«Abbiamo voluto creare un momento allargato di confronto, un’occasione di condivisione con gli stakeholder, il mondo istituzionale e gli operatori del mondo sanitario su quanto è avvenuto in questo periodo complesso e sulle ipotesi operative per rimettere in moto il sistema e riaprire le porte del SSN a tutti i suoi legittimi proprietari», ha spiegato Enrique Hausermann, presidente di Egualia.
«E’ necessario recuperare la dimensione umana delle cure e per farlo è necessario cogliere appieno l’opportunità del PNRR rimuovendo in primo luogo le gravi disomogeneità regionali esistenti da decenni e ricordando per gli anni a venire tutti i cattivi frutti che la politica dei tagli lineari ha fatto emergere in occasione della pandemia», ha aggiunto.
L’analisi di Cittadinanzattiva – illustrata dal segretario generale, Annalisa Mandorino – muove dai dati consolidati della rinuncia “forzata” alle prestazioni sanitarie raccolti da più fonti nell’anno e mezzo dell’emergenza sanitaria che stiamo ancora vivendo: un calo del 20,3% delle prestazioni ambulatoriali e specialistiche (ISTAT); 2 milioni in meno di prestazioni indifferibili (-7% – Istat); 1,3 milioni di ricoveri in meno (- 17% – Corte dei Conti), con un 13% in meno di ricoveri in chirurgia oncologica e un 20% in meno di ricoveri in ambito cardiovascolare e cardiochirurgico. Focus dell’analisi la contrazione d’accesso a diagnosi e cure per quattro principali aree terapeutiche: patologie respiratorie, cardiovascolari, metaboliche e oncologiche.
«Ora è necessario cambiare passo – ha commentato la Mandorino -. Dobbiamo scongiurare il rischio, a fine 2021, di veder allungarsi le liste di attesa per le prestazioni non covid con un ulteriore restringimento del diritto alle cure per i cittadini. Le risorse a disposizione delle Regioni per recuperare i ritardi devono essere utilizzate al più presto e non dirottate per altri scopi».
Sono 9 le proposte civiche elaborate da Cittadinanzattiva dopo il confronto con FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale), FOCE (Confederazione Oncologi, Cardiologi e Ematologi) e SID (Società Italiana Diabetologia).
1. Liste d’attesa: prevedere un piano nazionale di recupero invitando le Regioni a rendere trasparenti le informazioni sui modelli organizzativi e i criteri operativi adottati e la destinazione delle risorse stanziate. Inserire nel nuovo sistema nazionale di garanzia dei LEA uno o più indicatori “di adempimento” per misurare la capacità di recupero di ogni Regione, con particolare riferimento alle prestazioni correlate alle malattie croniche.
2. PNRR: gestire le risorse avviando un processo “partecipativo e su più fasi”, che sia rappresentativo della parte istituzionale di livello nazionale e regionale, sociale e professionale. Riconoscere a pieno titolo il contributo dell’Osservatorio Civico sul PNRR.
3. Prevenzione: ripensare gli screening, potenziandone la capacità di erogazione dei programmi, sia in termini di infrastrutture (es. sistemi informativi), sia di professionisti sanitari, allocando le risorse in modo efficiente, stabile e commisurate alle necessità.
4. Rete ospedaliera: rivedere la logica del DM70/15, individuando soluzioni logistiche basate sulla complessità dello stato di salute dei pazienti, sulla tipologia (acuto, media e bassa intensità) e sul fabbisogno tecnologico e di competenze professionali. Per i grandi ospedali non limitarsi a supportare il solo adeguamento antisismico e la sostenibilità ambientale.
5. Prossimità: rilanciare il ruolo del Distretto. Velocizzare la definizione di standard omogenei per l’assistenza territoriale e rendere partecipata alle Associazioni di Cittadini e Pazienti e alle Società Scientifiche la discussione sulla riforma dell’assistenza territoriale. Gli investimenti sugli Ospedali di Comunità siano input per rivedere e riqualificare la rete complessiva delle cure intermedie (RSA e Hospice). Porre attenzione all’evoluzione della figura del MMG.
6. Assistenza domiciliare: perseguire una logica di integrazione tra servizi sanitari e servizi sociali, ridisegnando un sistema di Welfare che superi la netta separazione di competenze tra i vari attori del sistema.
7. Medicina Generale: rendere omogenei i modelli organizzativi e assistenziali della medicina generale, lasciando ai MMG la possibilità di restare presenti capillarmente sul territorio, dotandoli di apparecchiature tecnologiche e rivedendo anche la disponibilità oraria dei professionisti. Investire al contempo sulla capacità di mettere in rete tutte le attività territoriali esistenti.
8. Telemedicina: promuovere una governance nazionale delle iniziative di telemedicina,con scelte mirate guidate da un’unica regia nazionale che definisca, in accordo con le Regioni, obiettivi comuni, requisiti tecnologici unitari, tariffe e rigorosi processi di progettazione e implementazione, prevedendo anche ove necessario, una revisione dell’organizzazione dei servizi sanitari
9. Parco tecnologico: superare la logica della mera sostituzione, fissando criteri che rispondano ad una programmazione basata sui fabbisogni dei pazienti, sull’allocazione delle apparecchiature e sul loro inserimento all’interno dei processi assistenziali, tenendo conto pertanto dei contesti organizzativi e dell’evoluzione dei percorsi di diagnosi e cura che tali apparecchiature andranno a sostenere.
La seconda indagine presentata al convegno Egualia, condotta nel mese di giugno da SWG, su un campione di 4.534 soggetti maggiorenni residenti in Italia, si è concentrata sul rapporto degli italiani con la salute e l’utilizzo dei medicinali.
«La pandemia in corso ha cambiato il rapporto tra gli italiani e la salute – ha spiegato il direttore di ricerca SWG, Riccardo Grassi – sono cresciute l’attenzione con cui si guarda alla propria salute e la fiducia verso un approccio scientifico della medicina e della cura, mentre si indeboliscono le visioni olistiche della salute come equilibrio tra corpo e mente».
Il 58% degli intervistati si definisce piuttosto attento alla propria salute (+5% rispetto al 2018), mentre diminuisce di 12 punti percentuali il dato di chi considera la salute una questione di equilibrio tra corpo e mente (34% contro il 46% del 2018), così come diminuisce la quota di chi non sopporta di essere ammalato (22% contro il 29% del 2018).
Il 50% degli intervistati – in particolare over-64 – dichiara di effettuare regolarmente esami diagnostici di controllo, ma risulta in deciso calo – probabilmente per effetto pandemia – il numero di chi fa visite regolari visite dal medico di famiglia (20% contro il 26% del 2018).
Denso di zone grigie il rapporto con i farmaci generici: «Tre quarti degli intervistati dichiarano di avere ben presente cosa si intende quando si parla di farmaci generici o equivalenti 75%), il 90% riconosce che il farmaco generico/equivalente costa meno ma solo il 34% degli intervistati è certo che sia identico al farmaco di riferimento. I dati evidenziano complessivamente un livello di informazione non sufficientemente accurato che si traduce in una chiara discriminante all’acquisto».
Una incertezza di fondo che porta il 29% del campione ad acquistare spesso farmaci generici, un 40% ad acquistarli occasionalmente e un 31% a non acquistarli o ad acquistarli solo di rado. Fondamentale il ruolo di medici e farmacisti, alle cui indicazioni si affidano due intervistati su tre e che, quindi, possono svolgere un ruolo fondamentale nella promozione dell’utilizzo di farmaci generici. A frenare oggi i potenziali consumatori sono abitudine (26%) e diffidenza (22%), figlie soprattutto di una scarsa informazione.
(ITALPRESS).
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