Il calcolo l’ha fatto l’associazione GranoSalus comparando il grano duro del Sud Italia al Desert Durum statunitense (la qualità è praticamente la stessa). Adesso – dopo la sentenza del TAR Puglia che ha annullato i listini del grano della Camera di Commercio di Foggia – bisognerà capire chi pagherà i danni. Le norme sulla concorrenza. I risvolti sui contratti di filiera
Quasi un miliardo di euro di danni all’anno. Questo, secondo GranoSalus, le perdite che i produttori di grano duro avrebbero subito in questi anni. Il calcolo è stato effettuato comparando i prezzi del grano duro del Sud Italia con il prezzo del grano duro Desert Durum americano (la qualità del grano duro del Sud Italia e del grano statunitense è uguale). Chi è che pagherà questi danni?
E’ molto articolato, l’articolo pubblicato nel sito di GranoSalus. Articolo che affronta un tema molto delicato: cosa fare dopo che il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Puglia ha annullato i listini – relativi al grano duro – del mercato di Foggia.
“Sentenza TAR annulla listini grano duro a Foggia. Ma chi risarcisce gli agricoltori meridionali?”, titola GranoSalus.
Il sommario è ancora più esplicito:
“Dopo la sentenza positiva del TAR, che è passata in giudicato ed ha annullato i listini del grano si pone non solo il tema di accelerare l’istituzione della CUN (la Commissione Unica Nazionale che dovrebbe vigilare sul volume degli scambi di grano duro in Italia e, di conseguenza, sulla formazione dei prezzi ndr) ma anche di individuare le modalità con cui chi ha sbagliato paghi i danni agli agricoltori stimati in circa un miliardo di euro annui. Il ruolo dell’ Antitrust”.
“L’associazione GranoSalus – leggiamo nell’articolo – gravemente preoccupata sui meccanismi di formazione del prezzo del grano presso la Camera di Commercio di Foggia ha ritenuto di dovere adire il TAR Puglia al fine di far valere gli interessi legittimi degli agricoltori. Cerealicoltori penalizzati da un meccanismo che, non di rado, ha assunto i profili di un vero e proprio cartello mascherato, su cui adesso auspichiamo che l’Antitrust accenda i suoi fari, visto che la sentenza non è stata appellata, e chiarisca se vi siano state violazioni alle norme sulla concorrenza da parte dei membri della Commissione prezzi”.
“GranoSalus – prosegue l’articolo – da sempre ha denunciato che le rilevazioni dei prezzi non si basano su dati documentati da fatture o da altri riscontri certi e facilmente verificabili, ma su dati riportati solo oralmente dai presenti; e, pertanto, frutto di un’istruttoria deficitaria, in contrasto con le delibere di giunta nn 52 del 2009 e 67 del 2016 a mente delle quali le quotazioni devono essere basate su elementi certi di valutazione. Il TAR Puglia ha, dunque, accolto le nostre lamentele e la Camera di Commercio non si è opposta. Vizi formali e sostanziali hanno portato il TAR Puglia, con la sentenza n. 01200/2019, ad annullare i listini settimanali dei prezzi del grano duro della Cciaa di Foggia per gli anni 2016 e 2017. Doveroso precisare che l’ associazione sta procedendo all’accesso anche dei listini degli anni successivi”.
Insomma al terremoto del biennio 2016-2017 potrebbero aggiungersi altre scoperte.
“Tra le ragioni alla base della menzionata sentenza – leggiamo sempre nell’articolo – vi è la mancata compilazione dei moduli di rilevamento da parte dei membri della Commissione prezzi e la discrezionalità da parte del presidente della Commissione stessa, che avrebbe dovuto, data l’esiguità e scarsa rappresentatività delle transazioni prese a riferimento – due sole fatture di vendita per un ammontare totale di 150 mila euro, all’epoca equivalenti a circa 700 tonnellate di merce – lasciare il listino invariato o addirittura non quotare il grano duro durante quel periodo. In altri termini, la Commissione prezzi di Foggia ha determinato i prezzi del grano in completo difetto motivazionale, generando dei listini sganciati rispetto alla realtà. E spesso condizionati anche dalla presenza di fatture canadesi”.
“Nell’ambito del procedimento amministrativo – leggiamo sempre nell’articolo – la stessa Camera di Commercio non ha fornito elementi probatori sufficienti a motivare la determinazione dei prezzi. Pertanto, Granosalus ha provato il difetto di istruttoria e motivazionale nella formazione del prezzo, non essendovi peraltro prova in atti che il contenuto dei listini gravati non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.
GranoSalus riporta i nomi dei componenti della Commissione prezzi (che potete leggere nell’articolo allegato) e osserva:
“In base al provvedimento reso dal TAR è possibile affermare ragionevolmente che i prezzi fissati dalla Commissione sono il frutto di un iter procedurale deficitario. Tale condotta potrebbe prefigurare anche un illecito concorrenziale idoneo a viziare anche i contratti di filiera, a vantaggio dei soggetti più forti. Il comportamento anticoncorrenziale, teso a fissare il prezzo, potrebbe aver inciso anche sulla qualità e salubrità di un prodotto fondamentale della nostra dieta mediterranea. Di fronte a questa decisione, il governo non può rimanere fermo o rilanciare contratti di filiera con Barilla, come ha ribadito nuovamente il Ministro a Foggia”.
In questo passaggio l’attenzione si sposta sui contratti di filiera, oggetto di una dettagliata interrogazione alla Ministra delle Politiche agricole, la renziana Teresa Bellanova, firmata dal senatore della Basilicata, Saverio De Bonis, presidente di GranoSalus (ve ne abbiamo parlato in questo articolo done trovate il testo integrale dell’interrogazione).
“Se sono nulli i listini – si legge nell’articolo – sono altrettanto nulli tutti i contratti ancorati a quei listini, compresi quelli di filiera. Bisogna quindi preliminarmente dare impulso all’istituzione di una Commissione Unica Nazionale, rinnovata nei componenti, non sperimentale, la cui sede dovrebbe essere Foggia per garantire – anche attraverso una griglia di qualità tossicologica – trasparenza ed equità nella formazione del prezzo del grano e dunque nell’andamento del mercato. È un passo che va fatto con urgenza, perché ne va della sopravvivenza di migliaia di aziende agricole”.
La CUN è prevista da una legge nazionale del 2016 che, fino ad ora, ben quattro Governi non hanno applicato (Governo Renzi, Governo Gentiloni, Governo Conte uno e, oggi, il Governo Conte bis).
“Ma il Ministro Bellanova, che finalmente ha annunciato la raccolta delle deleghe CUN nei prossimi due mesi – leggiamo ancora nell’articolo – dovrebbe anche garantire libertà di scelta da parte dei produttori. Quando afferma che ‘ognuno deve avere dietro di sé una reale rappresentanza’, dimentica di dire che i produttori agricoli devono essere liberi di affidare le deleghe anche ad associazioni diverse, più vocate a rappresentare le imprese non solo dal punto di vista burocratico, ma anche economico. Atteso che molte di quelle presenti in Commissione prezzi a Foggia, come si evince dall’elenco (che, come già accennato, trovate nell’articolo allegato in calce) non hanno brillato nel difendere gli interessi dei cerealicoltori… Anzi! Altrimenti che facciamo adesso? Con l’ alibi della rappresentatività diamo una seconda chance a chi in qualche modo ha contribuito a rendere nulli i listini?”.
Quindi la conclusione:
“E’ opportuno pertanto, lo ribadiamo, che ogni agricoltore possa esprimere liberamente a chi conferire la propria delega, senza sottoscrivere un mandato ‘ad uso esclusivo’ dell’associazione che detiene il fascicolo e le superfici aziendali. Ciò sarebbe lesivo della libertà economica”.
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