Ce lo chiediamo perché leggendo gli articoli che ‘Live Sicilia’ e ‘La Sicilia’ hanno dedicato a questo Comune amministrato dalla sinistra dove il Consiglio comunale è stato sciolto per mafia siamo saltati dalla sedia. In questo articolo ci sono anche le dichiarazioni molto critiche di due parlamentari del Movimento 5 Stelle. Il nostro augurio è che, alle prossime elezioni comunali, i grillini non si presentino da alleati del PD
Misterbianco non è una cittadina qualunque. Poco più di 50 mila abitanti, grosso centro alle porta di Catania, questo centro – sciolto per mafia nei giorni sorsi – è diventato, a quanto pare, un luogo dove i mafiosi hanno sviluppato interessi di peso. Noi, di solito, oltre a non occuparci quasi mai di cronaca giudiziaria, nutriamo molti dubbi sulla scioglimento dei Comuni per mafia, dal momento che tale provvedimento porta i ‘timbri’ del Ministero degli Interni: a decidere non è la magistratura, ma la politica e, forse, la burocrazia.
Però nel caso di Misterbianco – stando a quello che leggiamo – la cosa è molto più pesante. Antonio Condorelli, collega che scrive per Live Sicilia, è un ottimo ‘battitore’ di cronaca giudiziaria. E quello che ha scritto su questa vicenda vale la pena di essere ripreso. Anche per meditare sui rapporti, in Sicilia, tra politica, elezioni e mafia.
Condorelli riporta le parole della Minustra degli Interno, Luciana Lamorgese, che ha firmato il decreto di scioglimento del Consiglio comunale di Misterbianco per infiltrazioni mafiose:
“Accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali”.
Il Prefetto di Catania, Claudio Sammartino, analizzando gli atti amministrativi del Comune, avrebbe riscontrato il condizionamento della mafia.
“A portare alla luce il coinvolgimento di autorevoli esponenti dell’amministrazione comunale – leggiamo su Live Sicilia – erano stati Carabinieri e Guardia di finanza, con l’operazione Revolution Bet, che portò all’arresto del vicesindaco di Misterbianco, Carmelo Santapaola, esponente di spicco del PD, impegnato in prima linea in molti appuntamenti elettorali”.
Non possiamo non notare che l’attuale Ministro Lamorgese, pur facendo parte di un Governo targato PD, ha tirato dritto: e questo è un fatto molto positivo.
Nell’articolo si parla del collaboratore di Giustizia Giuseppe Scollo:
“Scollo ha un lungo curriculum criminale alle spalle, i suoi verbali sono finiti agli atti della maxi operazione eseguita da finanza e carabinieri sotto il coordinamento della Procura guidata da Carmelo Zuccaro, il pentito è stato uno dei testimoni chiave di quando la storia di Catania veniva scritta con il sangue dei morti ammazzati, ha vissuto tutte le scosse di assestamento dei Santapaola ma, all’improvviso, ha scelto di cambiare vita. I magistrati vogliono ricostruire, con lui, il profilo politico del vicesindaco di centrosinistra, militante del PD vicino a Luca Sammartino, dopo anni trascorsi al fianco di Angelo Lombardo e ancora prima in Alleanza nazionale”.
Angelo Lombardo, ex parlamentare nazionale, è il fratello dell’ex presidente della Regione siciliana, Raffaele Lombardo.
Luca Sammartino, rampollo di un’importante famiglia di imprenditori catanesi che operano nella sanità, è attualmente deputato regionale: passato nel PD nella passata legislatura quando Matteo Renzi era il segretario nazionale di questo partito, dovrebbe seguire lo stesso Renzi nel nuovo soggetto politico fondato dall’ex Presidente del Consiglio: Italia Viva.
Scollo parla anche dell’ex vice sindaco, Carmelo Santapaola.
“Carmelo Santapaola – dichiara il pentito (dichiarazione riportata da Live Sicilia) – si occupa di politica e fa sapere le notizie riservate relative ad appalti ed altro. Con riguardo agli affari legati alla politica era vicino a Pippo Rotolo e Carmelo Placenti”.
Agli occhi dell’organizzazione mafiosa, “Santapaola vantava amicizie in Comune a Misterbianco e la possibilità di far avere dei posti di lavoro ai parenti degli affiliati e così favorire il clan”.
Leggiamo ancora su Live Sicilia:
“Il vicesindaco Santapaola avrebbe chiesto voti all’organizzazione mafiosa. ‘Santapaola chiedeva al nostro gruppo – racconta Giuseppe Scollo – i voti per poter essere eletto’. Il bar intestato ‘fittiziamente’, secondo i magistrati, al figlio, era conosciuto negli ambienti criminali. Continua il pentito: ‘A Monte Palma Carmelo Santapaola aveva un chiosco bar assieme al fratello o al cugino Enzo. I suoi cugini, ossia i Placenti, mi chiedevano spesso di far avere i voti al Santapaola e se questi mi incontrava, lo stesso mi chiedeva voti. Poco prima di essere arrestato nel 2012 -racconta l’ex boss di Lineri – mi egli mi chiese di procurargli voti”.
Come si può notare, da queste parti, la commistione tra politica, mafia ed elezioni è acclarata.
A questo punto Antonio Condorelli, nel suo racconto, arriva a Castelvetrano, la città di Matteo Messina Denaro, grande e imprendibile capomafia:
“I Placenti, parenti di Santapaola, sono considerati elementi di spicco della mafia e la loro fama di professionisti del gioco d’azzardo è arrivata anche nella Sicilia Occidentale. E in particolare a Castelvetrano, nel Trapanese. Sono stati documentati contatti diretti con Francesco Guttadauro, nipote prediletto della primula rossa Matteo Messina Denaro. Ciccio Guttadauro non è un personaggio da poco: è figlio di Rosalia, sorella del super latitante, sposata con Filippo Guttadauro, fratello di Giuseppe, capo mafia di Brancaccio”.
Da Castelvetrano siamo passati a Brancaccio, quartiere di Palermo dove la mafia non è certo assente.
A questo punto citiamo un passo di un articolo scritto sul quotidiano La Sicilia dal bravo Mario Barresi:
“… come apprende La Sicilia da fonti romane, nel dossier allegato alla proposta di scioglimento (del Consiglio comunale di Misterbianco ndr) ci sarebbe dell’altro. Alcuni «riscontri concreti», atti alla mano, sull’efficacia del pressing mafioso (magari anche a insaputa del sindaco stesso). E, inoltre, le rivelazioni, pesantissime, di un altro pentito: Salvatore Messina, nome in codice (mafioso) ‘Manicomio’, esponente del clan Pillera. Lo scorso 3 dicembre, in una località segreta, Messina vuota il sacco con i pm Marco Bisogni e Giuseppe Sturiale. E parla di alcuni «incontri avvenuti prima delle elezioni, in particolare nell’aprile 2012». Proprio la competizione di cui si parla nelle carte su Santapaola. ‘Manicomio’ è «assolutamente certo» che l’ex vicesindaco di Misterbianco «fosse a conoscenza dell’appartenenza mafiosa dei suoi cugini». Ma, in un verbale di 19 pagine stracolmo di ‘omissis’, il collaboratore conferma ai magistrati della Dda la posta politico-mafiosa in gioco. Fu proprio uno dei Placenti, ‘Melo’, a stringere con Messina un patto elettorale. Il pentito ammette che entrambi i candidati (omissati nel verbale) sostenuti dai clan «furono eletti». Nel 2012 la ‘Lista Santapaola’, a sostegno di Di Guardo candidato e poi eletto sindaco, totalizzò 1.923 voti che fruttarono tre consiglieri. Il pentito rivela che «i Placenti volevano avere un riferimento forte sul territorio per le licenze e per le altre cose che orbitavano nel comune».
Di Guardo è Nino Di Guardo, sindaco di Misterbianco, PD, già parlamentare regionale.
Insomma, a Misterbianco la ‘sinistra’n ha una bella squadra, non c’è che dire…
In questa storia c’è anche un comunicato dei parlamentari regionali del Movimento 5 Stelle, Antonio De Luca e Jose Marano:
“Siamo molto dispiaciuti per i cittadini di Misterbianco – dice De Luca – che hanno dovuto subire lo sfregio dell’scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose che di certo costituisce una delle pagine più nere che si potesse immaginare per una cittadina così bella e importante della provincia di Catania. Se il sindaco Di Guardo avesse fatto un passo indietro coma da noi richiesto a suo tempo, avrebbe tutelato la sua comunità, anziché la sua poltrona”.
“Le evidenze dei fatti – spiega De Luca – avrebbero dovuto portare il sindaco a dimettersi per consentire ai suoi concittadini di eleggere una nuova amministrazione anziché esporre Misterbianco al pubblico ludibrio dello scioglimento per mafia del Consiglio comunale. Il sindaco di Misterbianco dopo 20 anni di amministrazione ha, nella migliore delle ipotesi, sottovalutato la capacità di penetrazione degli imputati dell’operazione Bet Revolution, sia nella fase elettorale che in quella successiva dell’amministrazione. I cittadini di Misterbianco, purtroppo, adesso pagheranno il conto di quell’atteggiamento spavaldo e superficiale che il sindaco Di Guardo a mio avviso ha mostrato anche in Commissione Antimafia, quando interrogato sulle vicende minimizzava le notizie di cronaca che riguardavano la sua amministrazione. Mi auguro che, almeno adesso, il sindaco Di Guardo prenda atto della realtà e si metta finalmente da parte”.
“Lo scioglimento per mafia del Consiglio comunale – dice Jose Marano – rappresenta purtroppo un marchio infamante per la città. Adesso però è il momento di stare accanto alla Misterbianco onesta che vuole cambiare e dimenticare la cattiva politica che ha condotto a questo epilogo. Ringrazio i nostri portavoce al Consiglio comunale per il lavoro fin qui svolto, per il loro apporto e per la loro battaglia per la trasparenza. Ora più che mai serve riportare la legalità all’interno del Comune: lo si deve a tutti i cittadini”.
Ma il Movimento 5 Stelle non è alleato del PD? Confessiamo che siamo un po’ confusi…
Però una domanda ai parlamentari regionali Antonio De Luca e Jose Marano la dobbiamo porre: non è che, alle prossime elezioni comunali vi presenterete insieme con il partito – cioè con il PD – che ha impresso “un marchio infamante” alla città di Misterbianco?
Noi qui siamo: e la vogliamo vedere tutta. Conserveremo questo articolo quando arriverà il momento del voto al Comune di Misterbianco…
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