori non c’entrano nulla con eventuali anomalia. Un motivo in più per effettuare i controlli.
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