- L’eroe dei due mondi che secondo mondo – nel modo sudamericano – non andava molto per il sottile, ma questi particolari della vita di Garibaldi ancora oggi vengono tenuti nascosti
- Non ci stiamo inventando niente: anche qualche storico racconta che Garibaldi “trasportava cinesi per lavorare il guano”
L’eroe dei due mondi che secondo mondo – nel mondo sudamericano – non andava molto per il sottile, ma questi particolari della vita di Garibaldi ancora oggi vengono tenuti nascosti
Il 10 gennaio 1852, la Carmen, battente bandiera peruviana, al comando di Garibaldi, carica di guano, parte da Lima per raggiungere Canton tre mesi dopo, il 10 aprile. Dalla Cina, dopo aver venduto il fertilizzante, ripartirà per il Sudamerica con un carico di differenti generi: seta e ‘cineserie’. “Pronto il carico, lasciammo Canton per Lima”, riporta Garibaldi nelle sue memorie. Ma di quale carico si trattasse non viene precisato dal nostro ‘eroe’, al contrario di altri casi dove nei suoi ricordi è pieno di dovizie di particolari. Chi, invece, è nella fattispecie prodigo di notizie e di lodi nei confronti del nizzardo è il suo armatore, Giuseppe Denegri, il quale mai si stancava di ripetere che “Garibaldi mi ha sempre portato cinesi (‘coolies’) grassi e in buona salute”. L’armatore era contento perché, normalmente, avveniva che l’indice di mortalità fosse altissimo: tra il 15 e il 20% degli schiavi trasportati. Quindi, Garibaldi nel suo lavoretto da negriero era, in buona sostanza, a detta di Denegri, abbastanza umanitario, perché, durante il viaggio, trattava i ‘coolies’ più come uomini che come bestie. Praticamente, con queste affermazioni l’armatore intendeva ringraziare Garibaldi, schiavista buono, che non gli aveva deteriorato il “carico”, consentendogli così più lauti guadagni. Ovviamente, il Denegri ometteva di dire quale fine facessero poi i coolies trasportati in genere dalle navi negriere, secondo gli usi e gli abusi di quei tempi e di quelle terre. I cinesi sbarcati a Cuba erano venduti in un apposito mercato e trattati come cani e maiali!
Non ci stiamo inventando niente: anche qualche storico racconta che Garibaldi “trasportava cinesi per lavorare il guano”
In Perù la situazione di quei poveretti era altrettanto tragica, in particolare per quelli impiegati nelle cave di guano (le guaneras) dove venivano sfruttati e giorno e notte sorvegliati da guardie armate per evitare che si suicidassero… in una intervista del 20 gennaio 1982 (sul giornale la Repubblica), nel centenario della morte del plurieroe, anche Giorgio Candeloro, storico del cosiddetto risorgimento, alla giornalista Laura Lilli che gli chiedeva una “valutazione su un Garibaldi vero, fuori retorica”, lo storico confidava: “Comunque Garibaldi, un po’ avventuriero, un po’ uomo d’azione, non era tipo da lavorare troppo a lungo in una fabbrica di candele. Va in Perù; e, come capitano di mare, prende un ‘comando’ per dei viaggi in Cina. All’andata trasportava guano (depositi di escrementi di uccelli che si trovano nelle isole al largo del Perù), al ritorno trasportava cinesi per lavorare il guano: la schiavitù in Perù era stata abolita e il guano non voleva lavorarlo più nessuno”.
Ignazio Coppola
Foto tratta da Vesuvio Live
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