Come capita spesso, l’Unione europea dell’euro, tutta intenta a far pagare ad alcuni Paesi il prezzo della propria sbrindellata esistenza (in questo momento sotto torchio c’è l’Italia che sta per approvare una ridicola manovra finanziaria 2020 da 30 miliardi di euro: nulla rispetto ai bisogni di un Paese economicamente alla deriva!), non si accorge di quello che gli americani stanno combinando in Algeria. Ma se ne renderà conto presto…
di Economicus
Abbiamo una rivolta sotto casa, ma è come se non stesse succedendo nulla. Non ci basta il caos in Libia: adesso la “talpa della rivoluzione” scava anche in un’Algeria dilaniata da tante contraddizioni e da una questione meridionale diversa, certo, da quella italiana, ma non meno insidiosa. Ma quello di cui si parla poco nelle rivolte che, dalla scorsa primavera, tra alti e bassi, vanno in scena in Algeria è il ruolo, a quanto pare molto attivo, dell’America di Trump.
All’attuale presidente USA l’Unione europea non va proprio a genio. Agli americani non piace la Germania e non piace, soprattutto, il fatto che l’Europa a ‘trazione’ tedesca abbia creato problemi all’industria statunitense. I dazi doganali appioppati all’Europa – impegno elettorale mantenuto da Trump – sono solo l’inizio di una strategia che punta a fare esplodere contraddizioni e problemi nei punti nevralgici dell’Europa.
Quando ho scritto che è stata l’offensiva in Siria di Erdogan (e di Trump) a sbloccare la Brexit nel Regno Unito, dando per scontata la vittoria di Boris Johnson contro la UE il direttore de I Nuovi Vespri mi ha fatto sapere che, sulla sua pagina Facebook, mi hanno preso per ubriaco.
Chi mi ha preso per ubriaco, però, dovrà ammettere che, almeno temporalmente (anche se è così politicamente), la Brexit si è sbloccata dopo che la Turchia ha minacciato di far passare in Europa (cioè per lo più in Germania) il fiume di profughi siriani fino ad oggi bloccati dalla stessa Turchia con i soldi dell’Unione Europea.
Sulla rivolta sociale in corso in Algeria le tesi sono tante. C’è chi dà una lettura ‘sociale’ di quanto sta avvenendo in questo Paese. Secondo tale interpretazione la rivolta coinvolgerebbe tre strati sociali: i dipendenti pubblici del settore scolastico e sanitario; gli abitanti poveri del sud del paese; egli operai dell’area industriale.
Tutto vero. Così com’è vero che la protesta popolare punta a liberare l’Algeria dal presidente Abdelaziz Bouteflika, che non è un grande governante e nell’immaginario collettivo viene visto come il protagonista di un sistema che ha ormai fatto il suo tempo: un sistema troppo autoritario, non immune da corruzione e da nepotismo.
Tutto vero anche questo, per carità. Anche se bisognerebbe chiedersi il perché, quando è esplosa la ‘Primavera araba’, il regime di Bouteflika non è stato toccato. Forse perché, in quel momento, ‘qualcuno’ aveva deciso che toccava alla Libia?
In fondo, in Libia, questo ‘qualcuno’ non ha dovuto faticare tanto. Ha pensato a tutto la Francia, che doveva ‘soffiare’ all’Italia il controllo del petrolio libico. Il 2011 è stato il momento scelto per chiudere la partita con Gheddafi. Ora è arrivato il momento dell’Algeria.
Che succederà in Algeria, dove da mesi impazzano le proteste di piazza dette Hirak? A nostro modesto avviso, nulla di buono per l’Unione europea e per l’Italia, che con l’Algeria, dagli anni ’70 del secolo passato, utilizza il gas algerino.
Con molta probabilità, dietro le rivolte ‘sociali’ dell’Algeria ci sono i soliti americani che proseguono nell’obiettivo di ‘incasinare’ l’Unione europea. Come scrivo spesso, gli Stati Uniti non hanno dimenticato la genesi della moneta unica europea che, nella follia massonica ‘europeista’, avrebbe dovuto sostituire il dollaro negli scambi economici e commerciali internazionali.
Una ‘moneta senza Stato’ – gestita peraltro in modo errato dai soliti tedeschi – avrebbe dovuto sostituire uno Stato, quello americano, che gestisce e impone la propria moneta con le armi.
Che succederà in Algeria? Proviamo a indovinare.
Oggi l’Algeria è il terzo fornitore di gas all’Europa e il secondo fornitore di gas all’Italia. E, almeno fino a questo momento, è il più grande Stato del mondo arabo.
Se l’Algeria verrà travolta dal caos le conseguenza sull’Europa e sull’Italia sarebbero piuttosto negative. L’eventuale riduzione o, peggio, interruzione del flusso di gas algerino avrebbe effetti economici devastanti in Europa e in Italia.
Intanto si ridurrebbe la stessa offerta di gas. E quando l’offerta di un prodotto si riduce, è noto, i prezzi schizzano all’insù. Con grandi guadagni per le compagnie americane.
L’eventuale caos in Algeria aprirebbe un altro fonte migratorio verso l’Europa che sarebbe difficile, se non impossibile, bloccare.
E’ casuale che, mentre in Algeria si prepara una rivoluzione in Francia è in corso una rivolta sociale sempre più accesa?
E Sicilia? Sul fronte del gas, non succederà nulla di diverso dal resto d’Italia. La Sicilia è una Regione che non ha mai contato molto. Basti pensare che i suoi governanti non hanno mai chiesto le agevolazioni sul gas, visto che è dalla terra siciliana che passa il gasdotto algerino.
In realtà, quando, a fine anni ’70, vide la luce la prima linea del gasdotto Trans Mediterranean Pipeline – Transmed, conosciuto anche come gasdotto ‘Enrico Mattei’, una quota del gas avrebbe dovuto essere utilizzata a prezzi scontati, se non quasi gratis, dalla Sicilia.
Non mi chiedete perché ciò non è avvenuto perché, da siciliano, non sono mai riuscito a spiegarmelo: disinteresse, strafottenza, ascarismo da parte delle classi dirigenti siciliane? Non lo so.
Del resto, è così, da sempre, anche per la raffinazione del petrolio grezzo. Ci sono stati momenti in cui le raffinerie siciliane producevano il 50% della benzina italiana, con un inquinamento impressionante nell’Isola.
Ma i siciliani non solo si sono tenuti e continuano a tenersi l’inquinamento, ma pagano la benzina a prezzo pieno!
La Sicilia, se in Algeria esploderà la protesta, come il resto d’Italia pagherebbe di più il gas. Ma il vero problema sarebbe la massa di migranti incontrollata e incontrollabile che arriverebbe dal Nord Africa.
Gli unici che guadagnerebbero una barca di soldi sarebbero i ‘mercanti di uomini’ che operano nel Mediterraneo, quelli che passano per benefattori dell’umanità…
Foto tratta da Remocontro
AVVISO AI NOSTRI LETTORI
Se ti è piaciuto questo articolo e ritieni il sito d'informazione InuoviVespri.it interessante, se vuoi puoi anche sostenerlo con una donazione. I InuoviVespri.it è un sito d'informazione indipendente che risponde soltato ai giornalisti che lo gestiscono. La nostra unica forza sta nei lettori che ci seguono e, possibilmente, che ci sostengono con il loro libero contributo.-La redazione
Effettua una donazione con paypal