- Anzi, grazie all’andamento mondiale del mercato del grano, gli agricoltori meridionali e siciliani sono oggi nelle condizioni di stoccare il grano in attesa che il prezzo aumenti
- Per fare un po’ di giustizia in favore degli agricoltori del Sud e della Sicilia non c’è stato bisogno della CUN e dei grillini che, anche in agricoltura, hanno abbandonato Sud e Sicilia
- Il prezzo del grano duro crescerà ancora
- Con la riduzione della produzione mondiale del grano si dovrebbe ridurre – e forse potrebbe anche finire – lo scandalo delle navi cariche di grano estero, spesso di dubbia qualità, che arriva nei porti italiani, di fatto per penalizzare i nostri agricoltori
Anzi, grazie all’andamento mondiale del mercato del grano, gli agricoltori meridionali e siciliani sono oggi nelle condizioni di stoccare il grano in attesa che il prezzo aumenti
Ieri, grazie a Mario Pagliaro, chimico del CNR, appassionato di climatologia, lo scienziato che, quasi tre anni fa, in solitudine, ha previsto l’aumento del pezzo del grano in tutto il mondo, abbiamo raccontato che cosa sta succedendo in Francia, dove il Governo si accinge a varare un piano di emergenza per fronteggiare la possibile penuria di grano. I cambiamenti climatici in corso – e l’annata particolarmente problematica, tra freddo polare e caldo micidiale, per non parlare degli incendi che hanno funestato non soltanto Sicilia, Sardegna e Calabria, ma anche altre aree del mondo (in queste ore il fuoco sta provocando enormi danni nel Sud della Francia) – non stanno passando inosservati. E, soprattutto, stanno provocando effetti negativi in agricoltura. Almeno in Sicilia è così, a giudicare dalle parole del presidente di Confagricoltura Sicilia, Ettore Pottino. Il clima, ovviamente, influenza l’agricoltura e, di conseguenza, l’andamento dei mercati agricoli. Se il pezzo del grano va su, ebbene, questo avviene perché c’è – come aveva previsto Pagliaro – una riduzione dell’offerta mondiale di grano. In questo MATTINALE proveremo a illustrare, per sommi capi, cosa sta succedendo e cosa potrebbe succedere in Italia nel mercato del grano duro, che è quello che tocca da vicino la Sicilia, dal momento che la nostra Isola e, in generale, le Regioni del Sud Italia producono circa l’80% del grano duro italiano.
Per fare un po’ di giustizia in favore degli agricoltori del Sud e della Sicilia non c’è stato bisogno della CUN e dei grillini che, anche in agricoltura, hanno abbandonato Sud e Sicilia
Fino a qualche anno fa il grano duro del Sud e della Sicilia si vendeva a 18-20 euro al quintale. Una cifra ridicola, frutto della speculazione al ribasso sul prezzo operata dalla grande industria. Una battaglia politica per combattere questa speculazione è stata portata avanti dagli agricoltori del Sud e della Sicilia, grazie soprattutto all’azione svolta da GranoSalus, un’associazione che raccoglie agricoltori del Sud Italia e della Sicilia e consumatori. Nel 2016 è stata varata anche la legge nazionale per istituire la CUN per il grano duro, la Commissione Unica Nazionale che avrebbe dovuto eliminare alla radice le speculazioni al ribasso ai danni dei produttori di grano duro del Sud e della Sicilia. La legge nazionale sulla CUN, che nel 2016 è stata sponsorizzata dai grillini, è rimasta lettera morta, bloccata dalle pressioni dell’industria, che ha sempre avuto interesse a tenere basso il pezzo del grano duro. Questa è stata la grande sconfitta politica del Movimento 5 Stelle, che nel Marzo del 2018 ha fatto il pieno dei voti nelle Regioni del Sud e in Sicilia, per poi abbandonare gli agricoltori delle Regioni del Sud e della Sicilia. I grillini – che sono al Governo dell’Italia dalla Primavera del 2018 – non hanno fatto nulla di concreto per far decollare la CUN. Hanno preso la scusa che il Ministero delle Politiche agricole nel primo Governo Conte era gestito dai leghisti; poi hanno preso la scusa che nel secondo Governo Conte lo stesso Ministero era gestito dai renziani. Da quando a Palazzo Chigi c’è Mario Draghi, il Ministero delle Politiche agricole è gestito dai grillini, per la precisione da un grillino nordista di Trieste – Stefano Patuanelli – che ha già danneggiato il Sud e la Sicilia con lo scippo delle risorse FEARS e che non ha fatto nulla per rendere operativa la CUN grano duro. Questo ci dice che il Sud e la Sicilia non debbono più votare Movimento 5 Stelle.
Il prezzo del grano duro crescerà ancora
E’ bene sottolineare il concetto: se oggi il prezzo del grano duro, in Italia, si è attestato intorno a 40 euro al quintale (in Sicilia fino a una settimana fa era a 32 euro, perché ci sono anche le speculazioni al ribasso del commercio locale: nella nostra Isola non ci facciamo mancare niente di economicamente negativo…) non lo si deve alla politica italiana, ma all’andamento del mercato mondiale. Detto in parole ancora più semplici, quello che dal 1860 – con riferimento al grano duro del Sud e della Sicilia – non ha mai fatto lo Stato italiano, lo sta facendo indirettamente il clima, che ha provocato una riduzione dell’offerta mondiale del grano. Gli effetti dell’andamento del prezzo del grano nel mondo continueranno, nel senso che ci troviamo in piena evoluzione. Un’evoluzione positiva, perché il prezzo del grano duro – che nel mondo in questo momento si attesta intorno a 50 euro al quintale – è destinato ancora a crescere. Questo cambia la prospettiva economica, che per la prima vota dopo decenni favorisce gli agricoltori del Sud e della Sicilia, costringendo gli industriali del Nord Italia a venire a Canossa. Fino ad oggi, con il grano duro – cereale essenziale per produrre pasta – gli industriali hanno fatto il bello e il cattivo tempo. Non avendo alternative, i produttori di grano duro del Sud e della Sicilia sono sempre stati costretti a subire i prezzi – ovviamente bassi – imposti dall’industria. Quando gli agricoltori provavano a organizzarsi, zact!, arrivavano le navi cariche di grano duro estero – soprattutto canadese – per aumentare l’offerta e far precipitare il prezzo del grano duro meridionale e siciliano.
Con la riduzione della produzione mondiale del grano si dovrebbe ridurre – e forse potrebbe anche finire – lo scandalo delle navi cariche di grano estero, spesso di dubbia qualità, che arriva nei porti italiani, di fatto per penalizzare i nostri agricoltori
Oggi il ‘babbio’ in danno degli agricoltori meridionali e siciliani è finito. L’offerta di grano duro nel mondo, causa andamenti climatici che potrebbero anche peggiorare nei prossimi anni (e quindi con ulteriori riduzioni della produzione mondiale di grano), è in diminuzione. Gli Stati Uniti accusano una contrazione produttiva di grano duro del 50%; il Canada una contrazione produttiva di quasi il 30%. La Russia ha ridotto le esportazioni di grano perché ne produce meno; la Francia pensa a un piano di emergenza. Così, oggi, tanti agricoltori del Sud e della Sicilia hanno stoccato il grano duro in attesa che il prezzo aumenti. Il tutto mentre i consumatori chiedono una pasta prodotta con grano salubre, non certo con il grano al glifosato che piace tanto all’Unione europea… Per non parlare dell’Italia – tra i primi Paesi al mondo per consumo di pasta pro capite – dove i consumatori oggi pretendono una pasta prodotta con il grano duro italiano: prodotto possibilmente con il grano duro del Sud e della Sicilia (con rispetto parlando, il grano duro coltivato nel Nord Italia non ha nulla a che spartire con il grano duro del Sud e della Sicilia!). Per la prima volta nella storia d’Italia una congiuntura economica internazionale sta favorendo gli agricoltori del Sud Italia e della Sicilia con l’industria del Nord che arranca. In questo scenario si inserisce la tragicomica avventura della nave Sumatra, con un carico di 337 mila quintali di grano duro canadese giudicato non conforme prima dall’Algeria e poi dall’Italia. Un carico di grano discutibile che è stato scaricato nel porto di Ravenna, non si capisce per fare che cosa: storia che abbiamo raccontato lo scorso 14 Agosto. Una vicenda che dà la misura di quanto il grano duro sia diventato prezioso.
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