Il fenomeno è molto accentuato nelle aree interne della nostra Isola. Ma oggi, complice la povertà dilagante, investe tutta la Sicilia e il Sud, anche se è presto per potere avere a disposizione rilievi statistici. Che, invece, sono disponibili per l’entroterra siciliano, dove la popolazione ha cominciato ad abbandonare questi luoghi negli anni ’50 del secolo passato. Un’emorragia di abitanti mai fermata e, anzi, accentuatasi negli ultimi anni. Con gli abitanti sostituiti in parte degli extracomunitari
Nei primi anni ’80 del secolo passato, quando ancora in Sicilia “c’era la politica”, lo spopolamento delle aree interne della nostra Isola era già nelle cose. Chi scrive allora muoveva i primi passi nell’attività giornalistica e, di quel tempo, ricorda i dibattiti in Assemblea regionale siciliana e anche l’approvazione di alcune leggi per combattere il fenomeno. Oggi il ‘Rapporto sulla demografia delle aree interne della Sicilia’, realizzato dal Servizio statistica e analisi economica della Regione siciliana ci dice che la situazione è di grano lunga peggiorata.
Non abbiamo letto il Rapporto (cosa che contiamo di fare per darne contezza ai nostri lettori), ma soltanto quello che leggiamo qua e là sui giornali. Trattandosi di un argomento che abbiamo cominciato a trattare, come già accennato, nei primi anni ’80, proviamo ad azzardare qualche ipotesi.
Sul quotidiano La Sicilia leggiamo che tre intere città della Sicilia sono “scomparse nell’arco di una generazione… È come se, nel giro di meno di 70 anni, fossero spariti nel nulla tutti gli abitanti di Agrigento, Caltanissetta ed Enna con le città completamente svuotate”.
Ovvero quasi 150 mila abitanti in meno!
“Il calo di residenti, in realtà, riguarda cinque aree interne dell’Isola – leggiamo sempre su La Sicilia -: Sicani, Madonie, Nebrodi, Calatino e Simeto-Etna. Dal 1951 a oggi in queste zone – per un totale di 65 Comuni – la popolazione si è ridotta di 147.479 unità e la diminuzione è stata costante nel tempo: solo negli ultimi anni, dal 2011 al 2019, ben 14mila in meno”.
Quest’ultimo dato è interessante e illuminante.
Nei primi anni ’80 lo spopolamento delle aree interne della Sicilia veniva spiegato con l’inurbamento delle aree costiere della Sicilia: fenomeno dovuto alla crisi dell’agricoltura (la riforma agraria varata dal Parlamento siciliano nel 1950 si rivelerà un fallimento, come abbiamo raccontato illustrano la storia tormentata dei Borghi rurali della nostra Isola), mentre tante gente che viveva nell’entroterra della Sicilia veniva attratta nelle città costiere dalla nascita di tanti uffici pubblici (fenomeno molto vistoso a Palermo con gli uffici della Regione siciliana) e, soprattutto, dal sogno industriale: l’ANIC voluta da Enrico Mattei a Gela, la folle industrializzazione della piana di Siracusa, tra chimica e raffinerie di petrolio, la raffineria di Milazzo, per citare solo tre esempi.
Già alla fine degli anni ’80 lo spopolamento delle aree della Sicilia era vistoso. Ed è continuato, subendo un’accelerazione, tra il 2011 e il 2019.
L’accelerazione dello spopolamento – questo è il nostro giudizio – non riguarda ormai solo le aree interne, ma tutta la Sicilia. Ed è uno spopolamento legato all’impoverimento della nostra Isola e, in generale di tutto il Sud Italia.
L’impoverimento riguarda tutta l’Italia, se è vero che, oggi, nel nostro Paese – cosa mai avvenuta nella storia della repubblica italiana – si contano 13 milioni di poveri, di cui 5 milioni indigenti.
Ma questa povertà – lo ribadiamo – presenta caratteri più accentuali nel Sud Italia perché, a partire dalla cosiddetta Seconda Repubblica – cioè dai primi anni ’90 del secolo passato – non solo è scomparso l’intervento straordinario dello Stato, ma si è andato riducendo, fino a scomparire, anche l’intervento ordinario, sostituito dai fondi europei che, peraltro, non sempre vengono utilizzati.
Oggi sappiamo poco, in termini statistici, dei giovani che ogni anno lasciano la Sicilia in cerca di lavoro: e lo stesso discorso riguarda tutto il Sud.
Infatti, chi lascia la Sicilia e, in generale, il Sud, in molti casi, non ha cambiato residenza: magari la cambierà, ma per registrare questi cambiamenti – che probabilmente si verificheranno, a meno che nel Sud non cominciano a cambiare le cose – ci vorrà qualche anno.
Oggi il ‘Rapporto sulla demografia delle aree interne della Sicilia’ registra, per esempio, un aumento degli stranieri che hanno preso la residenza nella nostra Isola, a cominciare proprio dalle aree interne.
“Agli inizi del Duemila – leggiamo sempre su La Sicilia – erano circa 1.500, quest’anno sono già 9.851 con una crescita media annua dell’11% e una dinamica maggiore di quella regionale con un incremento medio annuo dell’8,1%. In totale in Sicilia gli stranieri residenti sono passati da 49mila a 200mila. Il picco, rileva lo studio, è stato registrato nel 2007”.
Insomma, fino al 2007 le aree interne della Sicilia presentano un forte incremento di non siciliani. E il motivo è anche semplice da spiegare.
La prima spiegazione è legata al fatto che l’abbandono delle aree interne della Sicilia iniziato negli anni ’50 e mai bloccato ha lasciato tantissime abitazioni vuote e, in alcuni casi, anche abbandonate.
Detto in parole più semplici, per gli extra comunitari trovare un’abitazione è più semplice (e meno costoso) nelle aree interne piuttosto che nelle città costiere della Sicilia.
Diverso il discorso per il lavoro. Industrie, nell’entroterra della Sicilia ce ne sono pochissime. E l’agricoltura – come scriviamo spesso – è in grande affanno. Soprattutto con la speculazione al ribasso sul prezzo del grano duro che, spesso, è l’unica coltura praticabile nelle aree interne.
E allora come vivono gli extra comunitari che trovano posto nell’entroterra della Sicilia? In parte nell’agricoltura che ancora resiste (ma sempre meno, perché le aziende agricole siciliane – tranne casi rari – non possono pagare un operai agricolo 80-100 euro al giorno!) e, in buona parte, nell’assistenza agli anziani: sia nei paesi delle aree interne, sia nei centri più grandi, magari da pendolari.
Ribadiamo: quello che ancora la statistica non ha registrato – ma che verrà registrato tra qualche anno – è non soltanto la riduzione sensibile della popolazione siciliana nella aree interne, ma una sostanziale riduzione della popolazione in tutta la Sicilia.
Già da qualche anno la Sicilia comincia a risentire gli effetti dei nefasti anni del Governo regionale del Governo Crocetta e dei ‘Patti scellerati’ siglati con il Governo nazionale di Matteo Renzi nel 2014 e nel 2016.
Ma gli effetti negativi di questi ‘Patti’ (che trovate qui e in calce a questo articolo), si avranno tra cinque sei anni, quando l’impoverimento e lo spopolamento della Sicilia sarà ancora più accentuato: e di questo i Siciliani dovranno ringraziare il PD.
La speranza è che, con la nascita del Movimento 24 agosto – che verrà presentato ufficialmente il 13 ottobre a Cosenza – la tendenza, per la Sicilia e per il Sud possa essere invertita. Cosa, questa, che può fare soltanto un nuovo soggetto politico che lavori nel Sud e per il Sud.
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Foto tratta dal Corriere della Calabria
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