Lo spiega in modo molto chiaro Mario Pagliaro: in molte aree d’Europa il maltempo ha ridotto la produzione di grano duro. Piaccia o no a chi specula al ribasso contro il grano duro del Sud, tra pochi mesi il prezzo di questo prodotto schizzerà all’insù. In questa fase non conviene vendere il prodotto: stoccatelo e vendetelo quando il prezzo sarà aumentato
Torniamo ad affrontare un tema che trattiamo spesso: il prezzo del grano duro in Sicilia e, in generale, nel Sud. A sollecitare, in un certo senso, l’articolo che state leggendo è stato Mario Pagliaro, chimico, ricercatore del Cnr e appassionato di meteorologia. E la meteorologia, si sa, è un elemento che gli agricoltori debbono conoscere benissimo, perché dal clima possono arrivare guai, ma anche opportunità.
Scriveva qualche giorno fa Mario Pagliaro sulla propria pagina Facebook:
“Continua la #crescita del prezzo del grano in #Italia: amici agricoltori, non fidatevi delle #proiezioni che parlano di grande produzione europea, incluse Francia, Germania, Romania, Bulgaria, Russia ed Ucraina. Tutti quei Paesi, incluse le Marche e l’Emilia, dove pure si coltivano quantità significative (per l’Italia) di grano, sono sotto la #pioggia dopo la #neve fino alla fine di Maggio. Conservate il grano per poche settimane, e vedrete cosa ne sarà dei prezzi”.
Insomma, il consiglio di Mario Pagliaro ai produttori di grano duro della Sicilia, ma anche del Sud Italia tutto – consiglio che noi troviamo corretto – è quello di non vendere il grano. Perché se è vero che ci sarà una riduzione della produzione – anche nelle Regioni italiane dove hanno iniziato a coltivare grano duro come Emilia Romagna e Marche – il prezzo del grano duro italiano (che per il 90% circa è coltivato nel Mezzogiorno d’Italia, dove invece la produzione non ha subito riduzioni, a parte qualche zona) dovrebbe salire.
Noi abbiamo chiesto ‘lumi’ a due produttori di grano duro della Sicilia: Cosimo Gioia e Franco Calderone.
Cosimo Gioia ci dice che, in effetti, in Puglia il prezzo del grano duro è in leggero aumento: “Mi dicono che si sta vendendo a 24 euro al quintale. Attenzione: non è il prezzo giusto, perché il grano duro del Sud Italia, per la qualità che presenta – ovvero assenza di glifosato e di micotossine – dovrebbe essere venduto a un prezzo molto più elevato. Quanto alla Sicilia – aggiunge Gioia – il prezzo è sempre lo stesso: 18-20 euro al quintale. Magari più 20 che 18 euro. Ma è sempre un prezzo bassissimo, che non ripaga nemmeno le spese sostenute”.
Franco Calderone allarga le braccia: “Noi non crediamo più nel grano duro – ci dice -. Non si può produrre grano duro al costo di produzione di 23-24 al quintale per poi vendere il prodotto, se tutto va bene, a 18-20 euro al quintale. Noi, nella nostra azienda, abbiamo deciso di non produrre più grano duro. Al massimo, produciamo quello che ci serve per fare il pane e la pasta in casa. E’ stata una scelta dolorosa: bloccare circa cinquanta ettari di seminativo non è una bella opzione. Ma l’alternativa quale sarebbe stata? Vendere il nostro grano duro, che è un’eccellenza, sotto costo? Non se ne parla nemmeno”.
Ancora un post di Mario Pagliaro, che si rivolge agli agricoltori della Sardegna:
“Se ci date subito il #grano, dice il capitale agli agricoltori sardi, vi diamo #subito 22 euro a quintale: 1 euro in più dell’anno scorso. Amici #sardi: l’Italia è sott’acqua da mesi; la produzione di grano è #crollata in tutto il mondo. Vi dicono che ci sono ‘proiezioni’ di surplus. Noi invece vi diciamo: #Conservate ancora per poche settimane il grano, e vedrete gli acquirenti tornare con ben altri #prezzi”.
E’ un invito esplicito, ai produttori di grano duro della Sardegna – che oggi non sono più tanti come un tempo – a non vendere il grano a 22 euro al quintale.
Pagliaro ha postato questo commento a un articolo pubblicato dal giornale on line Sardiniapost. Leggiamo insieme questo articolo:
“Coldiretti Sardegna e il gruppo Casillo, leader nazionale della molitura del grano duro, insieme per la ‘salvacerealicoltori’. Obiettivo: dare una boccata d’ossigeno alle campagne sarde e invertire la rotta del crollo delle superfici destinate a grano e del prezzo del prodotto. Il gruppo pugliese si impegna a pagare un prezzo minimo (22 euro a quintale per il prodotto con 12,5 per cento di proteine e 80 chili per ettolitro di peso specifico) con pagamento immediato. I prodotti dell’isola saranno poi lavorati sia in Sardegna, sia nei quattordici stabilimenti nazionali di Casillo”.
Leggere che la Coldiretti va a braccetto con il gruppo Casillo – che non è solo il ” leader nazionale della molitura del grano duro”, ma è il più importante importatore di grano d’Italia dall’estero è già incredibile! Ma ancora più incredibile è che Coldiretti inviti i produttori di grano duro della Sardegna a vendere il grano duro a 22 euro al quintale!
Il grano duro della Sardegna – come il grano duro di tutto il Sud – vale molto di più di 22 euro al quintale: e questo i signori della Coldiretti lo sanno perfettamente.
“Vogliamo assolutamente che gli agricoltori sardi continuino a lavorare con la passione di sempre – dice sempre a Sardiniapost Vito Savino, responsabile in Sardegna del gruppo Casillo -. Da parte nostra c’è la necessità di garantire un ottimo prodotto ai nostri clienti”.
Ma se il gruppo Casillo vuole garantire “un ottimo prodotto” ai propri clienti, perché offre agli agricoltori della Sardegna un prezzo così basso?
Leggiamo sempre su Sardiniapost:
“In 14 anni – secondo dati dell’associazione – la Sardegna ha perso i 4/5 di terra destinata a grano (-78%), passando da 96.710 ettari del 2004 agli appena 20.684 del 2018. Un tracollo accompagnato dalla perdita di oltre il 50 per cento di cerealicoltori: erano oltre 12mila nel 2000, oggi sono meno di 6mila. Una emorragia dovuta all’incertezza della remunerazione”.
In realtà, in tutto il Sud Italia, sono 600 mila circa gli ettari di seminativi non più coltivati a grano duro. E il motivo c’è, e l’ha spiegato, senza giri di parole, Franco Calderone: il prezzo del grano duro del Sud è troppo basso. Ed è basso perché, da almeno tre anni, è oggetto di una speculazione al ribasso voluta dalle industrie della pasta, che vogliono sì il grano duro del Sud, ma lo vogliono pagare non per quello che vale, ma a un prezzo molto più basso.
Nell’articolo di Sardiniapost l’analisi è corretta sull’andamento dei prezzi del grano duro è corretta:
“Solo negli ultimi 5 anni il prezzo ha imboccato una lunga discesa: dai 30 euro del 2014 ai 27 euro l’anno successivo e poi ai 21 nel 2016 (0,21 centesimi al kg) e 2018. Il grano, denuncia Coldiretti, era remunerato meglio 40 anni fa: 48mila lire al quintale la cifra nel 1976”.
“Dopo gli accordi con ‘Biraghi’ per il pecorino etico solidale, con ‘Bovini al sud’ per la filiera del bovino da carne con Metro e Carrefour, oggi abbiamo siglato un altro accordo di filiera importante per la nostra agricoltura, dando una risposta concreta a un settore in difficoltà – commenta il presidente di Coldirtetti Sardegna Battista Cualbu – si garantisce così un prezzo minimo al produttore, si valorizzano le nostre produzioni di altissima qualità e si lavora insieme anche con nuovi prodotti”.
Il consiglio di Pagliaro agli agricoltori siciliani e, in generale meridionali – che, lo ribadiamo, noi condividiamo in pieno – ovvero non vendere assolutamente il proprio grano duro in questo momento è correttissimo e lungimirante. Cari produttori di grano duro della Sicilia, della sardegna, della Puglia e, in generale, del Sud: stoccate il vostro prodotto e vendetelo solo se ve lo pagano a non meno di 28 euro al quintale, altro che 22 euro al quintale!
L’analisi di Pagliaro, lo ribadiamo, è corretta: ci sarà una riduzione della produzione di grano e il prezzo, che piaccia o no agli speculatori, deve aumentare. Quindi stoccare e aspettare.
Cari produttori di grano duro del Sud: non fidatevi di nessuno – soprattutto di chi vi offre 22 euro per ogni quintale di grano duro! – non fidatevi dei politici: non fidatevi della Lega, non fidatevi del PD, non fidatevi di Forza Italia e non fidatevi del Movimento 5 Stelle: i grillini avrebbero dovuto far decollare la Commissione Unica Nazionale (CUN) per il controllo sui prezzi: ma non sono riusciti a fare nemmeno questo: solo chiacchiere, come la tragicomica mozione sul grano discussa qualche giorno fa alla Camera dei deputati.
Lasciate perdere i grillini, perché sui temi dell’agricoltura del Sud sono uguali a quelli del PD, partito ferocemente antimeridionale.
Stoccate il grano duro e aspettate.
Direte: e se le industrie prenderanno il grano canadese e, in generale, estero? Meglio così: basterà informare i consumatori italiani…
Diverso il discorso per il grano biologico. Ma di questo parleremo in un prossimo articolo.
Foto tratta da oggigreen.it
QUI PER ESTESO L’ARTICOLO DI SARDINIAPOST
AVVISO AI NOSTRI LETTORI
Se ti è piaciuto questo articolo e ritieni il sito d'informazione InuoviVespri.it interessante, se vuoi puoi anche sostenerlo con una donazione. I InuoviVespri.it è un sito d'informazione indipendente che risponde soltato ai giornalisti che lo gestiscono. La nostra unica forza sta nei lettori che ci seguono e, possibilmente, che ci sostengono con il loro libero contributo.-La redazione
Effettua una donazione con paypal