Ieri, in audizione all’Ars, i magistrati contabili parlando del caos delle Province, sono tornati a puntare il dito contro il mancato trasferimento di tributi che spetterebbero alla Sicilia ma che lo Stato continua a trattenere. Mentre la Regione è sull’orlo del default. Cosa dobbiamo aspettare ancora prima di vedere i politici siciliani difendere gli interessi di questa terra?
Arriva l’ennesima conferma. E sempre da una fonte autorevolissima. Parliamo delle risorse che lo Stato italiano continua a scippare alla Sicilia. Una storia che va avanti da 70 anni, ma che in questi tempi di vacche magre in cui, come vi abbiamo detto qua, la Regione non ha più un soldo e lascia a secco tutti i settori pubblici (a partire dai Comuni e dalla Province fino agli enti collegati), grida vendetta.
Che le cose stiano così, lo conferma come accennato, una voce non ‘sospetta’. Parliamo della Corte dei Conti Siciliana che già a dicembre aveva tuonato contro l’Agenzia delle Entrate che, unilateralmente, trattiene tributi che spetterebbero alla Sicilia e con i quali, sempre detto dai magistrati contabili, si potrebbe dare ossigeno ai Comuni e portare a termini i programmi comunitari (sappiamo che per spendere i fondi europei serve il cofinanziamento regionale e statale). Qui potete leggere la deliberazione cui facciamo riferimento.
Dopo una denuncia così autorevole, ci saremmo aspettati la rivolta dei deputati dell’Ars, invece niente. Va da sé che non si ribella neanche il Governo regionale che, di fatto, lavora per compiacere il Governo nazionale e il Pd e quindi assiste imbelle a questi scippi in danno dei Siciliani.
Ebbene, ieri, la Corte dei Conti ha ribadito il concetto fornendo i numeri. Lo ha fatto davanti alla Prima Commissione dell’Ars parlando delle Province. I magistrati contabili hanno, ovviamente, puntato il dito contro il ritardo della Regione siciliana nell’attuazione della riforma sugli enti intermedi. E’ sotto gli occhi di tutti e lo leggiamo sulle cronache da due anni a questa parte. Tra le peggiori criticità “particolare importanza assume la definizione dei criteri per la riallocazione delle funzioni e delle risorse finanziarie, umane e strumentali, nonché la ricognizione delle entrate e delle spese necessarie allo svolgimento delle funzioni attribuite agli enti di area vasta”. Insomma, la politica schizofrenica ha prodotto come unico risultato confusione su funzioni importanti, e, ciliegina sulla torta, solo incertezza sul futuro dei dipendenti delle Province che difficilmente potranno essere assorbiti dai Comuni già alle prese con la questione precari.
Fin qui tutto noto.
Quello che ha una importanza rilevante e che, come detto, la Corte dei Conti aveva già denunciato a Dicembre, è quanto segue:
“Le riscossioni delle entrate da trasferimenti statali – hanno ribadito ieri i magistrati contabili all’Ars – passano, nel quadriennio 2011/2014, da 184,3 milioni di euro a 7,2 milioni di euro nel 2014 (-96%)”.
Non si tratta di tagli, come verrebbe da pensare. Sono entrate tributarie che spettano alla Sicilia ma che vengono fagocitate, attraverso l’Agenzia delle Entrate, dallo Stato che dovrebbe trasferirli alla Regione ma non lo fa. Non si tratta di tagli, sono furti.
E il bello è – si fa per dire – che i politici siciliani, mentre la Sicilia muore pur avendo in teoria le risorse per sopravvivere, stanno a guardare.
Vero è che ieri il capogruppo di Forza Italia, Marco Falcone, in un comunicato, ha esortato l’esecutivo regionale a definire le trattative con Roma, paventando il rischio di insubordinazioni sociali.
Ma non basta un comunicato. E non basta un deputato.
Una trattativa è fatta da due parti che pongono condizioni. La Sicilia, ad esempio, è la piattaforma energetica d’Italia: chiudete i rubinetti energetici siciliani e forse Roma ci ascolterà. Ma per fare questo servirebbe un Governo siciliano al servizio dei Siciliani. Che non c’è.
Regione: tutti senza soldi ma nessuno dice perché. Tace anche l’Ars…
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