Cronache dalle colonie extramondo: da ‘Rosa’ Barresi a Cracolici passando per Cuffaro

20 aprile 2016

Dalle colonie extramondo, in questi tribolati giorni, arrivano storie sempre più strane. Come le avventure di Rosaria ‘Rosa’ Barresi, dirigente generale dell’assessorato all’Agricoltura, che scopre il conflitto di interessi legato ai suoi parenti. L’ira di un lettore agrigentino che ha scoperto che Totò Cuffaro, con la scusa di presentare il suo libro, organizza le sue ‘truppe cammellate’. Il destino cinico e baro che travolge Antonello Cracolici, che da Catone dell’Ars oggi ricorda Clodio

Dal libro di bordo

1) Il conflitto di interessi

La signora Rosaria ‘Rosa’ Barresi, dirigente generale per tutte le stagioni dell’assessorato Agricoltura, ha sollevato innanzi a sé il conflitto di interesse nei confronti di suoi parenti, potenziali beneficiari di contributi nel settore dal lei amministrato. Nobilissimo gesto! Però, però, riflettiamo.

I conflitti di interesse possono sorgere in più casi e circostanze. Applichiamoli a questo.

Quando è nato il conflitto? Quando i parenti della Barresi hanno deciso di presentare la domanda hanno chiesto alla stessa Barresi se era opportuno? E se non l’hanno chiesto, come si è comportata la Barresi, che, anche se non informata, non poteva non sapere?

Risulta che la Barresi abbia tentato di dissuadere i suoi familiari dal presentare la domanda? Risulta che abbia fatto presente che, in caso di presentazione della domanda (si badi, della sola presentazione della domanda), avrebbe dovuto dimettersi, essendo lei al vertice dell’Amministrazione che avrebbe istruito la pratica e che, in caso positivo, l’avrebbe finanziata?

Non credo che la Barresi ignorasse allora il concetto di metus reverentialis, vale a dire della soggezione che, anche senza un intervento esplicito, i capi delle Amministrazioni incutono sui sottoposti. E se non lo ignorava, sa bene che dimettendosi dopo che la domanda è stata istruita positivamente, ciò non eliminerebbe comunque il fumus del metus, che aleggerà sempre sul procedimento.

Non sono addentro ai fatti e sono sicuro che la signora è al di sopra di ogni sospetto. Mi basta  ricordare che nelle pubbliche amministrazioni i mariti devono chiamarsi tutti Cesare.

2) Il santino

Ho ricevuto una mail di un lettore indignatissimo. Ce l’ha a morte con Totò Cuffaro che, dice lui, usando come grimaldello il suo libro, Le Sue Prigioni, organizza conferenze di presentazione in giro per la provincia di Agrigento, conferenze che, sostiene il lettore, hanno via via sempre più il sapore e il contenuto di veri e propri incontri politici. Lui, scrive il mio lettore, sta chiamando a raccolta le truppe cammellate e le sta istruendo e preparando verso alti destini.

Ma come può, tuona il lettore, un pregiudicato, condannato per collusione con la mafia, battere  bellamente per la sua provincia, dispensando sorrisi e baci come se nulla fosse a caduto? E la gente?

Qui ti volevo, caro lettore! La gente. Credi che se la gente, alla sua prima uscita, invece di andarlo a salutare come se fosse un esule risorgimentale tornato in patria dopo un ingiusto esilio, se ne fosse rimasta a casa, se avesse preso le distanze, se avesse aggiunto la sua condanna morale alla condanna giudiziaria, credi che Cuffaro ci avrebbe riprovato? Forse sarebbe veramente partito per il Burundi a fare volontariato.

Ma quando ha capito che il suo popolo era ancora con lui, ha cambiato idea e adesso ricompatta le sue schiere, per poi, essendo lui interdetto in perpetuo dai pubblici uffici, affidarle ad un suo pupo. Ricordati, caro lettore che quella marmaglia che lo osanna è tutta gente che senza di lui avrebbe un presente di lavori manuali e lavori donneschi e invece si trova ad appestare e zavorrare uffici pubblici dove esercita la sua nullità.

Ricordati che Cuffaro ha distorto il mercato del lavoro e dell’impiego, mortificando il merito e    glorificando la raccomandazione. Che Cuffaro ha corrotto profondamente la società in barba alle leggi e alla Costituzione in nome di un consenso meschino e truffaldino. La gente non dimentica, non certo per gratitudine, ma perché spera che Cuffaro, come lo ha dato a loro, possa dare un futuro ai suoi infelici figli e infelicissimi nipoti.

Caro lettore, dobbiamo “lottare contro la morte del giorno”, come diceva il poeta, fino a quando nella provincia di Agrigento i Livatino non prevarranno sui Cuffaro.

3) Il codice degli appalti.

Dice il saggio: “Non c’è costruzione umana, delle mente o delle mani, che l’uomo non possa modificare o addirittura distruggere. E’ uno dei limiti dell’umanità e sia esso  benedetto,  perché senza di esso saremmo estinti, imbalsamati”.

Se questa lezione venisse imparata dai nostri politici o se i politici fossero in buona fede, e quindi, conoscendola, la applicassero, nessuno di loro annunzierebbe trionfalmente che con il nuovo codice degli appalti viene eliminata la corruzione, perché le leggi sono fatte dagli uomini gli uomini imparano presto come aggirarle.

Allora dobbiamo convivere con le turbative d’asta, gli appalti truccati e via corrompendo? No, certo, se non lo vogliamo. Basta adoperare uno strumento che dalla notte di tempi si è rivelato più forte dell’uomo. Il caso. Il vincitore di una gara d’appalto deve essere scelto dal caso in modo assolutamente casuale. Solo allora si è sicuri che non c’è trucco e non c’è inganno.

Come fare l’ho già spiegato in un mio articolo di qualche tempo fa (“Una sfida al mondo degli appalti” che potete leggere qui) che, ovviamente, ha avuto pochissimi lettori. Perché è la scoperta dell’acqua calda, ma è anche la fine vera della corruzione una volta per tutte e la cosa non piace soprattutto a chi ci garantisce che la corruzione è stata sconfitta con mezzi umani.

4) Il danno erariale e il censore censurato

Povero Antonello Cracolici, da fustigatore del costumi a verberatus, da Catone a Clodio, che cursus honorum al contrario!

La Corte dei Conti, l’ultimo baluardo, ha condannato il pupillo dell’onesto Fabrizio al pagamento di 346.000 Euro per danno erariale. Non è solo in questo, anzi è in buona compagnia. Sono in tanti i deputati regionali trafitti – tutti ex capigruppo all’Ars nella passata legislatura – dagli strali dei magistrati contabili. Gente distratta e che distrattamente ha utilizzato soldi pubblici per fini personali e privati, che so, il pullover che mi hai dato tu, una cena tra amici, un cappello di paglia Firenze, uno scialle andaluso, un ballo in maschera, insomma peccatucci veniali.

Ma si sa, la Corte dei Conti è giusta e severa, rigida e implacabile, non è come l’elettore che tutti capisce e tutto perdona. Nella speranza, ovviamente, che anche a lui, finora trascurato, nella prossima campagna elettorale, qualcosa dei soldi del contribuente toccherà. Buoni benzina,  biglietti per lo Stadio, o per qualche concerto, per il teatro, insomma piccole cose che però danno il segno di un intesse.

Quello che appare strano è come sia possibile la distrazione come difetto (quella delle persone che hanno il cervello da un’altra parte) non faccia venire in mente la distrazione di fondi pubblici come reato contro la pubblica amministrazione e che ben altra Magistratura non intervenga.

5) La fine della speranza

Le nuove generazioni (84,7%) ammettono di non avere fiducia nella politica. E’ il risultato, amarissimo, di un sondaggio del Centro Pio La Torre

Chi li salverà, quando loro stessi gettano la spugna? Chi darà loro un futuro, quando loro stessi vi rinunciano?

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