L’arte tecnologica e generativa di uno degli esponenti più importanti della media-art a livello internazionale fa dunque tappa a Roma, città natale di Quayola. Presente un panorama completo della creazione dell’artista attraverso un viaggio immersivo nei principali temi della sua arte computazionale. Le opere esposte, realizzate tra il 2007 e il 2021, restituiscono una panoramica del processo creativo di Quayola, passaggi temporali, futuri anticipati e passati ricostruiti in in tre aree tematiche: iconografia classica, sculture non finite e tradizione della pittura di paesaggio.
Grazie all’utilizzo di sistemi di robotica, Intelligenza Artificiale (AI) e software generativi, Quayola trasforma la tecnologia computazionale in una nuova tavolozza: dipinti rinascimentali e del barocco sono infatti trasformati in complesse composizioni digitali attraverso metodi computazionali, e sculture ispirate alla tecnica michelangiolesca del non-finito sono scolpite mediante mezzi robotici. Seguono rappresentazioni della natura, prodotto di un’arte generativa che evidenzia l’affascinante somiglianza tra il mondo naturale e quello digitale.
Davanti a videoproiezioni, sculture, e stampe ad altissima definizione, gli spettatori hanno la possibilità di confrontarsi con le incredibili potenzialità artistiche di questi mezzi espressivi, lontane dai clichè di una tecnologia disumanizzata.
Per Emmanuele F. M. Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro-Internazionale che promuove la mostra, “Quayola utilizza gli algoritmi che regolano il mondo digitale non soltanto o non semplicemente per creare delle opere d’arte, ma piuttosto per scandagliare, con le infinite opportunità che la tecnologia gli offre, il processo di ricerca che è alla base dell’opera d’arte stessa, per esplorare la moltitudine di possibilità di concretizzazione dell’idea creativa”.
“Nel percorso innovativo e originale – ha aggiunto Emanuele – è significativo che per Quayola sia fondamentale il dialogo costante con i grandi maestri dell’arte classica, come Raffaello, Botticelli, Rubens, Bernini, di cui predilige i bozzetti e i disegni preparatori, perchè ciò che è incompiuto gli consente di allontanarsi dall’idea di rappresentazione per concentrarsi sul processo”.
“L’idea non è quella di scomporre o ricreare qualcosa ma quella di osservare attraverso uno scambio con la tecnologia un nuovo modo di osservare e di scoprire nuove estetiche – ha spiegato Quayola – Creare quindi lasciando una sorta di tensione con l’originale. Gli algoritmi è come se facessero parte dall’opera stessa. Tutto il mio lavoro si può definire come la documentazione di un processo”.
(ITALPRESS).
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