Tutti sanno che questi circa 24 mila precari non verranno mai stabilizzati. Non perché sarebbe ingiusto, visto che non hanno mai superato un concorso pubblico: figuriamoci se politici e precari si pongono problemi morali e di legalità! Non verranno mai stabilizzati perché sennò i politici non potranno più ‘ricattarli’ al momento del voto. Schifezze siciliane…
In un’opera teatrale che non si rappresenta più, L’ingranaggio, Sartre si inventa uno staterello ricchissimo di risorse naturali e, partendo dall’ascesa al potere di una nuova rivoluzionaria forza politica, descrive una vicenda umana in cui i condizionamenti, i vincoli, le subalternità, le complicità, l’indifferenza e le più truci aspettative rendono impossibile ogni tentativo di cambiamento politico. Sembra che non possa esistere margine al libero arbitrio e ad ogni decisione sul proprio avvenire.
E’ questa la sensazione che si coglie, chiara e disarmante, rivivendo le eterne immutabili vicende dei precari siciliani. Ogni partito che va al potere viene risucchiato inesorabilmente nell’ingranaggio del precariato. E’ un dejavu tenebroso, in cui la politica, questa politica, sempre uguale, sempre minimale, è vittima di una incoercibile coazione a ripetere. Tutti quelli che si succedono al potere consumano la stessa tragedia.
Si appropriano dei precari, delle loro vicende, dei loro certificati elettorali. I precari, a loro volta, abiurano la “fede” politica passata di moda, si consegnano ai vincitori e intavolano nuove trattative. E’ una gara a chi scende più in basso. Ma, pur cambiando gli attori, la trama è sempre la stessa. E gli attori cambiano non solo per naturale ricambio generazionale, ma, se calcano ancora il palcoscenico, cambiano se stessi.
Che tristezza, infatti, nel vedere Angelo Capodicasa, vecchio comunista, difensore un tempo degli zolfatari, firmare l’emendamento sulla proroga dei precari! Quantum mutatum ab illo!. E’ proprio vero che il male è contagioso! E’ un intreccio perverso, un gioco al massacro, quello del reciproco ricatto. Tutti sanno che questi soggetti (circa 24 mila che operano nei Comuni siciliani) non potranno mai essere stabilizzati. Ma non perché la loro stabilizzazione sarebbe il punto più basso dell’ingiustizia che rappresentano per gli altri siciliani, figurarsi!, ma perché non è politicamente utile stabilizzarli. Cesserebbe la posizione di forza della politica nei loro confronti, il loro potere di farli andare a votare e di farli votare in certo modo.
Il gioco vero è quello delle proroghe. Cui questa gente, al di la delle parti in commedia recitate dai diretti interessati, dai sindacati e dalla nuova politica dei goliardi animati da progetti faraonici, si adatta e si acconcia. Datagli la proroga e, come i drogati, una volta assunta la dose, si calmeranno.
Nessuno è innocente. Nessuno è in buona fede. Nessuno può, né vuole sciogliere questo nodo. Il nodo invece va tagliato. In questo stesso blog abbiamo fatto una proposta: mandarli a casa e inserirli in via eccezionale all’interno di un percorso generale di salario politico i cui destinatari, in via ordinaria, dovranno essere i giovani dai 18 ai 29 anni. Un salario politico da corrispondersi a tutti, ma ovviamente, se e in quanto gli interessati si siano trovati un posto di lavoro vero, con un salario vero.
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