Eh sì, con un po’ di ritardo i parlamentari di Camera e Senato del Movimento 5 Stelle hanno capito di essere entrati in una ‘tonnara politica’ che, tra due anni, quando si voterà, li poterà fuori dal Parlamento. Si tratta di matematica politica allo stato puro: l’alleanza con il PD conviene al PD, non certo a loro. Che fare?
Nel Movimento 5 Stelle – o meglio, tra i deputati e i senatori del Movimento 5 Stelle – si è aperta la resa dei conti. La prima assemblea dei parlamentari è andata in scena oggi. Non è facile capire se ci saranno altre assemblee e tentativi vari di rimettere insieme i cocci del Movimento, come si augura l’europarlamentare siciliano, Ignazio Corrao, o se si andrà verso soluzioni che, in questo momento, si possono immaginare, ma non si possono descrivere con chiarezza.
Un fatto è certo: tra i parlamentari grillini, al di là delle dichiarazioni di maniera, nessuno è contento: sì, hanno vinto i sì al referendum, il numero dei parlamentari verrà tagliato e bla bla bla; ma alle elezioni regionali il Movimento è sotto il 10, con punte del 2-3%. Idem con patate alle elezioni comunali. Un disastro!
Vero è che alle elezioni europee i grillini hanno perso il 50% dei voti circa, rispetto alle elezioni politiche del Marzo 2018: ma anche con le previsioni più catastrofiche nessuno immaginava il tonfo di qualche giorno fa: nessuno immaginava che, in Veneto, il Movimento 5 Stelle non avrebbe eletto nemmeno un consigliere regionale!
Improvvisamente, i parlamentari grillini di Camera e Senato hanno capito di essere finiti in una specie di ‘tonnara politica’. E’ noto come funziona la tonnara: i tonni entrano in tante camere belle e accoglienti e le percorrono una dopo l’altra, fino a quando non arrivano nella camera finale, dove ha luogo la mattanza…
Lo stesso discorso vale per gli europarlamentari grillini: sono un po’ più tranquilli perché hanno la ricca indennità parlamentare per altri quattro anni: ma poi chi dovrebbe rieleggerli?
Ecco, per i parlamentari grillini di Camera e Senato la mattanza arriverà con le elezioni politiche previste tra due anni, quando, se le cose rimarranno così, scompariranno dalla scena politica e parlamentare.
Se andate a leggere sui vari giornali dell’assemblea dei grillini, con le varie dichiarazioni dei ‘capi’ o presunti tali, vi accorgerete che parlano di tutto: piattaforma Rousseau, Davide Casaleggio, “Basta con le battaglie intestine”, “l’inadeguatezza di certe scelte” e tanti altri argomenti che non affrontano l’argomento di fondo: il rovinoso rapporto con il PD e lo stesso Governo con il PD, ovvero il vero, reale e oggettivo motivo che portando il Movimento 5 Stelle alla dissoluzione.
In questa fase tutti svicolano: Alessandro Di Battista dice che il risultato elettorale ottenuto è il peggiore nella storia, ma glissa sulle ragioni vere del tracollo elettorale. Eppure, proprio lui, era stato invitato da Gianluigi Paragone a guidare la scissione del Movimento per creare un soggetto politico diverso.
Alla fine Paragone è andato da solo: ha creato Italiexit, un nuovo soggetto politico che punta a raccogliere gli italiani che vogliono uscire dall’Unione europea e dall’euro: e ormai non sono poche persone. Mentre Di Battista è rimasto prigioniero della sua indecisione e della sudditanza – psicologica prima che politica – che manifesta verso Beppe Grillo.
Non sono pochi i parlamentari di Camera e Senato del Movimento 5 Stelle che, già da tempo, meditano di trovare una via d’uscita dalla ‘tonnara politica’ dove sono finiti. La maggior parte di loro non vuole andare con il centrodestra, ma – contemporaneamente – sanno che restare nel gruppo parlamentare del Movimento, continuando ad appoggiare l’attuale Governo Conte bis, è solo un suicidio politico.
Quello che sta succedendo lo hanno capito bene il capo del Governo Giuseppe Conte e il segretario del PD, Nicola Zingaretti. Che su Il Fatto Quotidiano – il giornale che sponsorizza l’attuale Governo – ha detto:
“Non voglio fuggire alle domande, ma non è corretto che sia io a mettere bocca, nel Movimento c’è dibattito ed è confermato che M5s è composito, non è un monolite da regalare alla destra di Salvini. Mi auguro che l’esito del confronto interno porti a capire che ora abbiamo una missione comune, abbiamo salvato l’Italia, ora abbiamo la missione di rilanciare l’economia, rimettere in campo un progetto, creare lavoro e combattere disuguaglianze”.
Di fatto, la “missione comune” è quella di terminare l’attuale legislatura per consentire al PD di Governare l’Italia altri due anni: ma questo favorirebbe il Partito Democratico, non certo i grillini che, come già ricordato, scomparirebbero.
La verità è che, dalle parti del PD, sono letteralmente terrorizzati dall’eventuale apertura di una crisi di Governo. E hanno ragione: con un misero 18% oggi controllano i Ministeri più importanti del Governo nazionale e quasi tutto il sottogoverno, anche se continuano a perdere Regioni e Comuni.
Insomma, dalle parti del PD sanno che ci sono parlamentari di Camera e Senato grillini che, fino ad ora, sono rimasti zitti, ma che non hanno alcuna voglia di sparire. Tant’è vero che l’Unione europea liberista – punto di riferimento e guida del PD – ha già consigliato di lanciare subito la candidatura di Giuseppe Conte come nuova guida del Movimento 5 Stelle.
Ma è una carta perdente in partenza, perché fino a questo momento Conte mantiene un certo credito perché non viene associato al Movimento 5 Stelle: appena questo succederà, l’attuale presidente del Consiglio perderà credibilità, perché i grillini, ormai, nell’immaginario collettivo italiano, non sono più credibili per definizione.
E’ probabile che la Ue, per parare il possibile colpo dei parlamentari grillini che vogliono uscire dalla ‘tonnara politica’ gestita dai ‘tonnaroli’ del PD, spingano Conte a dare vita a un nuovo soggetto politico, con un nome diverso: ma anche questa prospettiva è fallimentare, perché questo soggetto politico verrebbe comunque identificato come alleato del PD: magari questo soggetto politico di Conte, alle elezioni, non farà la fine che hanno fatto i grillini in Veneto, ma non andrà oltre il 4-5%: garantirà sì la rielezione ai quattro ‘capi’ e ‘capetti’ dell’attuale Movimento, mandando comunque a casa quei tanti parlamentari grillini che vorrebbero provare a salvarsi.
Via, che garanzie darebbe un partito di Conte – per giunta alleato del PD – a tanti parlamentari grillini che vogliono provare a farsi rieleggere?
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