Le morti di Viviana Parisi e del suo figlioletto Gioele fino ad oggi non hanno trovato spiegazioni. Solo ipotesi non suffragate da prove. I dubbi degli inquirenti. I luoghi che, nel passato, sono stati contrassegnati da eventi misteriosi, o quanto meno mai del tutto scandagliati e chiariti
Fino ad ora tutte le ipotesi formulate per provare a spiegare le morti di Viviana Parisi e del suo figlioletto Gioele sono cadute. E le indagini ripartono da zero. O forse, chissà, potrebbero ripartire dai luoghi di questo angolo della Sicilia. Noi non sappiamo se questa vicenda sia il frutto di una serie di tragici eventi dettati dal caso o dalle scelte della dj trovata morta l’8 Agosto scorso sotto un traliccio della luce nelle campagne di Caronia, o se dietro questa storia – contrassegnata anche dal ritrovamento dei resti del piccolo Gioele avvenuto dieci giorni dopo la scoperta del cadavere della madre – ci sia la ‘regia’ di qualcuno. Una cosa, però, è certa: se in questa si dovesse scoprire il ruolo di ‘qualcuno’, ebbene, questo ‘qualcuno’, fino ad ora, è stato molto abile.
Dicevamo delle ipotesi scartate. Il procuratore della Repubblica presso i Tribunale di Patti, Angelo Cavallo, è stato molto chiaro:
I DUBBI – “Gli accertamenti genetici effettuati sui tamponi prelevati all’interno del mezzo e sul parabrezza dell’auto della donna hanno finora fornito esito negativo, anche per quanto riguarda la presenza di eventuali tracce di sangue. Pertanto, non è ancora possibile formulare, allo stato, alcuna seria ipotesi sulle cause di morte del piccolo Gioele”.
Il magistrato solleva dubbi anche sulla pista che collega la morte del bimbo all’incidente stradale: è l’incidente, che ha fatto molto discutere, avvenuto il 3 Agosto, nella galleria Pizzo Turda. E da quel momento che sono cominciati i misteri.
Gli inquirenti si sono soffermati anche su un particolare: il parabrezza rotto dell’auto dove viaggiavano la mamma e il bambino. Si ipotizzava che il parabrezza si fosse rotto a causa dell’incidente, spiegando magari un’eventuale incidente al bambino. Ma il marito di Viviana Parisi, Daniele Mondello, attraverso il proprio legale, Pietro Venuti, ha fatto sapere agli inquirenti che il parabrezza dell’Opel Corsa si era rotto prima dell’incidente.
Com’è noto, è stato ipotizzato che il piccolo Gioele fosse deceduto poco dopo l’impatto dell’Opel con un furgone avvenuto, come già ricordato, dentro una galleria lungo l’autostrada Messina-Palermo. Presa dallo sconforto – questa è sempre la possibile ricostruzione – la donna si sarebbe suicidata poco dopo gettandosi dal traliccio. Anche questa possibile ricostruzione viene smentita dalle analisi: le tracce biologiche trovate nell’automobile non confermano tale ipotesi.
Così si riparte da zero. O quasi. Noi non siamo esperti di cronaca nera. Però, da lettori, non possiamo segnalare la presenza di alcune stranezze. Se ripercorriamo questa storia, dal 3 Agosto ad oggi, andando avanti e indietro, ci sono – a nostro modesto giudizio – alcuni elementi che fanno riflettere.
Il primo elemento strano è il ritrovamento del corpo di Viviana Parisi avvenuto l’8 Agosto, cinque giorni dopo la scomparsa di mamma e bambino. Quanta strada hanno potuto percorrere, a piedi, la donna e il figlioletto? Non molta, tanto più che si ritiene che la donna sia morta lo stesso giorno della scomparsa. Come mai ci sono voluti cinque giorni per trovare il cadavere di Viviana Parisi?
Il secondo elemento – del quale non si parla più – lo abbiamo segnalato ai nostri lettori lo scorso 20 Agosto, quando il procuratore della Repubblica di Patti, commentando il ritrovamento dei resti del corpo del piccolo Gioele, rilascia la seguente dichiarazione:
IL CORPO DI GIOELE ‘TRASCINATO’ – “Con ogni probabilità il corpo del bambino è stato trascinato qui solo di recente, altrimenti non si spiegherebbe perché il suo corpo sia stato trovato smembrato: in una zona la testa e gli indumenti, in un’altra il tronco senza arti” (QUI UN NOSTRO ARTICOLO).
In effetti, le ricerche prima delle madre e poi del bambino sono andate avanti per giorni e giorni. Oggi chi effettua questo tipo di ricerche ha a disposizione mezzi e tecnologie molto sofisticate: eppure, in questa storia contrassegnata da tanti punti oscuri, il corpo della madre, come già ricordato, è stato trovato dopo cinque giorni e il corpo del bambino dieci giorni dopo il ritrovamento di Viviana Parisi. Tutto questo non è un po’ strano?
Come già accennato, la dichiarazione del procuratore Cavallo sui resti del corpo del bambino trascinati nel luogo dove sono stati rivenuti avrebbe dovuto cambiare il corso delle indagini. Invece, dopo questa dichiarazione, tutto è tornato come prima.
IL ‘BUCO’ DI 20 MINUTI – Un altro elemento strano di questa storia è rappresentato dal ‘buco’ di circa 20 minuti. Alle 10 e 30 del 3 Agosto la mamma e il piccolo Gioele si trovano all’altezza dello svincolo di Sant’Agata di Militello. Viviana Parisi imbocca lo svincolo per Sant’Agata di Militello. Non sembra una deviazione improvvisa e nervosa, tant’è vero che nell’auto vengono ritrovate la ricevuta di pagamento del casello autostradale.
Alle 10 e 52 l’auto di Viviana Parisi lascia Sant’Agata di Militello per tornare sull’autostrada verso Palermo. Ci sono poco più di 20 minuti misteriosi: la donna si è incontrata con qualcuno? L’uscita da questo svincolo, invece, è un po’ frettolosa, tutt’altro che tranquilla, tant’è vero che non paga il biglietto al casello autostradale.
A questo punto è come se la donna – almeno noi la vediamo così – stesse fuggendo da qualcosa o da qualcuno: insomma, come se fosse inseguita. E’ per la foga di fuggire, non si capisce da chi, che si verifica l’incidente? Qua e là abbiamo letto che l’incidente sarebbe stato il frutto di un sorpasso azzardato della donna.
Poi, dopo l’incidente, la fuga verso le campagne. Non è un po’ strano che una donna con un bambino di quattro anni, dopo un incidente in autostrada, dentro una galleria, fugga per le compagne?
ITINERARIO E CONTESTO – L’itinerario, infine. Si dice che la donna fosse diretta a Motta d’Affermo, dove si trova la Piramide della Luce, opera d’arte voluta dal mecenate Antonio Presti. Si tratta di un’importante opera d’arte realizzata tra il 2008 e il 2009 dal grande artista Mauro Staccioli in collaborazione con il Comune di Motta d’Affermo. Nulla a che vedere con il misticismo, come ha sottolineato in questi giorni il sindaco di questa cittadina, Sebastiano Adamo.
Noi siamo in linea con le parole del sindaco di Motta d’Affermo. Anche perché abbiamo la fortuna di conoscere Antonio Presti, il mecenate inventore della Fiumara d’Arte. Tra l’altro, Presti non ha mai fatto mistero di voler combattere le miserie del nostro tempo con la bellezza.
Però c’è un però. Anzi, ci sono due però.
Il primo però è legato a quello che frulla nella testa di certi soggetti che, magari, ‘leggono’ a modo loro certe testimonianze artistiche: e sull’eventuale presenza di queste persone non c’è molto da fare.
Il secondo però è legato al fatto che in Sicilia escludere a priori la presenza dell’occultismo sarebbe un errore. Perché la nostra Isola, storicamente, è sempre stata una roccaforte dell’occultismo insieme con il Piemonte e la Toscana (dove non sono certo mancati delitti rimasti avvolti nel mistero).
Non bisogna dare all’occultismo eccessivo peso, ma nemmeno escluderlo del tutto.
Nel contesto ci sono anche i fatti dei primi anni del 2000: i fatti di Canneto di Caronia. Vicende spiegate solo in parte e che, in parte, sono rimaste quanto meno non scandagliate del tutto. Anche in questo caso, vale quanto scritto per l’occultismo: evitare di dargli eccessivo peso. Però i fatti sono avvenuti: quanto meno non bisogna ignorarli.
Foto tratta da Esperonews
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