“Coltivare in Sicilia uva da vino e olive? E’ come andare in guerra…”

3 settembre 2020

La disavventura di un nostro giovane amico che ha ereditato dal padre due ettari di vigneto (uva da vino) e tre ettari di oliveto. Sul vigneto ha pensato di farsi aiutare da quattro amici e si è beccato una contravvenzione mega-galattica (senza essere messi in regola possono lavorare solo i parenti). Dell’oliveto è in difficoltà perché manca la manodopera e, anche a trovarla, non sa se ci riprenderà i costi… E la politica?   

Qualche giorno fa ci ha chiamato un nostro amico agricoltore. Ci ha raccontato una storia che noi, per alcuni particolari, non conoscevamo. Lui non è molto ‘addottrinato’ in agricoltura: ha ereditato da qualche anno un vigneto e un oliveto e se ne occupa compatibilmente con i suoi impegni. Questo nostro amico, insieme con alcuni suoi amici, anche loro nuovi del settore, fino all’ultimo erano indecisi se raccogliere o meno l’uva.

“Ci abbiamo pensato – ci ha detto – perché lo scorso anno ci è stata pagata una miseria e ci abbiamo rimesso. Ci hanno detto di ricorrere alla vendemmiatrice meccanica. Solo che le nostre sono piccole aziende. Così abbiamo pensato di aiutarci l’uno con l’altro: per due-tre giorni tutti a vendemmiare da me, poi tutti a vendemmiare da un nostro amico, poi da un altro amico ancora. Siamo in cinque e pensavamo di chiudere tutto in meno di quindici giorni. Invece…”.

Invece si è materializzata una bella sorpresa:

“Il primo giorno sono arrivati i controlli – ci racconta -. Eravamo nella mia piccola azienda. E mi hanno appioppato una contravvenzione che, per pagarla, dovrò contrarre un mutuo! Mi hanno spiegato che, nel mio terreno, a parte i miei parenti fino a un certo grado, non posso fare lavorare nessuno che non sia messo in regola! Ho cercato di spiegare che la mia produzione è quantitativamente limitata e che l’uva da vino, in Sicilia, è deprezzata. Ho anche fatto presente che mettendo in regola cinque persone per due giorni con l’uva che avrei venduto avrei incassato meno della metà dei soldi che mi servirebbero per pagare le cinque persone messe in regola! Se a questo aggiungo tutti gli altri interventi che si fanno in un vigneto in un anno, dovrei coltivare l’uva da vino perdendo soldi. Mi hanno risposto che non è un loro problema. Quindi io nella mia piccola azienda non posso fare quello che voglio. Non posso fare lavorare i miei amici per due giorni. Tutto questo mi sembra illiberale, per certi versi sovietico”.

“Io capisco tutto – dice sempre il nostro amico – e capisco perché, da due anni, cioè da quando mi occupo della piccola azienda che è stata di mio padre, mi sono arrivate un sacco di offerte da parte di persone, nella maggioranza dei casi non siciliane, che vogliono acquistare il mio vigneto. Certo, noi abbiamo sbagliato. Avremmo dovuto ricorrere alla vendemmiatrice meccanica. Detto questo, e lo dico rivolgendomi alla politica siciliana: guardate che così la nostra agricoltura morirà. Ho letto più volte su I Nuovi Vespri che è in corso un’operazione per togliere i terreni agli agricoltori siciliani. Fino a prima che mi succedesse questa esperienza ci credevo fino a un certo punto: ora invece ci credo, eccome se ci credo!”.

“Dico che la politica deve trovare una soluzione – prosegue il nostro amico -. Io, per quest’anno, la soluzione l’ho trovata: l’uva la lascio agli uccelli, che saranno ben felici. Ora ho il problema di tre ettari di oliveto, sempre eredità di mio padre. Tra quarti Nocellara del Belìce e un quarto Biancolilla. Con le olive della varietà Biancolilla producevamo l’olio per noi e per i nostri parenti. Le olive Nocellara del Belìce si vendevano”.

“L’ammetto – aggiunge -: sono giovane, ho studiato, mi sono laureato e mi sono anche specializzato. Niente a che vedere con l’agricoltura. Dei terreni mi occupavo con mio padre solo quando gli impegni di studio me lo consentivano. So che, a un certo punto, mio padre non ha raccolto più le olive Nocellara del Belìce per venderle ai napoletani, come facevamo ogni anno da sempre. Ricordo che mi disse senza tante spiegazioni: ‘Non conviene più, troppo complicato raccoglierle: abbiamo poco tempo, la manodopera è un problema e il prezzo non è conveniente’. Da allora si raccolgono le olive senza fretta e si fa olio d’oliva extra vergine”.

“Quest’anno – ci dice sempre il nostro amico – è un problema, perché la manodopera non c’è. Problemi legati al COVID-19. Avevo pensato di tornare alla vendita delle olive. Ma, ribadisco, non sappiamo fino a che punto conviene. Non sono né agronomo, né economista, ma un po’ di aritmetica la conosco pure io. Non so fino a che punto conviene cercare i lavoratori da mettere in regola. Tra l’altro è una trafila lunga: carte scritte a mai finire, visite mediche. Burocrazia folle. Mi sta aiutando un amico di famiglia, anche lui agricoltore e produttore di uva da vino e olive. Mi ha detto di dimenticare la raccolta delle olive da mensa perché il personale non c’è”.

“La pensa come mio padre: tutto olio – ci racconta sempre il nostro amico -. Sto facendo i miei conti aiutato da lui. Mi ha detto che la produzione quest’anno è discreta. E questo potrebbe essere un problema, sia perché aumenta la produzione di olio d’oliva – e quindi il prezzo si ridurrà – sia perché, ormai da qualche anno, arriva in Sicilia l’olio d’oliva tunisino a prezzi stracciati che ammazza le nostre produzioni. Forse non ci perderemo, mi ha detto, forse guadagneremo qualcosa. ‘Ormai fare agricoltura è una guerra’, mi ha confessato. Ecco, io non pensavo di gestire due ettari di vigneto da vino e tre ettari di oliveto andando in guerra. Per vendere, i terreni non li vendo. Però andare avanti così è difficile. E la politica che fa? Parlamentari europei, parlamentari nazionali, parlamentari regionali, assessori. Tutta questa gente che fa per l’agricoltura siciliana?”.

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