- La candidatura di Faraone a Palermo lanciata da Renzi è solo fumo
- Rottura tra Renzi e Miccichè? Non ci crediamo. I due sono due grandi ‘babbiatori’ della politica…
- Lo snodo di tutta questa storia rimane l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Tutte le altre mosse – compresa l’uscita su Palermo – sono finalizzate ai ‘giochi’ in corso per il Quirinale
La candidatura di Faraone a Palermo lanciata da Renzi è solo fumo
L’Estate è finita, ma il clima torrido dei mesi passati deve avere lasciato il segno. Non vediamo altra spiegazione nelle parole del ‘capo’ di Italia Viva, Matteo Renzi, che ha ormai solo il potere – che peraltro va scemando – di poter giocare un certo ruolo nell’elezione del nuovo presidente della Repubblica prevista per il prossimo mese di Gennaio. Potere residuale perché da qualche settimana si vocifera di ‘pezzi’ del suo partitino che sarebbero pronti a rientrare nel PD. In questo scenario si inserisce la nuova trovata pubblicitaria di Renzi che nel corso di una Leopolda ormai sempre meno di moda ha lanciato la candidatura di Davide Faraone sindaco di Palermo. Candidatura un po’ tragicomica, perché non si capisce dove Faraone dovrebbe trovare i voti non per vincere, ma per non accucchiare ‘nna malafiura, come si usa dire in Sicilia. Ricordiamo che, da quando Renzi ha lasciato il PD, nelle elezioni amministrative i renziani non hanno mai brillato, e non c’è nulla che lasci pensare che a Palermo Faraone in versione Italia Viva possa suscitare grandi successi elettorali.
Rottura tra Renzi e Miccichè? Non ci crediamo. I due sono due grandi ‘babbiatori’ della politica…
Come leggere, allora, la mossa di Renzi? Sicuramente c’è un tentativo di alzare un po’ di fumo con Forza Italia siciliana targata Gianfranco Miccichè e con il sindaco uscente del capoluogo siciliano, Leoluca Orlando: “A Palermo non stiamo con Miccichè – ha detto Renzi – stiamo con Davide Faraone che è una cosa diversa; poi Miccichè faccia lui, Provenzano faccia lui, ma noi a Palermo ci candidiamo per guidare una città che negli ultimi anni non è riuscita neanche a seppellire i propri morti”. A nostro modesto avviso, è tattica la presa di distanza da Miccichè, così come è tattica la presa di distanza da Orlando. Ricordiamo che Orlando resta sindaco di Palermo – nonostante i disastri amministrativi, a cominciare dalle bare accatastate nel cimitero dei Rotoli della città evocati da Renzi – proprio perché Forza Italia di Miccichè e i renziani di Faraone, nel Consiglio comunale di Palermo non firmano la mozione di sfiducia al sindaco. Alcuni osservatori vedono nella mossa di Renzi una rottura con Forza Italia di Miccichè in Sicilia; noi non ‘leggiamo’ così la mossa del leader di Italia Viva, che a nostro modesto avviso continua a giocare di sponda con lo stesso Miccichè. Ricordiamoci che sia Renzi, sia Miccichè sono due grandi ‘babbiatori’ della politica…
Lo snodo di tutta questa storia rimane l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. Tutte le altre mosse – compresa l’uscita su Palermo – sono finalizzate ai ‘giochi’ in corso per il Quirinale
Dove sta, allora la verità? Con molta probabilità, sta nelle difficoltà in cui si dibatte Renzi. In vista dell’elezione del nuovo capo dello Stato si moltiplicano le sollecitazioni ai parlamentari di Italia Viva per farli rientrare nel PD. Ma non sono sollecitazioni ‘appetibili’, perché il PD, al di là dei sondaggi benevoli che fanno solo sorridere, rimane un partito del 18-20% che alle prossime elezioni avrà difficoltà. Da un lato, infatti, il PD dovrà fare abortire il rilancio del Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte: e di questo si stanno occupando i grillini che fanno parte del Governo di Mario Draghi; ma a questi ultimi il PD dovrà garantire almeno una decina di seggi sicuri, rinunciando ad alcuni propri parlamentari uscenti (senza contare che Conte potrebbe comunque riuscire a presentare il Movimento 5 Stelle alle elezioni politiche del 2023, magari senza gli attuali Ministri e sottosegretari che finirebbero candidati nel PD, erodendo comunque voti allo stesso PD). Dall’altro lato, lo stesso PD deve garantire gli eventuali parlamentari di Italia Viva che lascerebbero Renzi per rientrare nello stesso PD. In questo scenario un fatto è certo: il PD non ha il consenso per garantire, contemporaneamente, i grillini che debbono fare naufragare il rilancio del Movimento 5 Stelle di Conte e i parlamentari renziani che dovrebbero lasciare Italia Viva per rientrare nello stesso PD. Vero è che, dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, c’è ancora un anno di tempo, ma i parlamentari di Italia Viva, mettiamola così, hanno un po’ più di esperienza dei grillini e sono perfettamente in grado di capire se ripassando nel PD avranno un futuro o andranno a sbattere. Questa incertezza dà un po’ più di potere a Renzi (ma nemmeno tanto, volendo), che potrebbe scompaginare i giochi dove capita, come sta provando a fare a Palermo e come potrebbe fare per il Quirinale. Renzi ha una carta, con i suoi di Italia Viva, che ha ancora un certo peso e che si riassume nel seguente ragionamento: ricordatevi, prima di rimettere piede nel PD, che quando abbiamo perso il referendum del Dicembre 2016 nel PD hanno deciso di farci scomparire…
Foto tratta da La Sicilia
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