C’è una discarica sottomarina a 20 km da Pozzallo: il Governo Renzi ne sa qualcosa?

7 aprile 2016

L’inquinamento è andato in scena tra il 1989 e il 2007. Reati ormai quasi prescritti. Il tutto nel silenzio generale. E il bello sapete qual è? Che con un inghippo il Governo Renzi – in barba al divieto di trivellazioni entro le 12 miglia – sta avallando il proseguimento di tali attività. ‘Resuscitando’ un progetto vecchio di quasi 30 che si cerca di far passare come il proseguimento di Vega A. I retroscena di un’operazione che definire incredibile è poco

 

Sembra incredibile: nel silenzio generale, tra il 1989 e il 2007, a circa venti chilometri dalle coste della Sicilia, è stata creata una discarica sottomarina che, per secoli, potrebbe contaminare il mare del Canale di Sicilia. E’ il ‘regalo’ che i petrolieri hanno fatto alla nostra Isola e, in generale, al Mediterraneo.

In questi ultimi venti giorni abbiamo parlato di due sversamenti di petrolio in mare: quello che va in scena in queste ore nell’estuario della Loira, in Francia (come potete leggere qui) e l’inquinamento che ha colpito il mare della Tunisia (come potete leggere qui). Da qualche giorno, sulla rete, circola un un resoconto di Greanpeace apparso sul quotidiano Huffington Post (che potete leggere per esteso qui):

L’indagine dei giornalisti investigativi di ‘Italian Offshore’ fa emergere che la piattaforma Vega – tra il 1989 e il 2007 – ha illecitamente smaltito poco meno di mezzo milione di metri cubi di acque inquinate con metalli, idrocarburi ed altre sostanze. L’accusa è di ‘attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti’. Non molto diversa da quella che ha portato al recentissimo intervento della magistratura in Val d’Agri. In breve, la piattaforma Vega trasferiva le acque contaminate derivanti dal processo di estrazione di petrolio, a una nave appoggio, la Vega Oil (una ex petroliera) che poi illegalmente iniettava queste acque, assieme alle acque di sentina e alle acque di lavaggio della nave stessa, in un pozzo petrolifero sterile, alla profondità di 2.800 metri circa. Praticamente, a una ventina di chilometri dalle coste siciliane, è stata creata una pericolosa discarica sottomarina che rischia di contaminare per secoli i fondali del Canale di Sicilia”.

Per la cronaca, la Vega è la più grande piattaforma petrolifera fissa realizzata nell’off-shore italiano. Il campo Vega si trova a circa 12 miglia a sud della costa meridionale della Sicilia, al largo di Pozzallo, in provincia di Ragusa. La piattaforma è stata ancorata, con otto ‘gambe’, nel febbraio 1987, su un fondale di circa 122 metri di profondità tramite un Jacket, una struttura di acciaio tubolare a forma di traliccio.

Greanpeace sottolinea che il traffico di rifiuti del Campo Vega è iniziato nel 2007. Ciò significa che i reati commessi si avviano verso la prescrizione. I documenti di ISPRA sono del 2010.

Oggi ci si chiede: è normale che il Ministero dello Sviluppo Economico, nel 2012, abbia concesso una proroga per il proseguimento di tale attività? Il Governo nazionale dell’epoca non era a conoscenza di quanto era avvenuto? E’ credibile che un fatto così grave sia passato sotto silenzio?

La proroga – dietro alla quale, come ora racconteremo, si cela un grande inghippo – consente, addirittura, di realizzare nuovi pozzi nel campo Vega! Il programma prevede infatti la realizzazione di un’altra piattaforma petrolifera (Vega B) e un valzer di trivellazioni con altri nuovi 12 pozzi.

Il tutto in barba al divieto di trivellazione entro le 12 miglia dalla costa.

Qui arriviamo all’inghippo: questi nuovi 12 pozzi – così si cerca di far apparire le cose – potranno diventare operativi perché sarebbero stati autorizzati prima dell’entrata in vigore dei divieti.

Ora – a parte il fatto che se il Sì al referendum del 17 Aprile passerà la piattaforma Vega B andrà a farsi benedire – come abbiamo già accennato, dietro questa storia c’è un grande inghippo che è stato descritto in modo molto chiaro (lo potete leggere per esteso qui). Proviamo a riassumerlo.

Cominciamo col dire che questa storia va avanti da trent’anni o giù di lì. Il programma di sviluppo viene approvato il 17 Febbraio del 1984. Prevedeva la realizzazione di due piattaforme petrolifere: la Vega A e la Vega B.

I fatti, insomma, risalgono agli anni della cosiddetta Prima Repubblica. Allora a decidere era il Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato. La società che avrebbe estratto il petrolio da questa concessione si chiamava SELM.

Per motivi che non sono mai stati chiariti è stata realizzata solo la piattaforma Vega A. Per decenni, della piattaforma Vega B non si è saputo nulla. Dimenticata. Anzi, per essere precisi, scomparsa anche da documenti e decreti ufficiali.

In quegli anni, però, vanno in scena le prime stranezze. Il 18 Agosto del 1987 Giuseppe Testaverde, direttore per la realizzazione del Progetto Vega per conto della SELM, precisa:

“Le opere relative alla piattaforma fissa VEGA, sealines e serbatoio galleggiante VEGA OIL sono conformi al progetto depositato presso la sezione U.N.N.I. e il Ministero della Marina Mercantile”.

In realtà, non c’è alcuna conformità ai progetti iniziali. Per un motivo semplice: perché, come già sottolineato, la piattaforma Vega B non è mai stata realizzata. Allora perché si dice che tutto è a posto? Perché i petrolieri sono tipi svegli. E lasciano sempre una porta aperta verso nuove, possibili ‘operazioni’ da realizzare nel futuro.

Un futuro che si materializza nel 2012 quando, improvvisamente, la piattaforma petrolifera Vega B ‘resuscita’. Che succede? La Edison chiede una proroga decennale del decreto C.C6.EO. Il 26 Luglio dello stesso anno questa società annuncia lo “Sviluppo del Campo Vega B – Concessione di Coltivazione C.C6.EO”. Insomma, una storia iniziata nel 1984, interrotta per quasi trent’anni, viene riproposta come diretta continuazione di un vecchio progetto. Propongono di trivellare ben dodici pozzi nuovi.

Cosa c’è sotto? Il sito che la Edison ha individuato per trivellare Vega B dista a circa undici miglia da un Sito di Interessa Comunitario (SIC), area protetta denominata “Fondali Foce del Fiume Irminio”. Stiamo parlando del mare di Ragusa (per la cronaca, la Foce del fiume Irminio, sempre nella provincia Iblea, è una Riserva naturale istituita dalla Regione siciliana). Tutto si svolge all’interno della fascia di protezione delle dodici miglia, un’area che, dopo polemiche e tira e molla, esiste dal 2010, grazie al decreto firmato dall’allora Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo.

Come potete leggere nell’articolo che abbiamo allegato, in una prima fase “la Edison scriveva nei suoi documenti che la località scelta per Vega B si trovava al di fuori di questa fascia di rispetto. Poi si sono accorti del contrario. E dunque ecco qui la pensata geniale: se Vega B viene presentata come parte di un nuovo progetto diventa difficile approvarla, magari ci saranno proteste, magari la fascia di protezione porterà complicazioni. Più facile trivellare i dodici nuovi pozzi vicino a un Sito di protetto d’Interesse Comunitario se si presenta la Vega B come un ‘completamento’ di un progetto vecchio, del 1984”.

Ecco spiegato il perché questo progetto – che in realtà è nuovo – viene presentato come la prosecuzione del vecchio progetto del 1984. Peccato che nel decreto del 1984 c’è scritto che tutto deve essere completato entro la fine del 2012. Ne consegue che se si vuole far passare Vega B come il completamento del vecchio progetto e chiederne la proroga si deve fare tutto in tempi strettissimi. Per ottenere la proroga si deve dimostrare di aver adempiuto a tutti gli obblighi iniziali. Solo che “gli obblighi iniziali” sono rimasti lettera morta perché la piattaforma Vega B non è stata realizzata!

Siamo entrati nel cuore dell’inghippo: si chiede la proroga decennale per trivellare Vega B, ma “la proroga per trivellare Vega B possono averla solo se Vega B è stata già trivellata”.

Il 12 Dicembre del 2014 – parliamo già del solito Governo Renzi – il Ministero dello Sviluppo Economico scrive:

“Confermato che la società istante ha ottemperato, nei termini di buona gestione del giacimento, agli obblighi del decreto di conferimento della concessione di cui è stata chiesta proroga e che il programma lavori proposto per il prossimo decennio risulta finalizzato all’ottimizzazione e al completamento del drenaggio delle risorse”.

Domanda da cento punti: come hanno fatto ad ottemperare a “tutti gli obblighi – leggiamo sempre nell’articolo che abbiamo allegato – se una parte integrante del progetto non è stata mai eseguita? Delle due una: o sono ciechi o non sanno leggere!”.

Siamo arrivati ai giorni nostri. Con un Decreto del 13 novembre 2015, il Ministero dello Sviluppo Economico rilascia la proroga decennale della Concessione C.C6.EO. Le ‘carte’ sono state abbirsate (sistemate a norma di legge).

La proroga viene rilasciata se il “programma dei lavori comprenda esclusivamente la prosecuzione della produzione, i lavori di manutenzione e le attività non significative”.

Svelato il gioco: la piattaforma Vega B verrà realizzata. Con 12 pozzi nuovi. Per ora cominceranno con quattro pozzi. Il resto arriverà dopo. Il tutto all’insegna della ‘legalità’ certificata dal Ministero dell’Economia. Tutto questo in un’area marina nelle quali sono presenti faglie sismogenetiche e biodiversità del mare.

Del resto, hanno già realizzato una discarica sottomarina con reati in quasi prescrizione: cosa volete che siano altri 12 pozzi a dua passi dalle coste siciliane?

Grande il Governo Renzi, no? Sempre pronto a promuovere lo ‘sviluppo’.

Vi è chiaro, cari cittadini siciliani, perché il 17 Aprile tutti ci dobbiamo precipitare a votare per il referendum? Perché altrimenti questi ‘banditi’ non li fermerà nessuno!

Foto tratta da petrolio e gas.it

 

 

 

 

 

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