- Raccontare bugie è sempre stata una caratteristica dello Stato italiano
Anche sulla repressione in Calabria verità ufficiali coprivano fatti reali
Falsità da tramandare ai posteri, per opportunità politica, e per acquisire elogi e meriti. L’altra versione, raccontata in Parlamento sempre nel 1869, fornì una diversa versione sulla morte di Palma (Pietro Domenico Strafaci detto Palma ndr). Braccato e isolato, il capobrigante era stato costretto a nascondersi a Macchia Sara da un suo compare, Pietro Librandi, guardiano del barone Guzzolino. Fu tradito: Librandi lo denunciò per intascare la taglia ed evitare accuse di complicità. E mentre gli faceva la barba, lo stesso Librandi lo uccise con un colpo secco di rasoio. Poi gli tagliò la testa, per dimostrare di averlo ammazzato. Consegnò il macabro trofeo alle autorità militari e che avrebbero inventato l’episodio dello scontro a fuoco con il capobrigante scoperto con otto dei suoi uomini. Fu questa la fine del capobrigante calabrese che per dieci anni fu considerato il “Re della Foresta” e che, pur avendo estorto centinaia di migliaia di ducati con i sequestri, morì povero. Si arricchirono, invece, i suoi manutengoli, i suoi favoreggiatori di basso e, purtroppo, di alto casato che per molti anni gli assicurarono l’impunità che assai spesso gli avrebbero preparato i piani dei sequestri. Un giornale di Catanzaro tracciò del brigante questa biografia: “Era considerato laborioso, mite ed ossequiente: fu spinto al malandrinaggio da insinuazioni malvagie dei tristi, che provocarono il brigantaggio per specularvi. Presso il volgo godeva prestigio e popolarità: le donnette favoleggiavano di lui chiamandolo santo, fatato, invulnerabile e invincibile; aveva saputo procacciarsi queste false credenze con continuate, generose elargizioni, e tenendo osservanza ad un sistema di vita parco e temperato.”
Eugenio De Simone Atterrite queste popolazioni, Magenes Edizioni, pag. 30, 31.
Foto tratta da Approdo Calabria
Tratto da Regno delle Due Sicilie.eu
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