Mentre i sindacati denunciano minacce ad una dipendente per impedire la protesta, e mentre i dipendenti si dividono facendo il gioco dell’azienda, vengono fuori dettagli inquietanti sul modo di agire di Almaviva e sui favori ricevuti dalla politica…
Almaviva punto e capo. Mentre l’azienda conferma i licenziamenti nella sede di Palermo (1670 persone), Napoli (400) e Roma (918), si attende l’esito dell’ennesimo incontro al Mise che andrà in scena (come a teatro, perché di questo si tratta) il prossimo 13 Aprile.
Per lo stesso giorno, i sindacati che evidentemente non si fidano più di nessuno, hanno proclamato lo sciopero nazionale. Quanti saranno ad aderire? La domanda non è peregrina perché, a quanto pare, una parte di dipendenti sarebbe indecisa se non restia a partecipare. Sono quelli che si sentono al sicuro perché non rientrerebbero tra gli esuberi o quelli che ritengono inopportuno scioperare prima di conoscere il finale della farsa di scena al Mise.
Pur comprendendo i timori di chi vuole mettere al sicuro proprio lavoro, non possiamo fare a meno di sottolineare che questo atteggiamento è proprio quello che fa più comodo all’azienda. E che, in questo contesto, la verità è che nessuno può sentirsi al sicuro. Oggi tocca a questi 2700 dipendenti (tra l’altro non sono ancora chiari i criteri che saranno applicati per individuare gli esuberi), domani, non appena Almaviva troverà altre sedi più convenienti, toccherà agli altri.
Le divisioni, la mancanza di solidarietà, gli egoismi, sono del tutto inutili (oltre che deprecabili) e, soprattutto, fanno solo gli interessi dell’azienda.
Detto questo, comprendiamo pure che il clima è teso. Secondo alcuni, ad esempio, il motivo per cui i dipendenti Almaviva di Palermo non hanno partecipato in massa alla manifestazione del 30 Marzo contro il Governo Crocetta e contro il Governo Renzi, sarebbe da attribuire a pressioni di vario genere. Qualcuno avrebbe ciò convinto i lavoratori a non esporsi contro chi avrebbe potuto salvarli. Mera illusione, ovviamente. Questo qualcuno, va da sé, pensava solo a salvare se stesso e il suo referente politico sulla pelle di tutti.
Un fatto che diventa più plausibile alla luce della denuncia della Slc Cgil di Palermo che racconta di una minaccia subita da una dipendente: “La collega aveva creato un evento per chiedere ai lavoratori del call center di unirsi a una pedalata del 7 aprile aperta alla città. E’ stata chiamata e le è stato intimato con parole pesanti di non presentarsi e che si fosse presentato qualche lavoratore Almaviva alla pedalata sarebbero partite le denunce – raccontano l’Slc Cgil di Palermo e le Rsu Slc Cgil di Almaviva – sono state delle vere e proprie minacce telefoniche, proseguite fino ad oggi. Essere solidali dovrebbe essere scontato, ma purtroppo non è sempre così”.
Inutile ripetere quanto già detto: non scioperare, farsi schiacciare dalle pressioni che intimano a non protestare fa solo il gioco dell’azienda e di qualche galoppino della politica che di lui si prenderà cura, in un modo o nell’altro.
Nulla da aggiungere sulla politica che terrà i dipendenti siciliani di Almaviva sulla brace fino alle prossime elezioni comunali di Palermo. Poi, amen.
Qualcosa da aggiungere sull’Azienda, invece, c’è. Vi abbiamo già raccontato l’excursus aziendale, sottolineando l’uso spregiudicato dei fondi pubblici.
Infatti, ancora più nel dettaglio entra la denuncia che leggiamo sul blog di proletaricomunisti.it e che vale la pena leggere perché evidenzia la gincana dell’azienda tra le regioni italiane a caccia di fondi pubblici. Leggiamo insieme i punti salienti:
“Per avere tutti gli elementi, – si legge sempre sul blog dei proletari comunisti- è bene tenere presente che Almaviva dal 30 aprile 2013 ha iniziato a usufruire a livello nazionale dei Contratti di Solidarietà (CdS), usufruendo di tale ammortizzatore sociale per due anni come settore industria e per un anno come settore servizi. Tale misura sembra esser tutt’ora utilizzata non tanto per evitare licenziamenti ma più che altro per aumentare al massimo la flessibilità dei lavoratori, vista la revoca frequentissima in alcune sedi della CdS, l’utilizzo dello straordinario e la forte disparità di flussi di chiamate tra le varie sedi di Almaviva sul territorio nazionale. Adesso, la scadenza della CdS è alle porte e prevista per il 31 maggio e sembra questo il principale problema attuale di un’azienda che nel corso della sua esistenza ha fatto della capacità di succhiare soldi, sgravi e incentivi allo Stato una parte importante del suo brand. Il Governo questo lo sa bene e non è un caso che il ministro del lavoro, Giuliano Poletti (che già più volte ha dimostrato di essere il ministro solo di chi il lavoro lo sfrutta e non di chi lo va a fare tutti i giorni) ha annunciato la possibilità di offrire una serie di nuove agevolazioni ad Almaviva”.
A seguito della forte battaglia dei lavoratori, nel 2007 Almaviva stabilizza circa 4000 lavoratori precari,dopo che l’Ispettorato del Lavoro dichiarò illegittimi i contratti di collaborazione coordinata e continuativa che venivano utilizzati per coprire forme di vero e proprio lavoro subordinato. Grande vittoria dei lavoratori, ma il Governo Prodi – sottolinea il sito dei proletari comunisti- correrà in soccorso ai proprietari consentendo all’azienda di non pagare il pregresso che avrebbe dovuto dare ai suoi dipendenti. I lavoratori assunti sono così costretti a firmare una liberatoria per rinunciare a ciò che gli spetta prima della data dell’assunzione e, come se non bastasse, Almaviva, per tali regolarizzazioni alle quali, si badi bene, era stata costretta, intasca pure degli incentivi! Il mix di profitti e incentivi pubblici permette all’azienda di espandersi all’estero, dalla Tunisia al Brasile, ottenendo ulteriori enormi guadagni”.
Ma non basta, nel 2012 vengono annunciati esuberi a Roma. Come mai? Beh, ma perché gli incentivi che Almaviva prendeva a Roma stanno per finire e allora meglio passare tutte le chiamate alla sede appena aperta di Rende. In questa sede si continua ad assumere centinaia di lavoratori precari mentre i lavoratori di Roma passeranno in CdS. Indovinate il perché? Perché a Rende- si legge sul già citato blog- i lavoratori sono più precari rispetto alla regolarizzazione ottenuta dalle lotte dei lavoratori romani e lì è possibile per l’azienda intascare, ancora una volta, i soldi a fondo perduto del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale.
Per l’ennesima volta, quindi, i flussi di chiamate vengono inoltrate nelle sedi dove ci sono maggiori incentivi e\o lavoratori più precari. L’azienda cambia il prefisso telefonico per mantenere le cifre dei suoi profitti. E le pedine di questo gioco sono sempre i lavoratori”
C’è da fidarsi di una azienda del genere e di una politica che gli rende servigi? Qualcuno può sentirsi al sicuro?
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