- Questa è l’ulteriore dimostrazione che le previsioni sull’andamento del mercato internazionale del grano del chimico e appassionato di climatologia, Mario Pagliaro, si stanno rivelando esatte
- I produttori di grano duro di Sicilia e Puglia farebbero bene a consorziarsi per vendere il prodotto direttamente all’Algeria
- In Sicilia una sorta di ‘cartello’ tiene il prezzo del grano duro bloccato a 38-40 euro al quintale IVA compresa
- Il prezzo del pane in aumento. Perché l’aumento del prezzo del grano terrorizza la Banca Centrale Europea, che non è la Banca dell’Unione europea, ma una Banca privata che fa i propri interessi
In questo articolo – come abbiamo già illustrato qui – abbiamo scambiato gli euro per i dollari. Si è trattato di un nostro errore. Ce ne scusiamo con i lettori.
Questa è l’ulteriore dimostrazione che le previsioni sull’andamento del mercato internazionale del grano del chimico e appassionato di climatologia, Mario Pagliaro, si stanno rivelando esatte
Rieccoci al nostro ormai consueto appuntamento di fine settimana per fare il punto della situazione sul mondo del grano. Le notizie sono tre, due tutto sommato note, la terza – forse la più importante – non ancora molto ‘gettonata’ dall’informazione. La prima notizia nota è l’aumento del prezzo del pane: un aumento che varia dal 40 al 50%. La seconda notizia è che nel mercato internazionale del grano assistiamo a una sorta di ‘raffreddamento forzato’. Che significa? Che le condizioni per la crescita del prezzo del grano ci sono tutte (a cominciare da un’offerta che rimane inferiore alla domanda), ma il prezzo rimane stabile. Con molta probabilità, gli stessi protagonisti del mercato internazionale del grano e gli Stati stanno provando a bloccare una tendenza alla crescita del prezzo che ormai è nelle cose. La terza notizia dimostra che il prezzo del grano, tra qualche settimana, dovrebbe ricominciare a ‘correre’: l’Algeria, 43 milioni di abitanti, ha acquistato all’asta 300mila tonnellate di grano dal Messico pagandolo 640 dollari a tonnellata, cioè a 64 dollari al quintale, un prezzo doppio rispetto a quello di tre anni fa. La notizia noi la diamo al ribasso, perché c’è chi scrive che l’Algeria, in realtà, potrebbe aver acquistato 500 mila tonnellate di grano. L’ulteriore dimostrazione che le previsioni di Mario Pagliaro, chimico del Cnr e appassionato di climatologia, si stanno rivelando sempre più esatte. Proviamo a illustrare il perché.
I produttori di grano duro di Sicilia e Puglia farebbero bene a consorziarsi per vendere il prodotto direttamente all’Algeria
L’Algeria è un Paese tradizionalmente alleato della Russia, grande produttore di grano nel mondo. Ebbene, se l’Algeria acquista il grano dal Messico significa che la Russia, oggi, non è nelle condizioni di vendere grano nemmeno ai suoi tradizionali Paesi alleati. Non è un caso che, ormai da qualche settimana, noi ribadiamo che anche la Russia è in difficoltà, se è vero che ha ridotto le esportazioni di grano. Questa notizia è importante perché dimostra che quello che dice Pagliaro sull’andamento tendenziale del mercato del grano a proposito dell’Africa ha basi solide. Pagliaro sostiene che ormai alcuni Paesi africani – a cominciare dall’Algeria, ma anche Tunisia, Marocco e altri Paesi – acquistano e acquisteranno sempre più grano dal mercato internazionale, soprattutto grano duro dalla Sicilia e dalla Puglia. Ciò significa che Sicilia e Puglia, o meglio, che il grano duro prodotto da queste due Regioni, in prospettiva, sarà sempre più richiesto dai Paesi africani. Morale: se l’industria della pasta italiana che fino ad oggi, al di là delle favole raccontate dalla pubblicità (la nota filastrocca della “Pasta prodotta con solo grano duro italiano”), ha acquistato il 40% del proprio fabbisogno di grano duro da Paesi esteri (a cominciare dal Canada), se vorrà veramente produrre la pasta con il grano duro italiano (che per l’80% perla il linguaggio della Puglia e della Sicilia) dovrà trattare con i produttori di grano duro della Puglia e della Sicilia. Se ne dovranno fare una ragione anche i pugliesi, che al pari dei siciliani che si sono trasferiti in Egitto per produrre ortofrutta, si sono trasferiti in Canada per produrre grano duro! Quanto ai produttori di grano duro di Sicilia e Puglia, farebbero bene a consorziarsi per vendere direttamente la propria produzione all’Algeria.
In Sicilia una sorta di ‘cartello’ tiene il prezzo del grano duro bloccato a 38-40 euro al quintale IVA compresa
Andiamo alla Sicilia. Dove una sorta di ‘cartello’ ha bloccato il prezzo del grano duro della nostra Isola a 38-40 euro IVA compresa. Difficile scalfire uno scenario di mercato ‘raffreddato’ con una simile forzatura. A meno che non intervengano fatti eclatanti, ovvero la penuria di prodotto. Che succederà? Ci sono piccoli produttori che hanno già ceduto il proprio grano subito dopo la mietitura a 25-26 euro al quintale. E questo ci sta, perché, in molti casi, sono i commercianti che anticipano agli agricoltori le spese per la semina del grano. poi ci sono altri agricoltori che stanno vendendo il grano a 38-40 euro IVA compresa perché, alla fine, è pur sempre un prezzo doppio rispetto ai 18-20 euro al quintale di grano che veniva pagato qualche anno fa. Infine ci sono quelli che stanno resistendo: hanno stoccato il grano e aspettano che i prezzi tornino a salire: per ora il prezzo, tra Sud e Sicilia ‘viaggia’ intorno a 45-50 euro al quintale; ma se il Messico ha venduto grano duro all’Algeria, ebbene, ciò significa che la nuova previsione di Mario Pagliaro, ovvero il grano duro a circa 100 euro al quintale tra qualche mese potrebbe rivelarsi esatta. Del resto, fino ad ora tutte le previsioni di Pagliaro si sono rivelate giuste.
Il prezzo del pane in aumento. Perché l’aumento del prezzo del grano terrorizza la Banca Centrale Europea, che non è la Banca dell’Unione europea, ma una Banca privata che fa i propri interessi
E i prezzi dei derivati del grano? Il prezzo della farina è schizzato all’insù e, come già accennato, è cresciuto del 40-0% anche il pezzo del pane. Anche se la notizia non viene molto enfatizzata. Tra l’altro, nascondere il prezzo del pane, o meglio, la crescita del prezzo del pane, non è difficile, perché tantissimi consumatori sono mentalmente legati alle ‘forme’ del pane che acquistano e l’aumento di 0,10 euro di una forma di pane non viene nemmeno percepita. In media, per citare un esempio, a Palermo e provincia il prezzo del pane è passato da 2 euro a 2,88 euro, con punte di 3 euro. E lo stesso discorso vale per altri centri della Sicilia. Lo stesso sta avvenendo in Puglia, dove il prezzo della farina è cresciuto del 100% circa. In economia politica aumento del livello generale dei prezzi (non è in aumento solo il prezzo del pane, anche se tale aumento è tra i più eclatanti) significa inflazione. In un tempo in cui le grandi ricchezze sono accumulate in poche mani l’inflazione non va bene, non a caso la Banca Centrale Europea (BCE) – che non è, come cercano di farci credere, la Banca pubblica dell’Unione europea, ma una Banca privata che risponde ai privati che fanno affari e soldi sfruttando i Paesi europei – cerca in tutti i modi di contenere l’inflazione. E il motivo c’è: l’inflazione provoca l’erosione dei crediti (aiuta chi è indebitato e penalizza gli strozzini) e l’immediata perdita di ricchezza per i detentori di grandi capitali finanziari. Come potete notare, l’aumento del prezzo del grano, provocato dai cambiamenti climatici, non preoccupa solo gli industriali che hanno sempre sfruttato gli agricoltori, preoccupa anche i capitalisti che vivono su rendite di posizione che l’inflazione va erodendo. Qualcuno obietterà: negli ultimi anni la Banca Centrale Europea ha aiutato i Paesi dell’Unione acquistando e ‘sterilizzando’ i titoli di Stato dei vari Paesi europei. Attenzione: la BCE non ha difeso i Paesi dell’Unione: ha difeso il ‘sistema’ euro che stava franando e, di conseguenza, è stata costretta ad ‘aiutare’ i Pesi in difficoltà per no perdere, come usiamo dire noi in Sicilia ‘u sceccu cu tutta a carrozza…
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