Il ‘tradimento’ dei grillini nel Parlamento europeo e la necessità impellente di un Partito del Sud/ MATTINALE 341

18 luglio 2019

Finalmente il Movimento 5 Stelle ha gettato la maschera per ‘abbracciare’ la Signora Merkel. Ora bisognerà capire che cosa otterrà in cambio. Di fatto, i grillini, contribuendo in modo decisivo all’elezione alla presidenza della Commissione Europea della Popolare Ursula von der Leyen, si sono schierati con il PD e, in generale, con i Socialisti rinnegati del PSE. L’esito scontato, in Italia, dovrebbe essere la crisi dell’attuale Governo Giallo-Verde e un nuovo Governo tra grillini-PD e ‘mercenari’ vari. Perché Luigi Di Maio è il nuovo Angelino Alfano    

Tra tutti i voltafaccia ai quali il Movimento 5 Stelle ci ha abituati, ebbene, quello che si è consumato al Parlamento europeo è forse il più grave. Un terzo del PSE – il Partito Socialista Europeo – ha deciso non soltanto di non votare la tedesca Ursula von der Leyen per la presidenza della Commissione UE, ma di organizzare, nel segreto dell’urna, la ‘bocciatura’di questa candidata: sarebbe stato, se l’azione fosse riuscita, un colpo durissimo all’Europa germanocentrica del Fiscal Compact. E che hanno combinato i grillini? Con i loro 14 voti (tanti sono i seggi di questa forza politica) hanno salvato la delfina della signora Angela Mekel, che l’ha fatta franca ed è stata eletta per appena nove voti!

Sotto il profilo politico è un fatto gravissimo. Perché hanno consentito alle massonerie finanziarie e bancarie e alle multinazionali che fino ad oggi hanno controllato il Governo dell’Unione Europea di continuare a restare, anche se in condizioni sempre più difficili, nella cosiddetta ‘stanza dei bottoni’.

Il voto di due giorni fa – i cittadini attenti se ne saranno accorti – è stato preceduto da un abbassamento dello spread e da una serie di notizie risibili messe in giro ad arte su un’economia italiana che sarebbe migliorata. Pensare, però, che i metaforici ‘Trenta denari’ dei grillini siano solo questi è un errore: tra questi metaforici ‘Trenta denari” ci sarà, politicamente parlando, dell’altro in cambio di altro…

Non tutti i mali, però, come si usa dire, vengono per nuocere. Lo strappo dei grillini – che di fatto, come già ricordato, hanno aderito all’Unione Europea del Fiscal Compact – ha finalmente fatto chiarezza sulla vera natura di questa forza politica.

I fatti dimostrano che la critica all’Europa del Fiscal Compact, la voglia di uscire dall’euro e, in generale, la critica all’Unione Europea da parte del Movimento 5 Stelle sono sempre stati strumentali. Attenzione: non stiamo parlando degli elettori e di tutti i parlamentari eletti: stiamo parlando dell’oligarchia – che probabilmente è solo finanziaria – che governa questo soggetto politico.

Attenzione: i 14 europarlamentari grillini hanno votato in favore di un’Europa pessima. Che è stata descritta bene dall’economista Stefano Fassina che, lo ricordiamo, ha lasciato il PD anche perché non condivide la posizione del suo ex partito sull’Europa:

“L’intervento di Ursola von Leyen al Parlamento europeo è stato abile, ma di assoluta continuità sui pilastri economici e sociali. I partiti della famiglia S&D che, come il PD, dichiarano entusiasti il loro voto si condannano a un’ulteriore fase di subalternità culturale e marginalità politica, nonostante qualche postazione poco più che cerimoniale ottenuta in cambio. La Candidata Presidente è stata politicamente iper-corretta sul tutte i punti cari al continuum liberal-progressista main-stream: dall’evocazione dell’economia sociale di mercato, al completamento della Capital Market Union, dall’ambiente ai diritti civili, dalle liste elettorali transnazionali all’iniziativa legislativa del Parlamento di Strasburgo. Invece, nulla o affermazioni di completa continuità sui capisaldi dei Trattati e sull’agenda di politica economica. Nulla sulla limitazione dei movimenti di capitali, merci, servizi e persone in un mercato unico europeo drammaticamente asimmetrico. Nessun accenno a fermare l’ulteriore allargamento UE ai Balcani. Nessun riferimento al Bilancio dell’Eurozona. Niente sulla necessità di attenuare l’estremismo mercantilista Made in Germany e riorientare i motori della crescita verso la domanda interna. Zero su risorse comunitarie certe e aggiuntive per un piano europeo di investimenti pubblici da finanziare con Eurobonds. Soprattutto, è stato raggelante, ma non sorprendente data la sua storia e la sua appartenenza politica, sentirla affermare: ‘we need to work within the Stability and Growth Pact’. Quindi, nessuna apertura a scorporare almeno una parte degli investimenti pubblici nazionali dal calcolo del deficit. Nessuna disponibilità a rivedere il Fiscal Compact. In base a tale scenario, le conseguenze continueranno a essere maggiore svalutazione del lavoro, maggiori disuguaglianze e maggiori spazi ai partiti nazionalisti”.

Insomma, i 14 europarlamentari grillini hanno scelto bene, alla faccia di chi li ha votati. Del resto, tanti elettori del Movimento 5 Stelle hanno già detto cosa pensano delle giravolte di Luigi Di Maio e compagni: non a caso, alle ultime elezioni europee, i grillini hanno perso 6 milioni di voti. Se potessero parlare – e non è escluso che alcuni di loro lo facciano – non dovrebbero mancare i parlamentari nazionali dissidenti rispetto alla svolta ‘europeista’ di Di Maio.

Se non lo faranno è perché non hanno alcuna intenzione di rinunciare ad altri tre anni e mezzo di indennità parlamentare, così come i 14 eurodeputati grillini, senza vergogna, hanno deciso di sostenere la signora Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione Europea.

Abbiamo detto che, oggi, nel quadro politico italiano, c’è maggiore chiarezza. Di fatto, Luigi Di Maio è il nuovo Angelino Alfano in salsa grillina della politica italiana: così come l’ex Ministro Alfano, in cambio di potere e poltrone, ha svenduto la sua appartenenza al mondo del centrodestra, Luigi Di Maio, in cambio di potere, poltrone e di agibilità nell’Europa del Fiscal Compact si è sbarazzato, senza pensarci due volte, di quel poco che restava dello spirito originario del Movimento 5 Stelle.

Sia chiaro: non si è trattato di uno strappo violento e nuovo. Prima di ‘agganciare’ quello che resta dei grillini al carrozzone delle vecchia, sputtanata e fallimentare politica europea, Di Maio ha ceduto sull’ILVA di Taranto, ha ceduto sulla TAP nel Salento, ha mollato gli agricoltori del Sud e ha dimostrato, nei fatti, che della questione meridionale non gliene può fregare di meno.

Va detto con chiarezza che il “No” dei grillini di Di Maio all’Autonomia differenziata – detta anche ‘Secessione dei ricchi’ – chiesta dalla Lega di Salvini non è una difesa, da parte degli stessi grillini, degli interessi del Sud: ai grillini del Sud Italia, degli agricoltori del Sud, del grano duro, del grano Senatore Cappelli e, in generale, della questione meridionale, lo ribadiamo, non gliene può fregare di meno. 

I grillini stanno utilizzando le ragioni del Sud per garantire se stessi.

Come per il sistema di potere di Berlusconi, che ha sempre avuto testa a Milano, come per il PD, che ha sempre avuto il proprio fulcro nel sistema di potere delle cooperative del Centro Nord Italia (e qui va segnalato il paradosso di Renzi che ha cercato di ridimensionare il sistema delle cooperative all’interno del PD: ma questo è un altro discorso), anche il sistema di potere del gruppo Casaleggio è espressione del Nord Italia. 

Di fatto, i parlamentari nazionali del Movimento 5 Stelle eletti nel Sud non hanno autonomia: possono intervenire sulle cose ininfluenti, ma al momento opportuno, quando sono in gioco gli interessi del sistema di potere grillino, che è antimeridionale come quello del PD e della Lega, debbono stare zitti e ubbidire, sennò vengono sbattuti fuori.

Non stiamo dicendo niente di nuovo. Quando, nel dicembre dello scorso anno, il senatore grillino Saverio De Bonis (che è anche uno dei protagonisti dell’esperienza di GranoSalus) ha presentato un pacchetto di proposte a sostegno dell’agricoltura del Sud, sono stati gli stessi senatori meridionali a ‘bocciare’ tale iniziativa.

Lo stesso discorso si è verificato con il ‘Decreto Genova’, quando i grillini hanno deciso di regalare all’agricoltura italiana i fanghi industriali (con il dubbio che a ‘goderne’ maggiormente sarà, guarda caso, l’agricoltura meridionale…).

Spiace scrivere queste cose, ma i parlamentari nazionali grillini eletti in Sicilia somigliano tanto ai parlamentari che Giovanni Giolitti faceva eleggere nel Sud. La differenza è che Giolitti li faceva eleggere con intrallazzi di ogni genere (nei casi estremi, quando si rendeva conto che i suoi candidati non sarebbero risultati eletti nemmeno con l’aiuto delle mafie locali, spediva i battaglioni pieni zeppi di ufficiali facendo votare lì gli stessi ufficiali, naturalmente a sostegno del proprio candidato), mentre gli attuali parlamentari nazionali grillini, nel marzo del 2018, hanno arraffato seggi che, con molta probabilità, non rivedranno più.

Per carità: non tutti i parlamentari grillini sono Di Maio-dipendenti: ci sono anche quelli che pensano con la propria testa e che, con molta probabilità, non condividono l’appoggio del Movimento all’Europa del Fiscal Compact. Ma fino ad ora sono rimasti zitti.

Anche in Sicilia non tutti i deputati grillini sono allineati con Casaleggio e compagni. Il deputato di Sala d’Ercole, Sergio Tancredi, ad esempio, non ha esitato a scrivere una lettera in cui denuncia gli scippi finanziari ai danni della Sicilia operati dai Governi passati di centrosinistra ed avallati dall’attuale Governo nazionale Conte-Di Mario-Salvini (QUI UN NOSTRO ARTICOLO SULLA LETTERA CHE TANCREDI HA SPEDITO A TUTTI I PARLAMENTARI REGIONALI).

Ma è un mezzo caso isolato, se è vero, ad esempio, che il gruppo parlamentare dell’Ars, non solo tace sulla letetra di Tancredi ma di fatto, non ha preso posizione nemmeno sui guasti combinati a Palermo dall’amministrazione comunale di Leoluca Orlando. Anzi, il dubbio è che qualcuno di loro difenda Orlando (QUI UN NOSTRO ARTICOLO SUI POSSIBILI INCIUCI TRA ORLANDO E I GRILLINI DELL’ARS).

La domanda è: che succederà adesso? I Popolari, i due terzi del PSE e i Liberali governeranno per altri cinque anni l’Europa dell’euro. Ma non gli verrà facile. Perché i due terzi dei rinnegati del PSE, piano piano, raggiungeranno i Socialisti che si sono già schierati contro la nuova presidente della Commissione.

La scommessa della signora Merkel e delle multinazionali, che pensavano di puntare sui Verdi, si è rivelata errata: perché gli europarlamentari eletti con i Verdi si sono schierati, compatti, contro la vecchia politica europea.  

I Populisti, a parte qualche defezione, sono rimasti uniti. Con coerenza – questo dobbiamo riconoscerlo – la Lega di Salvini è rimasta con gli stessi Populisti. Ribadiamo: governare per conto delle multinazionali (pensiamo solo alla Bayer-Monsanto tedesca) con mezzo Parlamento europeo messo di traverso non sarà facile: anzi.

Quanto all’Italia, abbiamo già detto che Di Maio, di fatto, è il nuovo Angelino Alfano in salsa grillina. Ed è ormai tra le braccia del PD, sotto l’egida della signora Merkel che, sempre più ‘ammaccata’, è pur sempre alla guida della Germania.

Salvini, da parte sua, insiste con la richiesta dell’Autonomia differenziata, perché sa che i grillini si opporranno. Salvini è comunque vincente: se otterrà l’Autonomia differenziata ammazzerà il Sud e conquisterà definitivamente il Centro Nord.

Ma, paradossalmente, otterrà di più con il no dei grillini all’Autonomia differenziata, perché nel Centro Nord gli elettori avranno un motivo in più per sostenerlo (ovviamente dirà ai suoi elettori del Centro Nord: “Io ci ho provato, ma come vedete i grillini mi hanno bloccato”).

Non solo. Non ottenendo l’Autonomia differenziata, il leader della Lega potrà continuare a prendere in giro gli elettori del Sud, che in parte hanno già ‘abboccato’ alle sue lusinghe.

Chi ci rimetterà sarà il Movimento 5 Stelle, che ormai si è sputtanato anche in Europa. Nel Centro Nord non verrà più votato e – di fatto come l’ex Ministro Alfano – cercherà di tenere al Sud. Ma franerà anche al Sud.

E’ chiaro che, in questo scenario, il Sud si ritrova messo molto male.

Ai grillini – l’abbiamo già detto – del Sud non gliene frega niente. Ormai i grillini cercheranno solo di sopravvivere, perché non hanno più credibilità politica. Idem per il PD. Quanto alla Lega, solo gli ingenui possono pensare che sosterrà il Sud.

Se l’attuale Governo entrerà in crisi – cosa non improbabile – ci sarà un Governo fatto da grillini, PD e ‘transfughi-mercenari’ vari. E il Sud si ritroverà con tre partiti antimeridionali: l’antimeridionalismo della Lega, l’antimeridionalismo sostanziale dei grillini e il feroce antimeridionalismo del PD, partito che ha rinnegato la sinistra e che proverà a tenersi il Centro cavalcando le istanze leghiste (quello che sta già facendo l’Emilia Romagna).

Cosa vogliamo dire? Che il Sud, se vuole salvare il salvabile, dovrà subito cominciare a lavorare a un Partito del Sud. Alternative e alibi non ce ne sono più.

Foto tratta da tpi.it

 

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