A risarcire il Piemonte che, grazie agli inglesi, ha invaso e occupato il Sud Italia, hanno pensato – chiaramente senza volerlo – i Sicilia. Garibaldi, da parte sua, rubò i soldi del banco di Sicilia. E con lo scippo dei beni alla Chiesa e venduti ai mafiosi il nascente Stato italiani ricavò 600 milioni di lire, una cifra enorme a quell’epoca!
Scrive Ignazio Coppola in Risorgimento e risarcimento – La Sicilia tradita:
“In Sicilia, i due terzi delle terre esistenti erano di proprietà delle corporazioni, delle congregazioni religiose, dei conventi e della Manomorta, che davano lavoro e occupazione a decine di migliaia di famiglie siciliane. La confisca di questi terreni e la loro nazionalizzazione permise allo Stato italiano di mettere all’asta in Sicilia ben 250.000 ettari. Una superficie enorme di terreni fu, così, trasferita dal clero ai latifondisti. Con l’intervento coercitivo della mafia, i contadini, che dovevano essere i legittimi destinatari di queste terre come promesso a più riprese da Garibaldi prima e dal nuovo Governo italiano dopo, furono esclusi dalla possibilità di partecipare alle aste, i banditori sottoposti a intimidazioni, così che pochi potenti compratori stabilirono degli accordi segreti, che eliminarono la concorrenza mantenendo i prezzi a livelli bassissimi. Il ricavo della vendita all’asta di tali terre, anche se a prezzi stracciati, permise al nuovo Stato italiano di incamerare nelle proprie casse ben 600 milioni di lire, una cifra enorme per quell’epoca che, aggiunta ai ducati d’oro rastrellati da Garibaldi alla zecca di Palermo e trasferiti in Piemonte, permise di coprire i costi delle guerre del Risorgimento e i debiti che i piemontesi avevano contratto nelle guerre contro l’Austria, così da portare in pareggio il primo bilancio dello Stato italiano.
La Sicilia, ancora una volta rapinata del suo, di tutto questo non ne ebbe nessun ritorno in termini di investimenti, di migliorie o di servizi. Con l’aggravante che i terreni acquistati dai grandi proprietari, che avevano appena i soldi per l’acquisto ma non per le migliorie fondiarie, finirono in gran parte abbandonati e incolti. Le decine di migliaia di famiglie che prima lavoravano tali terre, si ritrovarono improvvisamente senza lavoro, 15.000 unità nella sola Palermo, e furono costrette a emigrare. Fu così che iniziarono i grandi flussi migratori dalla Sicilia verso le Americhe e verso altri Stati europei”.
– Ignazio Coppola, Risorgimento e risarcimento – La Sicilia tradita, CNA Edizioni, pag. 97.
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