In queste ore, in Sicilia (ma anche in altre regioni del Sud) politici e cittadini comuni passano, armi e bagagli, al servizio della Lega di Salvini e di Italia Viva di Renzi. In pratica, vanno a sostenere chi lavora scientificamente per affossare il Sud. Proviamo a illustrare perché sta succedendo tutto questo. Cosa si può fare per fermare tutto questo
Le cronache, anzi le tragicomiche politiche siciliane di queste ore registrano due grandi novità: i cambi di casacca di personaggi (in tutti i sensi tali) che, fa Forza Italia passano con la Lega di Salvini e altrettanti (in questo secondo caso si tratta di giovani) che passano dal PD a Italia Viva di Matteo Renzi. La transumanza si consuma tra interviste, luci della ribalta e promesse di grandi e solenni impegni per la rinascita della nostra Isola e della stessa politica.
PI MIA CHI C’E’? – Non è facile capire alla luce di quello che è successo in questi anni e alla luce di quello che sta succedendo che rapporto ci sia tra la Lega e i renziani da una parte e gli interessi della Sicilia dall’altra parte. Ma questo non ha importanza. Quello che conta, in una certa politica siciliana, non è l’interesse generale e, magari, cosa fare per risolvere i problemi della comunità, ma – molto più semplicemente – trovare una risposta anche minima alla seguente domanda: “Pi mia chi c’è?” (Per me che cosa c’è?).
Ovvero: cosa mi darà la militanza nella Lega o tra i renziani per me e per i miei sodali?
Nel romanzo I Vicerè di Federico De Roberto, a un certo punto, un personaggio – che ovviamente passa per lo stupido della situazione – fa notare che non sarebbe stato corretto passare dalla destra (allora – si era nella Sicilia degli anni successivi alla ‘presunta’ unificazione italiana- c’era la destra storica) alla sinistra.
“Ma allora non hai capito niente! – gli spiegano -. Destra? Sinistra? Ma che ce ne frega a noi delle sigle e delle idee? Tu devi andare a sederti nel Parlamento e pensare a noi, agli affari nostri!”.
Sono passati 150 anni e la situazione, nella politica siciliana, è pressappoco la stessa. In quegli anni ascoltando, nel Parlamento italiano, gli interventi accorati di qualche deputato siciliano che lamentava le tremende condizioni in cui versava allora la nostra Isola, due parlamentari del Centro Nord Italia rimasero molto colpiti e decisero di venire in Sicilia per capire se le cose che avevano sentito rispondessero al vero.
I due giovani deputati si chiamavano Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino ed erano entrambi toscani. Vennero in Sicilia e la girarono in lungo e in largo. Si accorsero che quello che avevano ascoltato in Parlamento era nulla rispetto alla realtà della Sicilia di allora, che era ben peggiore di qualunque racconto. Così decisero di scrivere tutto quello che avevano visto.
INCHIESTA IN SICILIA – Vede così la luce Inchiesta in Sicilia, un volume che rimane ancora oggi una pietra miliare del meridionalismo classico. Ebbene, se provate a leggere questi libro – che non è difficile trovare nelle librerie – vi accorgerete che certi tratti che oggi, con linguaggio ‘colto’, si chiamano “sociologici”, con riferimento soprattutto alla politica, sono praticamente gli stessi di allora.
Allora il voto riguardava un ristretto numero di cittadini. Nella Sicilia di quegli anni non c’era alcun legame tra il voto e l’interesse generale. La ristretta cerchia di sostenitori votava e faceva votare il parlamentare per avare in cambio benefici e prebende personali, spesso, se non quasi sempre, a detrimento dell’interesse generale.
Questo sistema toccherà il culmine dell’abiezione con i Governi di Giovanni Giolitti lo “statista”, che non poteva permettersi, in Parlamento, di non avere al proprio servizio la stragrande maggioranza dei parlamentari del Sud Italia. Parlamentari eletti nel Sud che lavoravano nel rigoroso rispetto degli interessi dell’allora nascente ‘Triangolo industriale’ rappresentato da Torino, Milano e Genova.
In cambio dei servigi resi contro la propria terra – cioè contro il Sud – i parlamentari meridionali di stretta osservanza giolittiana ricevevano benefici e prebende per loro e per gli accoliti che gli assicuravano il sostegno elettorale.
GIOLITTI E LE MAFIE – Un ruolo importante lo esercitavano le mafie locali, che erano tutte al servizio dei parlamentari giolittiani. Il compito delle mafie locali era quello di sostenere i ‘loro’ parlamentari, eliminando ad uno ad uno – talvolta anche fisicamente – i possibili avversari.
Quando le mafie locali rischiavano di non riuscire nel compito che gli era stato assegnato (non potevano ammazzare centinaia di persone: ricordiamoci che nel 1892 dal Movimento Anarchico era nato il Partito Socialista e a Caltagirone un prete ribelle – si chiamava Luigi Sturzo – minacciava addirittura di organizzare i cattolici per lanciarli nell’agone politico) intervenivano i Prefetti, che venivano nominati direttamente da Giolitti.
Quando le ‘carte non appattavano’ con gli interessi delle mafie locali e dei parlamentari giolittiani da rieleggere, i Prefetti di Giolitti scioglievano i Comuni, adottavano provvedimenti restrittivi verso i più ‘riottosi’ (che spesso coincidevano con soggetti che ‘rischiavano’ di portare troppi voti agli avversari dei parlamentari giolittiani da rieleggere) e, in un modo o nell’altro, con le buone o con le cattive (spesso più con le seconde che con le prime) garantivano la rielezione al parlamentare giolittiano.
Una cosa del genere succede nella Sicilia di oggi. Molte strade provinciali e interpoderali della nostra Isola, ad esempio, si trovano nello stesso stato di abbandono di quelle descritte alla fine dell’800 da Franchetti e Sonnino. Ma è soprattutto lo ‘spirito’ di una certa politica che è molto simile a quello dei ‘gloriosi’ tempi di Giolitti.
Come abbiamo sommariamente descritto, i parlamentari meridionali espressione del sistema di potere di Giolitti non facevano gli interessi del Sud, ma del Nord Italia. Erano gli ascari di Giolitti. La stessa cosa avviene oggi con la Lega e con i renziani.
GLI ASCARI LEGHISTI – La Lega, in questo momento, chiede l’Autonomia differenziata. In sintesi: siccome il Centro Nord Italia è più ricco – sia perché la gente del Nord è operosa, sia perché il Centro Nord, da oltre 150 anni, deruba scientificamente il Sud – paga in proporzione più tasse e più imposte.
Fino ad oggi tute le Regioni italiane contribuiscono, ognuna per la propria dimensione economica, al sostegno della fiscalità generale dello Stato.
Oggi le Regioni del Centro Nord si vogliono tenere tutto il proprio gettito fiscale assicurato da imposte e tasse. Volendo, questo principio, in prospettiva, è previsto dalla legge sul federalismo fiscale del 2009 voluta dalla Lega.
LEGA E PD NON VOGLIONO I LEP – Il problema è che quella legge voluta dalla Lega – la legge nazionale n. 42 del 2009 – prevede l’individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep). Ovvero: prima di consentire ad ogni Regione italiana di tenersi tutte le imposte e tutte le tasse pagate dai propri cittadini bisogna assicurare ad ogni Regione alcuni servizi essenziali: sanità pubblica, scuola pubblica, viabilità, mobilità e via continuando.
Ai leghisti, però, la parte della legge 42 sui Lep non piace più. Si sono pentiti di averla votata. Si vogliono tenere tutti i soldi e basta. La cosa incredibile è che anche il PD – che teme di perdere le elezioni in Emilia Romagna, dove il gettito fiscale è molto elevato – la pensa come la Lega!
Cosa dovrebbero fare i cittadini e i politici del Sud davanti a uno scenario del genere? Dovrebbero coalizzarsi contro la Lega che, alla fine, sta cercando, in tutti i modi, di scippare allo stesso Sud le risorse economiche e finanziarie per la sanità, per la scuola, per le strade, per la mobilità e via continuando.
Invece no: in Sicilia e nel Sud ci sono politici passati con la Lega che lavorano per la Lega contro la propria terra e contro i propri cittadini! E la cosa incredibile è che trovano cittadini che li sostengono! Proprio come avveniva ai tempi di Giolitti!
IL SUD MASSACRATO DA RENZI – Una cosa simile avviene con i renziani. Renzi, quando era Presidente del Consiglio, ha penalizzato scientificamente il Sud. Il suo Governo è stato, in assoluto, il più antimeridionale della storia della Repubblica italiana. In particolare, Renzi ha penalizzato la Sicilia togliendole risorse finanziarie – parliamo di circa 4 miliardi di euro – che la Corte Costituzionale aveva assegnato alla Regione siciliana.
Ha fatto questo con l’avallo del PD siciliano e, in generale, dei partiti del centrosinistra siciliano e con il partito dell’allora Ministro Angelino Alfano.
Oggi Renzi ha un suo partito – Italia Viva – e ci sono parlamentari nazionali e regionali, sindaci, assessori e consiglieri comunali della Sicilia che gli vanno dietro. E ci saranno elettori della Sicilia che sosterranno lui e i suoi sodali siciliani. Così come ci saranno parlamentari, sindaci, assessori e consiglieri comunali della Sicilia che sosterranno la Lega di Salvini.
Perché lo fanno se tutti questi signori della Lega e di Renzi vanno contro gli interessi della Sicilia e, in generale, contro gli interessi del Sud Italia?
La spiegazione è sempre quella de I Vicerè:
“Ma allora non hai capito niente! – gli spiegano -. Destra? Sinistra? Ma che ce ne frega a noi delle sigle e delle idee? Tu devi andare a sederti nel Parlamento e pensare a noi, agli affari nostri!”…
Cosa si può fare per arginare questa deriva? Quello che stiamo facendo: informare. E quello che sta facendo il Movimento 24 Agosto di Pino Aprile per l’Equità Territoriale.
Ma occorre uno sforzo in più. Nel Sud il particulare di guicciardiniana memoria è diffusissimo. E alimenta leghismo e renzismo.
Si può fermare questa deriva? Al massimo, come abbiamo sottolineato, si può arginare. Ma per arginarla ci vuole subito una prova elettorale, magari in Puglia e in Calabria. Bisogna fare vedere che l’alternativa c’è. Sennò leghisti e renziani continueranno a crescere anche al Sud.
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