La proroga delle etichette della pasta “Grano Ue – Grano non Ue” è l’ennesimo fallimento dei grillini

4 novembre 2021
  • E, in particolare, è l’ennesimo fallimento del Ministro grillino e nordista delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, che sta prorogando la mezza presa in giro voluta nel 2016 dal Governo Renzi 
  • Il tanto celebrato provvedimento sull’etichettatura non indica il luogo di provenienza del grano duro con il quale viene prodotta la pasta 
  • Il Governo Draghi ha perso l’ennesima occasione per fare qualcosa di buono

E, in particolare, è l’ennesimo fallimento del Ministro grillino e nordista delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, che sta prorogando la mezza presa in giro voluta nel 2016 dal Governo Renzi 

Siamo costretti a intervenire sull’annosa vicenda dell’etichettatura della pasta perché, tanto per cambiare, non mancano le notizie imprecise e le speculazioni politiche. La notizia è che il Governo di Mario Draghi, bontà sua, ha prorogato il provvedimento che ha introdotto, nel 2016, l’etichetta nelle confezioni di pasta. Il ministero delle Politiche Agricole recita il bla bla bla di queste ore – ha inviato i decreti di proroga ai Ministeri della Salute e dello Sviluppo economico. Di fatto, si tratta di una proroga al 31 Dicembre del prossimo anno. va detto a chiare lettere che, per ciò che riguarda la pasta, l’obbligo di indicare in etichetta l’origine delle materie prime voluta nel 2016 dal Governo di Matteo Renzi è una mezza presa in giro. In quegli anni era esplosa la polemica sulla presenza del glifosato e delle micotossine nella pasta prodotta con il grano duro canadese. Non a caso, l’anno successivo, GranoSalus ha pubblicato i risultati delle analisi su alcuni tra i più noti marchi di pasta industriale italiana (come potete leggere qui). L’iniziativa del Governo Renzi è stata giusta nella forma e piuttosto approssimativa nella  sostanza. Vediamo il perché.

Il tanto celebrato provvedimento sull’etichettatura non indica il luogo di provenienza del grano duro con il quale viene prodotta la pasta 

Indicare nelle etichette della pasta l’origine delle materie prime – nel caso del grano duro il luogo di produzione, per l’appunto, del grano duro – significa informare i cittadini-consumatori sul luogo, cioè sul Paese dove il grano duro per produrre la pasta è stato coltivato. Ma questo obiettivo è stato aggirato a bella posta. Infatti, nei pacchi di pasta non viene indicato il Paese di origine del grano duro (cioè il Paese dov’è stato prodotto), ma vi è solo un’indicazione di massima quasi del tutto inutile. Nei confezioni si legge che la pasta viene prodotta con “Grano Ue” o “non Ue”. In pratica, la tanto sbandierata indicazione dell’origine del grano si riduce a informare i consumatori che tale pasta è stata prodotta con grano coltivato nella Ue o con grano coltivato in Paesi extra-comunitari. In questo modo, ad esempio, i consumatori europei non sapranno mai da quale Paese extra-comunitario è arrivato il grano! Un modo elegante e furbesco per non far sapere ai consumatori se il grano duro – tanto per citare un esempio – è arrivato o no dal Canada, dove il grano duro prodotto nelle aree fredde e umide viene fatto maturare artificialmente con il glifosato, un erbicida utilizzato impropriamente in fase di raccolta del grano.

Il Governo Draghi ha perso l’ennesima occasione per fare qualcosa di buono

Questa furbata non ha agevolato i consumatori e, soprattutto, non li ha informati compiutamente. Un argomento che abbiamo affrontato più volte (come potete leggere qui o come potete leggere qui ). Il Governo Draghi – e il particolare il solito Ministro grillino nordista Stefano Patuanelli – in assoluto, rispetto al Sud e alla Sicilia, il peggiore Ministro delle Politiche agricole degli ultimi anni – si è limitato a prorogare la furbata del Governo Renzi. Quindi è inutile che i grillini cantino vittoria, perché la riproposizione del provvedimento varato dal Governo Renzi è l’ennesima sconfitta per i consumatori e per gli agricoltori del Sud Italia e della Sicilia che producono grano duro. La dimostrazione sta nel fatto che quest’anno, con il crollo della produzione di grano duro del Canada, il mondo dei pastifici industriali italiani è entrato in fibrillazione, perché il grano duro canadese veniva e viene ancora utilizzato per produrre pasta, contrariamente a quanto raccontava la televisione, che ci faceva la ‘testa tanta’ con la storiella della “pasta prodotta con solo grano duro italiano”. Quelli che avrebbero dovuto “aprire l’Italia con una scatoletta di tonno” – al secolo i grillini che dicono una cosa e poi ne fanno un’altra – si rassegnino: anche la proroga di questo provvedimento è l’ennesima dimostrazione del loro fallimento politico.

 

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