- Così i piemontesi hanno ricompensato gli ufficiali felloni del Regno delle Due Sicilie
- I garibaldini ringraziano i traditori: Iddio li fa e poi li accoppia…
- Un «messaggio» che non convince
- Le menzogne del generale Landi
- La fortuna dei manipolatori della storia della conquista anglo-piemontese-garibaldina e mafiosa della Sicilia
Così i piemontesi hanno ricompensato gli ufficiali felloni del Regno delle Due Sicilie
In una recente pubblicazione di qualche anno fa sulla battaglia di Pianto Romano, a cura dell’Assemblea regionale siciliana e del Comune di Calatafimi, possiamo cogliere un’altra perla delle memorie del Duce dei Mille. «La vittoria di Calatafimi, benché di poca importanza per ciò che riguarda gli acquisti, avendo noi conquistato un cannone, pochi fucili e pochi prigionieri, fu d’un risultato immenso per l’effetto morale incoraggiando le popolazioni e demoralizzando l’esercito nemico. I pochi filibustieri senza galloni o spalline, di cui si parlava con solenne disprezzo, avevano sbaragliato più migliaia delle migliori truppe del Borbone con artiglieria, ecc., e comandate da un Generale di quelli che come Lucullo mangiano il prodotto di una provincia in una cena… I Borbonici, sconfitti, durante la notte abbandonarono Calatafimi e ripiegarono su Alcamo per poi proseguire per Partinico e Palermo». È evidente come Garibaldi continui a deridere galloni, spalline e divise dell’esercito delle Due Sicilie. Non ci sembra, per la verità, la persona più adatta per muovere critiche del genere, se si considera che il suo modo di vestire, a cominciare dal poncho, era tutt’altro che sobrio. Ma evidentemente il Duce dei Mille vuol far dimenticare che quei soldati Meridionali, che gli gridavano in faccia «Viva lo Re!», sapevano anche combattere valorosamente e che l’intervento inglese ed il tradimento di ufficiali corrotti e venduti avevano provocato la loro sconfitta e la fine del Regno del Sud. E ricordiamo che proprio a Calatafimi quei soldati avevano combattuto in condizioni di svantaggio, perché in grande inferiorità numerica, con scarse munizioni e traditi dal Generale Landi. Avevano lasciato il campo di battaglia a malincuore e soltanto dopo che il Landi aveva fatto suonare la ritirata.
I garibaldini ringraziano i traditori: Iddio li fa e poi li accoppia…
Per quanto riguarda gli alti ufficiali Borbonici, traditori, rinunciatari o pentiti, sappiamo bene che molti di questi transiteranno nell’Esercito del Regno d’Italia con onori e riconoscimenti pari al peso del rispettivo tradimento. C’è poco, insomma, di che vantarsi per il Generale-Dittatore. Aggiungiamo che, parlando del Landi, Garibaldi si inventa un paragone assai strano: «…Generale come quelli di Lucullo che mangiano il prodotto di una provincia in una cena…». Parla cioè di una voracità e di un’attitudine allo sperpero, che non hanno niente a che vedere con il comportamento sul campo o con le capacità militari del Landi stesso. La voracità e l’avidità, messe in luce dall’Eroe Nizzardo, ci richiamano alla mente piuttosto l’episodio dell’assegno di quattordicimila ducati relativi al tradimento dello stesso Landi per denaro… E non è soltanto vox populi. Certamente Garibaldi non vuole che si parli di tradimento, ma, diciamolo francamente, nel cercare di distrarci dall’argomento, si tradisce a sua volta. Freud insegna.
Un «messaggio» che non convince
Il Generale Landi sarà utile all’economia dell’impresa dei Mille, non solo per il tradimento e per la ritirata, ma anche per un dispaccio inviato al Comando Generale di Palermo per chiedere ulteriori rinforzi. Questo messaggio sarebbe stato intercettato dagli uomini del Colonnello ungherese Stefano Türr e non sarebbe mai arrivato a destinazione, secondo alcune versioni. Secondo altre versioni, i Garibaldini lo avrebbero fatto pervenire comunque al Comando Duosiciliano, dopo averne letto e diffuso il contenuto, nell’ambito di un’offensiva psicologica. Per gettare ancor più nello scoraggiamento e nel dubbio gli ufficiali dell’Esercito Duosiciliano. Osserviamo, però e subito, che il messaggio del Landi non è cifrato. Imperdonabile distrazione, questa, che ci fa però aumentare il sospetto che si tratti di documento apocrifo. Ma, ancorquando autentico, quel documento in sé non avrebbe cambiato nulla. La sconfitta di Calatafimi, se seguita da opportune iniziative da parte del Comando Militare di Palermo, sarebbe stata facilmente neutralizzata e recuperata, con o senza l’apporto della colonna Landi. Leggiamo, comunque, il dispaccio del Generale Landi: «…Aiuto, pronto aiuto. Le bande uscite da Salemi hanno coronato tutte le alture a Sud e a Sud-Ovest di Calatafimi – i rivoltosi sbucano da ogni dove – le masse dei Siciliani uniti alla truppa italiana sono d’immenso numero – i nostri hanno ucciso il gran Comandante della banda italiana ed hanno preso la sua bandiera che conserviamo noi – disgraziatamente un pezzo della nostra artiglieria caduto da un mulo è rimasto nelle mani dei ribelli – io sono a Calatafimi sulla difensiva… prego spiccare a volo un forte rinforzo di fanteria e almeno mezza batteria, perché le masse sono enormi – temo d’essere aggredito e mi difenderò quanto potrò… concludo che tutta la colonna si è battuta con vivo fuoco dalle 10 antimeridiane alle 15 pomeridiane»n (20).
Le menzogne del generale Landi
Qual è la truppa italiana? Dov’è la rivoluzione? Notiamo facilmente che gli errori, o per meglio dire le inesattezze (per non dire le menzogne), sono così grosse e grossolane da rendere ridicolo il documento. Il Landi sosterrebbe che le «masse dei “Siciliani”, unite alla truppa “italiana”, sono di immenso numero». Sappiamo bene che non è questa la situazione reale. Ma a chi giova, se non ai Garibaldini stessi, una versione dei fatti nella quale si dice che la popolazione combatte a fianco dei Garibaldini? E nella quale non si parla delle bande dei picciotti, ma solo della popolazione e della banda italiana? Dobbiamo notare altresì che la differenza fra Italiani e Siciliani non era molto familiare al linguaggio degli ufficiali Duosiciliani. Lo è e lo sarà, costantemente, per gli ufficiali settentrionali venuti in Sicilia, prima e dopo la proclamazione del Regno d’Italia. Ci pare strano che un Generale dell’Esercito delle Due Sicilie – al servizio cioè di quel Re che ufficialmente veniva chiamato «Sua Maestà Siciliana» – usasse in modo discriminatorio il termine Siciliani. Avrebbe usato l’espressione ribelli, rivoltosi, o altro termine simile. Era infatti la Sicilia che aveva dato e dava la denominazione al Regno di Francesco II. Delle Due Sicilie appunto, dal 1816.Analoga considerazione va fatta per il termine «italiano». Sì, perché i Borbonici si sentivano a loro volta Italiani. Ed il Landi, in particolare, era stato carbonaro e fautore dell’Unità d’Italia. Italianissimo, quindi, egli stesso per cultura e tradizione… e per colonialismo culturale.
La fortuna dei manipolatori della storia della conquista anglo-piemontese-garibaldina e mafiosa della Sicilia
Entrando tuttavia nei dettagli più specificatamente militari, rileviamo che il Landi chiederebbe un forte «rinforzo di fanteria e almeno mezza batteria». A quale scopo, se ha già deciso di ritirarsi? Sappiamo bene che è stato lui – e soltanto lui – a volere la ritirata, la sconfitta ed il ripiegamento (sarebbe più esatto dire la volontaria fuga) su Palermo. La richiesta di rinforzi è quindi assurda. Se fossero arrivati, gli invocati rinforzi a volo non avrebbero trovato più il Landi, né a Calatafimi, né nelle vicinanze. La sua ritirata è descritta da tutti, infatti, come precipitosa. Un’altra assurdità merita di essere evidenziata. Se le masse dei Siciliani erano così enormi, perché il Landi avrebbe chiesto appena mezza batteria? E perché solo fanteria e non anche la cavalleria, che oltretutto sarebbe arrivata prima? Perché poi affermare che era stato ucciso il gran Comandante della banda italiana, cioè lo stesso Garibaldi? Una menzogna, questa, che sarebbe stata smentita subito e che avrebbe ridicolizzato ancora di più il Landi. Ed anche per questa menzogna potremmo trovare una spiegazione in chiave froidiana. Solo i Garibaldini avevano interesse di esorcizzare, magari scherzandovi su, la paura che Garibaldi venisse ucciso. Paura reale durante la battaglia di Pianto Romano, allorché si gridò: «Salviamo il Generale!». Insomma: se il dispaccio fosse vero, dimostrerebbe ancora una volta la inaffidabilità del Landi (21). Se fosse falso (ipotesi, questa, alla quale noi daremmo maggiore credibilità), dovremmo dire che i manipolatori di parte garibaldina si sarebbero troppo divertiti ad esagerare; tanto da fare emergere tutto il loro interesse propagandistico, financo in modo assai rozzo. A rischio di effetto boomerang. La fortuna dei manipolatori della storia della conquista anglo-piemontese-garibaldina e mafiosa della Sicilia, sarebbe stata quella di trovare una macchina propagandistica nella cultura ufficiale, successiva all’annessione. Una cultura dominante, cioè, ancora più spregiudicata di quella, loro contemporanea, del biennio 1860-1861. Una macchina che avrebbe accettato per buono quel documento utilizzandolo fino ai nostri giorni in maniera strumentale. E ciò, a prescindere da altre considerazioni.
Giuseppe Scianò E nel mese di Maggio del 1860 la Sicilia diventò colonia!
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