- La Dinastia Altavilla o Normanna/ La conquista normanna e la Gran Contea di Ruggero I
- L’arrivo in Sicilia dalla lontana Normandia
- Ruggero: la conquista di Messina e l’inizio di una signoria nuova
- I due Fratelli Roberto e Ruggero alla conquista del Val Demone
- La battaglia di cerami e il saccheggio dei ‘pirati’ pisani a Palermo
- I Normanni si cimentano nella loro prima battaglia navale
- Ruggero il “Gran Conte” di Sicilia
La Dinastia Altavilla o Normanna/ La conquista normanna e la Gran Contea di Ruggero I
La prima dinastia a regnare sulla Sicilia è quella che fondò lo stesso Regno di Sicilia: gli Altavilla dalla Normandia. I Normanni erano un popolo già insediato stabilmente nel nord della Francia, nell’omonima regione (la Normandia), ai primi del X secolo, discendente dai Vichinghi che per un secolo circa avevano infestato le coste della Francia provenendo a loro volta dalla Danimarca e dalla Norvegia, ma ormai cristianizzati e definitivamente integrati nella monarchia francese da generazioni. Erano ora approdati nell’Italia meridionale, nei primi anni soltanto come cavalieri di ventura. Da lì a signori feudali il passo fu abbastanza breve, approfittando del caos politico plurisecolare che vi regnava: terreno di scontro tra Imperatori bizantini da un lato, Sacri Romani Imperatori e Pontefici dall’altro, e in mezzo piccole signorie derivate dallo smembramento del Ducato Longobardo di Benevento, ovvero repubbliche marinare campane progressivamente resesi autonome dall’Impero d’Oriente.
L’arrivo in Sicilia dalla lontana Normandia
Due furono le famiglie che riuscirono a crearsi uno spazio politico nel Sud Italia. Una fu quella dei Drengot (la prima), che ottenne dapprima la piccola Contea di Aversa (1029), e poi il più grande Principato di Capua nel 1062, cui poi avrebbero annesso anche il Ducato di Gaeta. Ma la più fortunata fu quella degli Altavilla, costituita dai figli cadetti di un modestissimo barone del Cotentin, nella lontana Normandia, venuti con al seguito alcune centinaia di cavalieri normanni e, forse, anche brettoni. Gli Altavilla, in particolare Guglielmo Braccio di Ferro, che già si era distinto in Sicilia come mercenario al seguito di Giorgio Maniace, ottennero dapprima la piccola Contea di Melfi (1043), poi eretta a Ducato di Puglia (o di Puglia e Calabria), annettendo ciò che restava del Ducato di Benevento (comprendente Sannio e Molise, ma lasciando la città di Benevento al Papa), e strappando, terra dopo terra, Basilicata, Calabria e Puglia ai Bizantini, infine inglobando lo stesso Principato longobardo di Salerno (1077) di cui all’inizio erano stati un feudo. Entrambi gli Stati normanni si posero presto sotto l’alta sovranità feudale del Papa, ciò che i loro eredi politici (i re di Napoli) avrebbero mantenuto sino alle guerre napoleoniche, ancorché si trattasse di una sudditanza puramente simbolica. Dopo il fondatore della Contea di Puglia, Guglielmo Braccio di Ferro, e in successione i suoi due fratelli Umfredo e Drogone, il primo dei fratelli Altavilla che elevò il titolo Duca di Puglia e Calabria fu Roberto il Guiscardo, colui che governava su gran parte dell’Italia meridionale all’epoca dello sfaldamento dell’emirato in Sicilia. Quand’ancora questi non aveva cacciato del tutto i Greci dalla Puglia, infeuda la punta estrema della Calabria (quale Conte di Mileto) all’ultimo arrivato, il più giovane dei fratelli Altavilla, Ruggero, detto Bosso (1059), insieme al quale espugna ai bizantini Reggio e Squillace (1060) completando così la conquista di questa regione.
Ruggero: la conquista di Messina e l’inizio di una signoria nuova
Ruggero, dopo alcuni contatti non decisivi con notabili messinesi cristiani, è chiamato in aiuto dall’emiro di Siracusa, Ibn Thumna, nella sua lotta contro l’emiro di Castrogiovanni Ibn al Hawwâs, suo cognato. Da qui prendono inizio le spedizioni normanne in Sicilia. La prima, nel 1060, non si traduce in una conquista stabile, mentre la seconda, iniziata alla fine di febbraio del 1061, termina con la conquista di Messina, con cui si dà inizio in Sicilia ad una signoria nuova. L’anno precedente il fratello Roberto il Guiscardo era stato investito dal Papa, oltre che duca di Puglia e Calabria, anche “duca di Sicilia” per una terra ancora tutta da conquistare. Tale investitura, ad avviso nostro, era del tutto illegittima e del resto sarebbe stata del tutto ignorata dalla storiografia nazionale siciliana nei secoli a venire. I Papi, in forza di possedimenti di diritto privato avuti in Sicilia prima dell’esproprio dei beni da parte dell’Imperatore Leone III Isaurico, si dichiararono – non si sa bene su quali basi giuridiche – signori dell’Isola e, erigendola in Ducato, quasi ne stavano facendo una proiezione insulare dell’Italia. Tutta l’Italia, infatti, sia quella franco-longobarda (la “Lombardia”), sia quella bizantina (la “Romània”) era stata politicamente divisa in “Ducati”, sin dalla fine del VI secolo almeno. Ma, nel far questo, dimenticavano che la Sicilia non aveva mai fatto parte giuridicamente dell’Italia, nemmeno sotto i Romani.
Di fatto sulle prime la base giuridica del nuovo Stato di Sicilia, come il diritto pubblico dell’epoca, è piuttosto confusa. Le conquiste sono all’inizio divise tra Ruggero e Roberto, poi, poco a poco, per diritto di conquista, Ruggero diventa il Signore dell’Isola, riconoscendo appena un’alta autorità feudale al fratello Roberto, e più nulla dopo la morte di questo. Ma è bene andare con ordine, seguendo le fasi principali di quella guerra, durata circa un trentennio, da cui sarebbe nato lo Stato siciliano moderno.
I due Fratelli Roberto e Ruggero alla conquista del Val Demone
Dopo la conquista di Messina (1061) i due fratelli, Roberto e Ruggero, si lanciano in una felice campagna nel Val Demone, a stragrande maggioranza abitato da popolazione cristiano-ortodossa, accolti dappertutto come liberatori. I due fratelli attaccano la signoria ennese di Ibn al Hawwâs da nord, mentre questa combatte a sud contro le truppe di Ibn Thumna, alleate dei Normanni, e attaccano anche da est la repubblica islamica di Palermo, alleata di Castrogiovanni. Finita la campagna del primo anno, Roberto lascia Ruggero governare per suo conto le nuove incerte conquiste e ritorna nel Ducato di Puglia a riprendere la guerra contro i Greci. Ruggero chiama dalla Normandia e sposa un suo amore giovanile, Giuditta d’Evreux, che diventa la prima sovrana consorte della moderna Sicilia. Senza l’aiuto del fratello Ruggero riesce a rinsaldare i confini della nuova conquista, afforzando Troina verso sud e Petralia verso ovest (1062). In una spedizione al fianco dei Normanni nella Sicilia occidentale, ad Entella, Ibn Thumna è attirato in un agguato e ucciso, considerato come traditore dagli Arabi di Sicilia. A questo emiro siciliano, alla fin fine, stava toccando esattamente la stessa sorte che qualche secolo prima era toccata ad Eufemio, anche lui “colpevole” di aver richiesto aiuto all’esterno, chiamando i nuovi invasori.
La battaglia di cerami e il saccheggio dei ‘pirati’ pisani a Palermo
I suoi successori in Val di Noto, tuttavia, restano per qualche anno in buoni rapporti con i Normanni. Nel frattempo i due fratelli in un frangente arrivano addirittura a scontrarsi militarmente fra di loro, giacché Ruggero non poteva trarre sufficienti forze e risorse dalle poche e incerte conquiste siciliane, né poteva bastargli la piccola Contea di Mileto. Ruggero stava sopportando il grosso dell’opera e in più trovava il tempo di aiutare il fratello nella campagna di Puglia contro i bizantini. Alla fine i due fratelli si riabbracciarono e si accordarono. La Calabria restava parte del Ducato di Puglia, con Ruggero vassallo di Roberto, ma tutti i castelli e le città di Calabria erano divisi a metà tra i due fratelli, dal Pollino a Reggio, diventando così Ruggero signore di “mezza” Calabria, e potendosi in qualche modo considerare soddisfatto. Gli Arabi di Sicilia (ma non gli alleati dei Normanni del Val di Noto) chiamano in aiuto gli Ziriti d’Africa che intervengono con un poderoso esercito. Ma questi sono sconfitti nella decisiva battaglia di Cerami (1063) , mentre – approfittando del caos e del declino della Sicilia musulmana – i Pisani forzano il porto di Palermo, saccheggiando la capitale e dimostrando che ormai la flotta arabo-sicula era soltanto l’ombra della potenza che era stata fino a poco tempo prima. Dopo di che, nonostante un breve ritorno di Roberto in Sicilia (1064), la guerra entra in una fase di stallo per alcuni anni, durante i quali tra l’altro muore anche l’emiro Ibn Hawwâs di Castrogiovanni (Enna). Sarà Ruggero a sbloccare la situazione ancora una volta, sconfiggendo gli Arabi a Misilmeri (1068), mentre il fratello Roberto era ancora impegnato in Puglia, dove nel 1071, con la caduta di Bari, avrebbe finalmente scacciato per sempre l’Impero Romano d’Oriente. In contemporanea alla conquista di Bari, Ruggero entra a Catania, dopo di che volge le sue forze contro la capitale. Dopo un lungo assedio, terrestre e navale, in cui i cavalieri normanni mostrano tutto il loro valore, e in cui interviene nel frattempo anche Roberto il Guiscardo, i Normanni entrano a Palermo nei primi giorni del 1072, poco dopo prendendo anche Mazara che da sempre era strettamente legata politicamente alla capitale.
I Normanni si cimentano nella loro prima battaglia navale
Con l’aiuto della città di Messina, a Palermo per la prima volta i Normanni si cimentano in una battaglia navale. La presa di Palermo vede accrescere la potenza della flotta normanna, con ciò che restava della flotta arabo-sicula. A Palermo, ancora, è trovato l’unico vescovo cristiano (di rito greco) semiclandestino, Nicodemo che, liberato, è riconosciuto arcivescovo di Palermo e celebra solennemente messa nella cattedrale, riconvertita immediatamente da moschea al culto cristiano. Ruggero, con grande intelligenza, è cosciente di aver preso una metropoli in gran parte musulmana, e usa grande tolleranza con i vinti, lasciando loro libertà di culto, come pure agli ebrei, facendo dei primi uno strumento di controllo dello Stato alternativo ai feudatari, e fonte di centralità del potere statuale.
La presa di Palermo è occasione per dare ordine ad una dominazione che sino ad allora era stata solo di fatto, in pratica nient’altro che un’occupazione.
Ruggero il “Gran Conte” di Sicilia
Roberto, Duca di Puglia, non prende il promesso titolo di Duca di Sicilia, per il quale era stato investito, ma si accontenta di essere signore delle maggiori e più grandi conquiste: il Val Demone (almeno la parte settentrionale al di là dei Nebrodi, in pratica l’attuale provincia di Messina all’incirca), e la città di Palermo, lasciando invece Ruggero altrettanto “signore” delle terre di confine conquistate al di là di queste terre, da Catania a Mazara, sotto un’alta autorità feudale del fratello (in pratica con l’obbligo di soccorrerlo in caso di guerra e nient’altro). La città di Palermo è affidata, secondo tradizione araba, a un “emiro”, che è ora soltanto il governatore della città e della sua flotta cittadina, ma questi non è più scelto tra i musulmani, bensì tra i greco-siculi appena liberati. Ruggero si trova quindi signore praticamente assoluto di un dominio alquanto strano, un po’ frastagliato, insicuro, parte in Sicilia e parte in Calabria, senza un titolo preciso, che non fosse il suo diritto di conquista. Le terre conquistate sono affidate ai conti, e sotto di questi ai baroni, e infine ai militi, gettando le basi della feudalità siciliana. Ruggero, un po’ per distinguersi da questi, non potendo essere “duca” come il fratello, si fa chiamare “Gran Conte” di Sicilia e di Calabria, con un profilo istituzionale ancora assai incerto.
Fine dodicesima puntata/ Continua
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Foto tratta da L’Ettore
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