Dietro il via vai di migranti tra l’Africa e l’Italia, passando quasi sempre dalla Sicilia, non ci sono soltanto i mercanti di uomini che in Libia (e adesso anche in Tunisia) lucrano sui migranti, i Centri di accoglienza in Italia e la ‘carità’ della Chiesa cattolica: c’è anche un’organizzazione che opera tra Centro Africa, Maghreb, Italia e altri Paesi europei. L’inchiesta della Dia di Palermo e l’impressionante giro di affari del sistema hawala
Sappiamo ormai da quasi due decenni che, in Nord Africa, ci sono trafficanti di uomini che guadagnano una barca di soldi con l’emigrazione. E che anche in Italia ci sono stati e ci sono soggetti che hanno organizzato grandi affari sull’assistenza ai migranti (vedi inchiesta e processo su Mafia-capitale). E sappiamo che anche oggi c’è chi sta guadagnando con l’assistenza ai migranti. Ma, in queste ore, stiamo cominciando anche a capire meglio i reali interessi del fenomeno migratorio in Italia. E lo stiamo cominciando a focalizzare grazie a un’inchiesta della Direzione investigativa antimafia (Dia) di Palermo che ha portato stamattina al fermo di 14 persone, con altre quattro che sono ancora ricercate.
“TRAFFICANTI DI ESSERI UMANI” – Gli inquirenti fanno sapere che quella di oggi è la prosecuzione delle operazioni Glauco 1, 2 e 3 condotte tra il 2013 ed il 2017. Indagini che hanno consentito, in questi anni, “di individuare ed identificare numerosi trafficanti di esseri umani operanti sulla cosiddetta rotta del Mediterraneo centrale, molti dei quali già condannati anche in via definitiva a pesanti pene detentive, ed i loro referenti sul territorio italiano”.
Nel corso delle indagini denominate Glauco era già venuto fuori il nome di Ghermay Ermias Alem Ermias, latitante. Le nuove indagini hanno puntato l’attenzione su un’associazione a delinquere che opera tra il Centro Africa (Eritrea, Etiopia, Sudan), i Paesi del Maghreb con in testa la Libia, l’Italia (Lampedusa, Agrigento, Catania, Roma, Udine, Milano) e alcuni Paesi del Nord Europa quali Olanda, Belgio, Inghilterra, Danimarca e Germania.
Un passaggio dell’inchiesta getta una luce sinistra sull’immigrazione degli ultimi anni:
“…sin dal 2017, l’organizzazione criminale ha supportato le attività di traffico sia nel corso del viaggio dei migranti sul Continente africano che in occasione del loro concentramento presso i campi di prigionia in Libia”.
Questa organizzazione criminale, a quanto pare, non sarebbe estranea alle fughe di migranti dai Centri di accoglienza. Una volta fuggiti, i migranti verrebbero ospitati in altri luoghi. A loro, leggiamo in un articolo de La Sicilia – verrebbe fornito “vitto, alloggio, titoli di viaggio e falsi documenti”. Dopo di che verrebbero aiutati a partire verso località del Centro Nord Italia “da dove poi raggiungere agevolmente le località del nord Europa e talvolta gli Usa – meta finale del loro viaggio”.
Il quotidiano La Sicilia riporta la spiegazione fornita dagli inquirenti:
IL SISTEMA HAWALA – “In altre occasioni, i membri del gruppo hanno contattato direttamente i migranti, già giunti in Italia, al fine di consentire loro la prosecuzione dei loro viaggio verso altri Stati Europei o in alcuni casi anche verso gli Stati Uniti (gestendo la pericolosa tratta del viaggio attraverso i Paesi del Sud America). Queste attività seriali di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sono state garantite a fronte dei pagamenti effettuati o dai migranti stessi o dai loro familiari ed amici, spesso residenti all’estero, i quali hanno inviato il denaro richiesto dai trafficanti mediante il sistema fiduciario ‘hawala’ (che consente di trasferire denaro in maniera illecita utilizzando una rete di intermediari (hawaladars) operanti in tutto il mondo)”.
L’inchiesta fa rabbrividire, là dove si descrivono “vertici internazionali del sodalizio operanti principalmente all’estero tra l’Africa, i Paesi del Golfo Persico ed altri Stati extraeuropei principali collettori dei flussi monetari derivanti dai proventi del traffico di esseri umani”.
Di grande rilievo sono i “numerosissimi contatti tra gli indagati e i migranti appena giunti in Italia, che venivano quindi facilitati nel raggiungimento dei altri Paesi europei, nonché tra gli stessi indagati e soggetti presenti nelle ‘safe house’ in territorio libico, strutture in cui vengono ‘trattenuti’ i migranti prima di partire verso le coste italiane”.
“Dalle dichiarazioni dei migranti – leggiamo sempre su La Sicilia – sono emerse le condizioni di vita in queste strutture (violenze fisiche e psicologiche e torture, utilizzate dai trafficanti per ottenere dai relativi congiunti il pagamento di somme di danaro per la loro liberazione e per la prosecuzione del loro viaggi)”.
“In particolare sono stati raccolti elementi indiziari sia dalle dichiarazioni che dalle attività tecniche di intercettazione a carico di numerosi trafficanti di esseri umani, operanti in Libia e Sudan e gestori direttamente di alcune safe house, purtroppo non compiutamente identificati nonostante le richieste di cooperazione internazionale in tal senso e su cui sono tuttora in corso le indagini per la identificazione”.
Sempre sul quotidiano La Sicilia leggiamo alcuni passaggi che illustrano i retroscena di alcuni sbarchi di migranti in Sicilia:
LA NAVE ‘DICIOTTI’ – “Al gruppo criminale è riconducibile l’arrivo di alcuni dei migranti giunti in Italia nell’ambito dei seguenti eventi S.A.R. e il loro successivo spostamento dal territorio nazionale verso l’estero (Nord Europa e USA): lo sbarco del 14/07/2017 di 1422 migranti presso il porto di Catania; lo sbarco del 27/11/2017 di 416 migranti giunti a bordo della nave Acquarius presso il porto di Catania; lo sbarco del 16/12/2017 di 407 migranti presso il porto di Augusta; lo sbarco del 16/08/2018 di 190 migranti giunti a bordo della nave della Marina Militare ‘U. Diciotti’ presso il porto di Lampedusa”.
La nave ‘Diciotti’, se non ricordiamo male, è una di quelle sulle quali l’ex Ministro degli Interni, Matteo Salvini, proprio nell’Agosto del 2018 puntò la propria attenzione: da lì i suoi guai.
“All’esito delle indagini – leggiamo sempre su La Sicilia – oltre al reato associativo, vengono contestati ad alcuni degli indagati i reati previsti dal T.U.B. in materia di esercizio delle attività finanziarie, in quanto prestavano servizi di pagamento senza l’autorizzazione attraverso” il citato sistema denominato ‘hawala’. Un sistema che dà “la possibilità, previo pagamento di commissioni, di effettuare e ricevere pagamenti nonché di trasferire fondi all’estero e in Italia in elusione delle disposizioni del Testo Unico Bancario che regolamentano simili operazioni bancarie e finanziarie. Tali reati sono altresì aggravati per aver commesso il fatto avvalendosi del contributo di un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato”.
MIGRANTI E RICICLAGGIO – Qualche settimana fa abbiamo puntato i riflettori sul rapporto tra riciclaggio e migranti nel seguente articolo:
“Riciclaggio dei denaro dietro il traffico di migranti? Una chiave di lettura inquietante”.
Ora c’è questa inchiesta. Con al centro il sistema ‘hawala’. Come funziona questo sistema? Riprendiamo alcuni passaggi di un’inchiesta del 2017 pubblicata da BUSINESS INSIDER ITALIA:
“Hawala in arabo significa ‘trasferimento’ o più spesso ‘fiducia’, che poi è anche la traduzione di ‘trust’, che da dizionario economico Treccani è un ‘istituto giuridico caratteristico del diritto anglosassone che consente di dar vita a un fondo con patrimonio autonomo, amministrato da un fiduciario’. In soldoni, rappresenta lo strumento previsto dalla legge che scherma le ricchezze offshore di tutto il mondo. Gli hawala, invece, sono quelli illegali per chi non ha santi nei paradisi fiscali. Strumenti finanziari che hanno una storia millenaria, con i quali si fa riciclaggio ed evasione spesso di piccolo cabotaggio, ma che complessivamente raggiungono cifre difficili persino da immaginare”.
BUSINESS INSIDER ITALIA riporta una dichiarazione di Giovambattista Palumbo, presidente di Eurispes e grande esperto del sistema:
“Il sistema ha tanti altri nomi con cui viene definito, a seconda delle aree geografiche: chiti o hundi nel subcontinente indiano, Stash-House nelle Americhe, Chop Shop in Cina. In pratica, gli hawala “sono una cambiale, un pagherò, un assegno. I ‘banchieri’ hawala, che si occupano di raccogliere e trasferire all’estero le risorse finanziarie, esercitano spesso attività commerciali legali (cambia-valute, negozianti, commercianti, agenti di viaggio, orefici) e godono di molta fiducia e rispetto nell’ambito delle rispettive comunità”.
“La loro attività – prosegue Palumbo – consiste nel garantire il trasferimento delle somme di denaro derivanti dai profitti, leciti ed illeciti (spesso derivanti da lavoro nero o evasione fiscale), ottenuti dai membri della comunità… il sistema può essere davvero l’unico modo per spedire denaro alla propria famiglia in Paesi dove lo Stato non esiste, oppure un perfetto sistema di riciclaggio ed evasione per milioni di euro, sfruttato anche da organizzazioni terroristiche e criminali”.
“L’hawala – leggiamo sempre su BUSINESS INSIDER ITALIA – è poi il sistema usato dai trafficanti di esseri umani per farsi pagare dai migranti che attraversano l’Africa, si imbarcano verso l’Italia e dalla nostra penisola si spostano in tutta Europa. A Maggio un’importante operazione della Squadra mobile di Bari ha colpito la rete criminale intorno a Hussein Ismail Olahye, somalo classe 1984 che aveva costruito a partire dal suo money transfer Juba Express un’organizzazione che comprava permessi di soggiorno e titoli di viaggio falsi, pagava trafficanti di uomini, corrompeva ufficiali dell’anagrafe e poliziotti alla frontiera, gestiva spostamenti e pernottamenti tra Somalia, Italia, Germania, Svizzera e Svezia. La sua rete era il punto di riferimento per i somali che desideravano arrivare illegalmente in Italia o da qui spostarsi verso un altro paese europeo. In due anni e mezzo, gli inquirenti hanno individuato spostamenti di denaro per 9 milioni di euro. L’organizzazione aveva anche aiutato, nel luglio 2016, due estremisti siriani entrati in Italia via Malta, già condannati per associazione finalizzata al terrorismo in primo grado dal Tribunale di Brescia”.
Che dire di questa storia? Che forse non è un caso se i migranti sbarcano sempre in Italia e, in particolare, in Sicilia. Forse, in Italia, oltre a certi politici con il cuore grande grande grande votato all’accoglienza ci sono anche furbi: molto, ma molto furbi…
Ma piano piano la verità sta venendo a galla.
Ultima domanda: chi gestisce questo commercio umano ha scelto la Sicilia perché, via mare, si trova sulla strada, o perché, in Sicilia c’è magari qualche ‘organizzazione’ che partecipa al grande business?
QUI L’ARTICOLO DI BUSINESS INSIDER ITALIA
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