La politica – e anche i sindacalisti – continuano a nascondere la verità ai Siciliani sui conti economici della Regione. I ‘casi’ di chi è rimasto senza soldi vengono affrontati ad uno ad uno, senza una visione d’insieme. E, soprattutto, senza chiedere al Governo Renzi conto e ragione degli scippi finanziari operati ai danni della Sicilia. La Corte dei Conti fa sapere che se i Comuni stabilizzeranno i precari non potranno assorbire i dipendenti delle Province
La Regione siciliana senza soldi continua ad avvitarsi su se stessa. Ormai le categorie sociali lasciate a ‘secco’ non si contano più. Ad eccezione di chi è ancora garantito (la sanità, bene o male, a parte i ‘magheggi’ imposti dalla politica alle Aziende ospedaliere e alle Aziende sanitarie Provinciali, i dipendenti regionali, l’Ars e, in generale, le spese obbligatorie), si assiste, ogni giorno, alle proteste di chi non è invece garantito.
Ieri abbiamo posto un quesito: avere inserito nella manovra economica e finanziaria regionale 2016 i 500 milioni di Euro che lo Stato non ha ancora erogato si configura come un reato contabile? (come potete leggere qui). Gli uffici dell’assessorato all’Economia dicono di no, trattandosi di accantonamenti negativi.
Detto questo, ai tanti soggetti lasciati senza risorse finanziarie il nostro quesito interessa poco: questi ultimi vogliono i soldi per campare. Tra questi soggetti ci sono i gestori delle Riserve naturali, soggetti privati che operano per conto della pubblica amministrazione (e che in alcuni casi ne combinano di tutti i colori, come avvenuto a Torre Salsa, dove l’ente gestore di questa Riserva naturale si è sostituito alla pubblica amministrazione rilasciando un ‘parere’ per consentire a un altro privato la realizzazione di un Resort: l’ennesima puntata di questa sceneggiata la potete leggere qui).
Per i gestori delle Riserve naturali, che hanno subito un decurtamento di fondi (passati da 3 milioni e mezzo di Euro circa a 900 mila Euro e rotti), ieri la politica ha trovato la soluzione tragicomica: quando entreranno da Roma i 500 milioni di Euro i gestori di queste aree protette riceveranno i soldi che oggi mancano. Campa cavallo…
A noi questa soluzione sembra una presa in giro. Il perché è semplice: già con i 500 milioni di Euro che Roma dovrebbe erogare (e che a nostro avviso o non erogherà, o erogherà solo in parte) si dovrebbero pagare un sacco di soggetti. I Comuni siciliani, da soli, dovrebbero intercettare ben 170 milioni di Euro da questi improbabili 500 milioni di Euro.
Un’altra categoria abbandonata è quella dei dipendenti delle IPAB. Si tratta delle Opere Pie, che ancora oggi, in Sicilia, danno lavoro a circa 2 mila dipendenti (800 a tempo determinano e il resto a tempo indeterminato, si legge in una nota della CGIL, della CISL e della ULI della Sicilia).
Le IPAB assistono oggi circa 2 mila e 500 soggetti tra anziani, disabili e minori stranieri.
I vertici delle tre organizzazioni sindacali, per l’occasione, hanno stilato un comunicato dai toni melodrammatici: “All’indifferenza della politica per le problematiche dei lavoratori e degli utenti di importanti servizi sociali rispondiamo continuando la mobilitazione a tutti i livelli per garantire il futuro delle IPAB”.
I sindacalisti parlano di “incredibile disinteresse mostrato ieri in commissione (dovrebbe trattarsi della commissione Bilancio e Finanze dell’Ars, che è ormai il muro del pianto dei ‘diseredati’ prodotti dai tagli romani al Bilancio della Regione) dagli esponenti del governo (Economia e Politiche Sociali)”. E se la prendono anche con le commissioni legislative di merito del Parlamento dell’Isola che non hanno garantito alle IPAB un finanziamento di 6 milioni di Euro.
Dove i sindacalisti avrebbero visto questi 6 milioni di Euro con la ‘malura’ che si registra oggi nelle ‘casse’ della Regione non lo sappiamo. Con molta probabilità, recitano la solita ipocrita parte per tenersi buoni i 2 mila dipendenti. In assenza dei soldi, non restano che le parole: così i dirigenti di CGIL, CISL e UIL parlano di “un’offesa alla dignità dei lavoratori in attesa di retribuzioni arretrate nel migliore dei casi da pochi mesi, nel peggiore da anni, soprattutto dopo le risposte rassicuranti date dall’assessore Miccichè (Gianluca Miccichè, attuale assessore regionale al Lavoro ndr) lo scorso 6 Aprile, giorno dello sciopero regionale” e bla bla bla.
Ovviamente, anche i sindacalisti siciliani si guardano bene dal porre una questione generale e seria, chiedendo al Governo nazionale di Matteo Renzi di restituire i soldi che ha ‘derubato’ alla Regione siciliana.
Del resto, CGIL, CISL e UIL fiancheggiano il PD e non hanno alcun intenzione di creare problemi a questo partito. Meglio optare per le solite sceneggiate, come una nuova manifestazione indetta per il prossimo 19 Aprile. “Una nuova giornata di mobilitazione in concomitanza con i lavori all’As con presidi presso tutte le Prefetture dell’Isola e davanti Palazzo dei Normanni per chiedere con forza il mantenimento degli impegni presi su risorse e riforma a garanzia dei livelli occupazionali e dei servizi all’utenza”. L’ennesima sceneggiata che servirò solo a tenere buoni i dipendenti delle IPAB che, nella testa dei sindacalisti-farisei, del Governo Crocetta e del Governo Renzi dovrebbero campare di aria e di chiacchiere.
Già, le chiacchiere.
La verità è che la manovra economica e finanziaria 2016 approvata dall’Ars un paio di mesi fa presenta un ‘buco’ di quasi 2 miliardi di Euro provocato dagli scippi del Governo nazionale.
In realtà, il ‘buco’ era di quasi 3 miliardi di Euro. Il Governo Renzi ha restituito solo 900 milioni di Euro. Con l’impegno che avrebbe restituito alla Regione altri 550 milioni di Euro dopo l’approvazione della legge di stabilità regionale. Cosa che, fino ad oggi, Renzi e compagni si sono guardati bene dal fare.
Ogni settimana, da Palermo, partono alla volta di Roma politici e alti burocrati siciliani con il cappello tra le mani per andare a ‘pietire’ alla ‘corte’ di Renzi e del suo ‘cerchio magico’ una minima parte dei soldi che ci spettano di diritto. I ‘banditi’ romani promettono, ma non ‘sganciano’.
Ieri è andato in scena uno di questi incontri. E non è da escludere che ci vengano a dire che, già la prossima settimana, una parte di questi 500 milioni di Euro potrebbe essere in arrivo.
Detto questo, è bene chiarire a tutte le categorie economiche e sociali della Regione alle quali la politica ha promesso chissà che cosa che l’eventuale quanto improbabile arrivo dei 500 milioni di Roma risolverebbe solo una parte dei problemi. Perché da un taglio di quasi 2 miliardi di Euro rispetto ai conti economici regionali del 2015 si passerebbe, comunque, a un ‘buco’ di un miliardo e mezzo di Euro.
Ebbene, questo miliardo e mezzo circa di Euro che quest’anno manca dai conti economici della Regione rispetto allo scorso anno (che è già stato, di per sé, un anno gramo) avrà comunque effetti devastanti su tante categorie sociali.
Il fatto che il Governo di Rosario Crocetta stia togliendo soldi alla sanità siciliana e stia programmando l’utilizzazione impropria di fondi nazionali ed europei (proprio ieri vi abbiamo raccontato di migliaia di giovani siciliani che hanno effettuato i tirocini formativi e che aspettano ancora di essere pagati, come potete leggere qui) non risolverà i problemi.
La coperta, quest’anno, resterà comunque corta. Saranno in tanti, in Sicilia, alla fine di quest’anno a restare senza soldi. Anche perché senza proteste sociali serie il Governo nazionale di Renzi non darà nulla.
Le cronache di ieri registrano anche un’audizione dei giudici della Corte dei Conti per la Sicilia all’Ars. Tema: i disastri delle ex Province regionali. Nulla di nuovo sotto il sole. Le Province, che oggi si chiamano Consorzi di Comuni, sono ancora commissariate e lo rimarranno sino alla fine dell’anno e, con molta probabilità, fino alla fine di questa balorda legislatura. Lo Stato – cioè il Governo Renzi – non solo non eroga più soldi alle Province siciliane, ma si è tenuto anche le entrate delle stesse Province: è il caso della RC Auto, circa 200 milioni di Euro con i quali le Province siciliane pagavano i circa 6 mila dipendenti.
Non solo. Il Governo Renzi, sempre per “risanare i conti” (in pratica per pagare gli interessi sul debito), vorrebbe dalle ex Province siciliane altri 180 milioni di Euro.
Forse è un modo elegante per accaparrarsi i beni immobili delle ex Province siciliane per venderle agli ‘amici’? Per ‘fortuna’ di questo argomento non parla nessuno.
Ma, a parte i disastri finanziari delle Province provocati sempre dal Governo Renzi, c’è un elemento, nel ragionamento dei giudici della Corte dei Conti, sul quale vale la pena di soffermarsi. Com’è noto, nella manovra economica e finanziaria 2016 della Regione, i Comuni vengono invitati a stabilizzare i circa 24 mila precari. Ebbene – almeno questo a noi è sembrato di capire – se i Comuni stabilizzeranno questi precari non potranno assorbire i 6 mila dipendenti delle Province siciliane.
Chi ha più diritti allo stipendio? I precari dei Comuni o i 6 mila dipendenti delle Province?
Foto tratta da teleakras
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