I pasticci della contabilità siciliana: la dimostrazione che i primi nemici della Sicilia sono i suoi governanti!

1 febbraio 2021
  • Lo sappiamo: l’articolo è un po’ ‘tecnico’: ma non c’è altro per raccontare come i governanti siciliani penalizzano 5 milioni di siciliani
  • La Regione siciliana può regolare la propria contabilità interna come ritiene più opportuno: perché non lo fa?
  • Gli anni gloriosi dei Governi regionali di Angelo Bonfiglio e Piersanti Mattarella
  • Decreto nazionale 118: è la Regione siciliana che si è ‘auto-incaprettata’ 
  • Il grande inghippo di circa 6 miliardi di euro ‘cancellati’ dal Bilancio della Regione siciliana
  • Il Decreto 118 tutela le Regioni a Statuto speciale. Ma la Regione siciliana ha detto ciò che si dice a Poker quando ci si ritira: “Passo”…

 

Lo sappiamo: l’articolo è un po’ ‘tecnico’: ma non c’è altro modo per raccontare come i governanti siciliani penalizzano 5 milioni di siciliani

Non c’è alcun dubbio: i principali nemici della Sicilia stanno nella stessa Sicilia. Noi denunciamo da anni le violazioni dello Statuto da parte dello Stato, ma lo Stato non sempre è il maggiore responsabile. Gli ascari sono nella nostra Isola, qualche volta annidati nel Governo regionale e nelle burocrazie incompetenti e corrotte, nei gran commis che entrano e escono dalle commissioni regionali: in servizio, incaricati, a riposo, uno scempio comunque. Oggi vogliamo raccontarvi un’altra delle vergogne della Colonia Sicilia, una delle tante. Questa volta non parleremo dei soldi che la Regione regala allegramente allo Stato, ma del modo in cui la Regione tiene i propri conti: non è lo scippo in sé, ma quanto diremo è perfettamente funzionale allo scippo. Sono argomenti tecnici ma cercheremo di essere quanto più divulgativi possibile.

La Regione siciliana può regolare la propria contabilità interna come ritiene più opportuno: perché non lo fa?

E allora, cominciamo con il dire che la Regione siciliana, in teoria, può regolare la propria contabilità interna come ritiene più opportuno, avendo come unico limite, oltre ai principi generali del nostro ordinamento costituzionale, una blandissima prescrizione dell’art. 19 dello Statuto che le impone di avere un anno finanziario coincidente con quello dello Stato e di approvare i propri documenti di programmazione con 5 mesi di anticipo rispetto all’inizio dell’anno stesso (norma, quest’ultima, mai applicata, né in termini di legge, né di fatto). Anche volendo interpretare questa norma estensivamente, si potrebbe dire che la Regione debba rendere i propri conti omogenei, confrontabili, consolidabili con quelli dello Stato, ma nulla più. Come del resto è per tutte le Regioni a Statuto speciale. Addirittura potrebbe regolare pure la contabilità degli enti locali soggetti alla sua legislazione esclusiva, ma i ‘califfi’ dell’Assemblea regionale siciliana sono sempre guardati bene da prendere iniziative in tal senso. Tuttavia, in effetti, enti locali a parte, la Regione era partita benino agli inizi. Per quasi trent’anni ha preferito non avere una propria legge di contabilità, limitandosi ad adattare la Contabilità dello Stato in maniera analogica alla propria: erano le singole leggi di approvazione del bilancio e del rendiconto a determinare di volta in volta la struttura e le norme di contabilità e bilancio, per il resto si faceva rinvio a norme dello Stato, anche molto risalenti, alla sistematizzazione che questo aveva fatto della materia agli inizi degli anni ’20 del secolo passato, seguendo poi le innovazioni con quel minimo che serviva. Ad esempio, lo Stato nel 1964 portava l’esercizio a coincidere con quello annuale, e la Regione lo aveva seguito in questa riforma.

Gli anni gloriosi dei Governi regionali di Angelo Bonfiglio e Piersanti Mattarella

Neanche la creazione delle Regioni a Statuto ordinario ebbe alcun effetto. Queste seguivano una legge-quadro stabilita dallo Stato, integrata poi da normativa regionale. La Sicilia, come le altre quattro Regioni a Statuto speciale, assomigliava più allo Stato che alle altre Regioni, perché si poteva dotare di leggi proprie in materia. Nel 1977, all’epoca del Governo regionali di Angelo Bonfiglio prima e di Piersanti Mattarella dopo, la Sicilia fa infatti una grande innovazione: introduce il bilancio pluriennale (per il rendiconto continua a lavorare in analogia alle leggi dello Stato). La legge, molto innovativa, è recepita, al contrario, dallo Stato nel 1978. A quei tempi la Sicilia faceva da scuola e laboratorio per l’Italia. La legge del 1977, tra alti e bassi, con emendamenti non sempre migliorativi, segue la vita della Regione fino al 2015, segnandone di fatto il progressivo declino.

Decreto nazionale 118: è la Regione siciliana che si è ‘auto-incaprettata’ 

Nel 2016 la potestà legislativa della Regione in materia di contabilità pubblica sembra spazzata via da una grande riforma statale della materia, chiamata “Armonizzazione contabile”. Già preannunciata dalla legge n. 196 del 2009, questa entra in cantiere con un decreto legislativo, il n. 118 del 2011, oggi vera sorta di testo unico sulla contabilità pubblica. Sembra dunque che l’introduzione di questa legge abbia mutilato le prerogative della Regione e che lo Stato abbia violato lo Statuto speciale; ma è proprio così?
Andando a vederla da vicino, si scopre che le peggiori responsabilità – come accennavamo all’inizio – sono da cercarsi nella Regione stessa. Lo Stato, con tutti i difetti e il centralismo che strutturalmente ha, aveva proposto nei primi del decennio proprio alla Sicilia di partecipare alla sperimentazione nell’attuazione del decreto 118, PROPRIO PER TENERE CONTO DELLE PECULIARITÀ DI UNA REGIONE A STATUTO SPECIALE. Perché? Perché un vestito cucito sulle Regioni a statuto ordinario poteva non adattarsi bene ad una Regione che avesse una struttura di entrate e spese molto diversa da quella delle Regioni a statuto ordinario. E qui, a un certo punto, non si capisce bene perché, la Regione – sono gli anni del Governo di Raffaele Lombardo – “esce dalla sperimentazione”. In altre parole “se ne fregano”, rinviano il problema. La sperimentazione? Ma non perdiamo tempo, per favore. Abbiamo la Legge 47 del 1977 che va benissimo, poi se ne parla…

Il grande inghippo di circa 6 miliardi di euro ‘cancellati’ dal Bilancio della Regione siciliana

Superata tanta negligenza, nel 2015 tutte le amministrazioni pubbliche d’Italia partono con la nuova norma. Ne restano fuori solo due enti: lo Stato e la Regione siciliana. Ma il primo perché, in virtù della propria supremazia, non si assoggetta al decreto 118 (progressivamente e di fatto ci va entrando, ma coi suoi tempi); la seconda perché l’elefante era stato colto impreparato.
La Sicilia entra così nel nuovo corso “a scuppuluni”, nel successivo 2016, arrunzando un po’ di qua e di là i suoi conti. Nel farlo, di passaggio, nell’estate del 2015 – sono gli anni del Governo regionale di Rosario Crocetta – si accorge che circa 6 miliardi dei propri residui attivi, tali certamente con la vecchia legge regionale (almeno se dobbiamo dare un peso alla certificazione da parte della Corte dei Conti), non sono più tali con la nuova norma e quindi vanno cancellati. Tra parentesi, come abbiamo detto più volte, tutto il mega-disavanzo della Regione, da sanare entro il 2042, nasce da quella sciagurata estate del 2015.

Il Decreto 118 tutela le Regioni a Statuto speciale. Ma la Regione siciliana ha detto ciò che si dice a Poker quando ci si ritira: “Passo”…

Ma torniamo alla legge di contabilità. La Sicilia entra nella nuova norma violando lo Statuto? In un certo senso sì, ma ancora una volta la colpa non è dello Stato, ma della Regione. L’art. 79 del Decreto 118, infatti, fa salve le prerogative delle Regioni a Statuto speciale (quando si dice che il peggiore legislatore è sempre migliore del migliore esecutore delle leggi), rinviando per l’attuazione dello stesso Decreto a modalità da stabilire nei rispettivi decreti attuativi. In pratica, è come se lo Stato dicesse alle 5 Regioni a Statuto speciale: “Adesso non so bene in che cosa siete speciali, voi conoscete meglio di me la materia. Avete capito che questa storia dell’armonizzazione è importante per consolidare i conti pubblici, ma decidiamo insieme, in commissione paritetica, che cosa è ‘grande legge di riforma dello Stato’, e quindi si applica pure da voi, e che cosa invece si deve derogare, da lasciare alla vostra legislazione”. Ora, come è possibile che nel 2016 entra la nuova norma se nel frattempo i richiamati decreti attuativi non sono stati ancora disposti? E su che base legislativa quindi sono stati abbattuti i 6 miliardi di residui attivi nel 2015? Tutto ciò naturalmente resta un mistero.

Fine prima puntata/ Continua

 

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