Il pluralismo è l’anima dell’informazione. Così come abbiamo pubblicato un intervento piuttosto critico del professore Massimo Costa sulla presenza a Palermo, nei saloni del Palazzo Reale, di un principe Borbone Due Sicilie, oggi pubblichiamo un interventi di ci la pensa in modo opposto. Anche in questo caso, è una lettera al presidente del Parlamento siciliano, Gianfranco Miccichè
da Vincenzo Gulì (Napoli) e Giovanni Maduli (Palermo)
riceviamo e pubblichiamo
On. Presidente,
la notizia che un principe Borbone Due Sicilie, nato in Spagna, intende convolare a giuste nozze nella città che fu prima capitale del Regno estintosi sotto la dinastia borbonica, rappresenta una lieta novella per quelli che faticosamente stanno attuando una documentata revisione storica sul Risorgimento.
Gli scriventi, responsabili di un’associazione culturale che si occupa della storia dei territori dell’ex Regno delle Due Sicilie, esprimono i più meritati complimenti alla favorevole accoglienza del desiderio dei due promessi sposi di scegliere Palermo.
Qualche incauto o malizioso potrebbe scambiare quest’atto civile con uno di imbarazzante valenza politica. Ma assolutamente non è così. Ciò sia per le esternazioni di don Jaime e del padre Pedro mai allusive di una qualche rivalsa politica, sia per lo spirito che anima l’universo filo borbonico volto alla verità storica senza nessun proclama di anacronistica restaurazione.
Qualche altro, sprovveduto o demagogo, potrebbe scongelare l’obsoleto cliché del Borbone sanguinario e tiranno nemico della Sicilia. Senza proporre una tediosa, tuttavia agevole, rivisitazione della storia borbonico-siciliana dell’Ottocento, basti dire che con le Due Sicilie nell’Isola non c’era bisogno di emigrare, non esisteva malavita organizzata (quella comune era sotto stretto controllo) e la stragrande maggioranza della popolazione non era affatto contraria alla dinastia, tanto è vero che più si ricerca negli archivi e più si trovano testimonianze, per molti quasi incredibili, della resistenza popolare contro i Savoia chiamata “brigantaggio” e di altre manifestazioni precedenti a favore dei Borbone.
La storia per slogan che ci impone la scuola a tutti i livelli certamente racconta un altro svolgimento di fatti nel periodo in discussione. Ma la verità non deve intimorire nessuno. Ecco perché ricevere con cortesia istituzionale il principe Jaime di Borbone è una svolta che dimostra un’apertura culturale coraggiosa che fa fortemente onore a questo esecutivo regionale.
E’ un’occasione da non perdere per far uscire dal ghetto un periodo di storia molto diverso da quello che ci hanno sempre romanzato. Esso costituisce una sorta di tabù che deve essere finalmente sfatato senza perniciosi pregiudizi o eccessive remore. E’ un’occasione per confermare che la cultura ha molte sfaccettature che, tutte insieme, formano la tradizione di un popolo. E’ un’occasione per dimostrare che, nel terzo millennio, la Sicilia, come il resto del Sud, vuole ripartire dalle cose buone del passato per affrontare più robusti il futuro che ci spetta.
Foto tratta da Wikipedia
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