La domanda è naturale. Vero è che, come Forza Italia, il Movimento 5 Stelle è un soggetto politico ‘padronale’, espressione della personalizzazione della politica incarnata in Beppe Grillo. Ma è anche vero che, questa volta, non è detto che tutti obbediscano al ‘capo’. Vediamo il perché e che cosa potrebbe succedere dopo
Il ‘capo’ del Movimento 5 Stelle è ancora lui, Beppe Grillo, espressione piena e compiuta della personalizzazione della politica. E’ lui che ancora oggi comanda. A lui, nelle ultime ore, si è adeguato anche Luigi Di Maio, che adesso spera in qualche ‘strapuntino’ nel Governo di Giuseppe Conte (del quale, di fatto, è ormai un suo sottoposto). Ma dubitiamo che la base e i parlamentari del Movimento, questa volta, seguiranno in massa gli ordini del ‘capo’.
Con molta probabilità, in un modo o nell’altro, vinceranno i sì. E siamo convinti che la notazione sarà ultra-regolare. Per un motivo semplice: perché quelli del “No” al Governo con il PD si saranno già ‘contati’ prima (ricordiamoci che parliamo di numeri minimi).
La domanda è: che faranno i protagonisti del “No”? Ci riferiamo ai parlamentari che non si ‘addizioneranno’ al PD (non saranno molti, ma qualcuno ci sarà) e alla base. Resteranno nel Movimento per combattere la battaglia politica ‘dal di dentro’? O daranno vita a un nuovo movimento politico?
La seconda ipotesi non è da scartare. Non avrebbero, certo, tutti gli appoggi che ha avuto Grillo. Ma partirebbero da un primo vantaggio importante: essere stati protagonisti – in alcuni casi anche da dentro il Parlamento (pensiamo a Gianluigi Paragone, che potrebbe non essere il solo parlamentare a votare “No” – di una stagione politica che ha comunque segnato un momento storico in Italia.
Avrebbero a disposizione un secondo vantaggio: la rete. Alla fine, sono grazie alla rete e sempre sulla rete potrebbero continuare una battaglia dissociandosi da un partito – il PD – che in Italia segnato invece un’epoca molto negativa.
Oggi Matteo Renzi cerca di accreditarsi: ma con tutti gli sforzi che fa rimane sempre l’uomo che ha attaccato lo Statuto dei lavoratori, l’uomo del Jobs Act, l’uomo della ‘Buona scuola’.
La presenza, oggi, di Renzi nel PD e nel nuovo Governo con propri accoliti è la migliore garanzia per rendere, agli occhi di tanta gente, negativo il Partito Democratico, creando così spazi tra chi non lo ama.
Lo stesso discorso vale per Romano Prodi: è stato lui stesso a sollecitare l’abbraccio tra PD e 5 Stelle. E siccome Prodi è il simbolo dei disastri provocati all’Italia dall’Europa dell’euro, anche la sua presenza in questa nuova esperienza di Governo (addirittura si parla di lui come un candidato alla Presidenza della Repubblica) è una garanzia per un movimento che vorrà attingere voti nella sempre più vasta area di euro-scettici italiani che cresce di giorno in giorno.
Insomma, il Governo grillini-PD apre uno spazio politico che non è detto debba essere occupato solo da Potere al Popolo. O dal nuovo Movimento del filosofo e commentatore marxista, Diego Fusaro. Che, non a caso, ha già connotato il proprio Movimento come anti-euro (potrebbe essere lo stesso Fusaro a fare da apripista ai protagonisti del “No” della piattaforma Rousseau…
Foto tratta da Money.it
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