- L’emergenza rifiuti in Sicilia è una buttanata che dovrebbe giustificare una bella ‘scorpacciata’ di appalti per improbabili termovalorizzatori in vista delle elezioni regionali del prossimo anno
- Impossibile, ancora oggi, opporsi al sistema delle discariche. Chi l’ha fatto ha perso
- I rifiuti siciliani all’estero? Sarebbe una soluzione intelligente: ma appunto per questo in Sicilia non si fa
- Dimostrazione matematica del perché i termovalorizzatori sono una buttanata
L’emergenza rifiuti in Sicilia è una buttanata che dovrebbe giustificare una bella ‘scorpacciata’ di appalti per improbabili termovalorizzatori in vista delle elezioni regionali del prossimo anno
In questo giorni circola ‘a tipo virus’ la notizia che in Sicilia ci sarebbe una grave emergenza rifiuti e che, per fronteggiare questa grave emergenza rifiuti bisogna realizzare uno, forse due termovalorizzatori. Si tratta di una buttanata allo stato puro messa in giro dalla vecchia politica siciliana che s’illude di gestire una bella ‘scorpacciata’ di appalti in vista delle elezioni regionali del prossimo anno. Tutto bene, allora, nella gestione dei rifiuti nella nostra Isola? No, tutto male, perché ancora oggi la metà o forse più dei rifiuti prodotti in Sicilia finiscono tali e quali nelle discariche. Sono soprattutto tre i Comuni dove la percentuale di raccolta differenziata è bassissima: sono i Comuni di Palermo, Catania e Messina. In pratica, i rifiuti di questi tre Comuni vengono seppelliti nelle discariche, con un giornaliero via vai di mezzi gommati pesanti chini ‘i munnizza che inquinano mezza Sicilia. La verità è che gli attuali governanti regionali invece di straparlare a destra e a manca di termovalorizzator dovrebbero commissariare i Comuni di Palermo, Catania e Messina per manifesta inadeguatezza e imporre con la gestione commissariale la raccolta differenziata dei rifiuti. Invece assistiamo a un balletto inverecondo, con la solita, vecchia politica siciliana, ormai a corto di voti, che cerca di ‘capitalizzare’ in termini clientelari una crisi dei rifiuti inventata di sana pianta nell’illusione – perché è solo un’illusione – di arraffare qualche ricca milionata di euro per iniziare a ‘rutuliare’ con i termovalorizzatori. Una storia, quella dei termovalorizzatori, che ritorna ogni anno. Proviamo a vedere, per grandi linee, come stanno le cose.
Impossibile, ancora oggi, opporsi al sistema delle discariche. Chi l’ha fatto ha perso
Il ‘casino’, in questo settore, c’è. La discarica di Palermo – Bellolampo – dovrebbe essere chiusa da oltre un ventennio e forse più. Invece per motivi inspiegabili è ancora aperta e, addirittura!, vorrebbero realizzare la settima vasca, dopo aver inquinato l’aria, i terreni e anche il mare. Problemi anche per la discarica di Lentini, una bomba ecologica che dovrebbe chiudere nel giro di qualche settimana. Inutile ribadire che la responsabilità dell’attuale ‘bordello’ è legata a scelte adottate alla fine degli anni ’90 del secolo scorso e peggiorate nei primi anni del 2000 con l’istituzione degli ATO rifiuti, vere e proprio ‘macchine mangiasoldi’. Il tutto nel quadro di scelte strategiche sbagliate, imperniate sulle discariche al posto della raccolta differenziate, discariche in buona parte private. Inutile contestare queste scelte: chi l’ha fatto l’ha pagato o con l’allontanamento da posti di responsabilità (è il caso dell’ex assessore regionale Nicolò Marino della Giunta di Rosario Crocetta, ‘silurato’ perché ha cercato di opporsi al sistema delle discariche), o con vicissitudini giudiziarie. Il sistema discariche, in Sicilia, è ancora forte, anche perché, in termini ‘trigonometrici-politici’, è ecumenico e quindi inattaccabile. Insomma, inutile girarci attorno: il sistema delle discariche, in Sicilia, è ancora oggi retto da personaggi forti, potenti e prepotenti. Non a caso, ancora oggi, tolte le discariche di Bellolampo e di Lentini, le discariche aperte possono abbancare rifiuti per altri due anni e, forse, per altri tre anni senza problemi. Chi afferma il contrario nel nome di un’emergenza rifiuti che non c’è mente sapendo di mentire.
I rifiuti siciliani all’estero? Sarebbe una soluzione intelligente: ma appunto per questo in Sicilia non si fa
E i rifiuti all’estero? Questo è un tema serio. Una soluzione che altre Regioni italiane – Lazio, Puglia, Campania e Calabria – mettono in atto già da qualche anno. Alla Sicilia servirebbe, per evitare che tutti i rifiuti delle città che ignorano la raccolta differenziata – Palermo, Catania Messina e altri centri – continuino ad inquinare la Sicilia. Portare i rifiuti all’estero avrebbe lo stesso costo di fare girare i rifiuti in lungo e in largo per la Sicilia, riducendo l’inquinamento della nostra Isola. Facciamo l’esempio di Palermo, giusto per illustrare perché sarebbe giusto trasferire i rifiuti all’estero presso Paesi che, tra la fine degli anni ’90 e i primi del 2000, hanno realizzato grandi termovalorizzatori che oggi non hanno immondizia da bruciare. Impianti per la termovalorizzazione dei rifiuti che entro il 2030 dovranno essere spenti. Ebbene, oggi Palermo – città che gestisce malissimo il settore rifiuti – trasferisce i propri rifiuti a Castellana Sicula, nell’area delle Madonie, a Enna e a Siculiana, in provincia di Agrigento. Dopo avere inquinato Bellolampo e le aree vicine, Palermo va a inquinare con la propria immondizia le Madonie, Enna e Siculiana. Questo succede perché oggi, tra i cittadini siciliani, non c’è la coscienza civile per chiedere, magari con proteste civili ma ferme, di porre fine al trasferimento dei rifiuti da una provincia all’altra inquinando mezzo mondo! Sarebbe molto più logico trasferire questi rifiuti all’estero, ad un costo – lo ribadiamo – che sarebbe uguale al costo che si sostiene per portare i rifiuti di Palermo in giro per la Sicilia.
Dimostrazione matematica del perché i termovalorizzatori sono una buttanata
Ci sarebbe anche da parlare di come in Sicilia, con la gestione commissariale, nell’arco di un quindicennio (grosso modo dal 2000 al 2015), la politica ha fatto letteralmente sparire circa un miliardo di euro per impianti alternativi alle discariche, per la precisione in buona parte impianti di compostaggio. Ma ormai, come si dice in Sicilia, s’ammuccaru ‘a qualunque e va piscali uni sunnu ‘sti picciuli... Andiamo, infine, alla buttanata dei termovalorizzatori. Il Governo regionale di Totò Cuffaro presentò il bando per la realizzazione di quattro termovalorizzatori nel 2002. Cinque anni dopo, nel 2007, le procedure risultavano ultimare solo per il termovalorizzatore di Paternò. E Cuffaro agiva in regime commissariale, con procedure semplificate. Se non fosse intervenuta la magistratura europea, bloccando tutto, i termovalorizzatori programmati dal Governo Cuffaro sarebbero stati completati tra il 2012 e il 2014. Cioè dopo dieci-dodici anni! Cosa vogliamo dire? Che quando l’attuale Governo regionale dichiara che i termovalorizzatori servono per affrontare una crisi dei rifiuti (che, come abbiamo raccontato, non c’è) dice cose non vere: non solo non c’è l’emergenza rifiuti, ma nasconde due cose fondamentali. La prima – parlano i fatti – è che per realizzare un termovalorizzatore passerebbero almeno dieci anni: la seconda cosa che l’attale Governo regionale non dice è che, nel 2030 – se l’Unione europea esisterà ancora – bisognerà riciclare non meno del 75% dei rifiuti e bisognerà ridurre drasticamente le emissioni di sostanze inquinanti nell’area. Quindi la Sicilia dovrebbe accendere i termovalorizzatori proprio quando l’Unione europea – anno 2030 – ne disporrebbe lo spegnimento!
Foto tratta da Normanno.com
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