Già in alcune città del Mezzogiorno cittadini e sindaci si stanno liberando dei nomi di personaggi che, con le loro gesta, hanno offeso la dignità delle popolazioni meridionali e, in generale, la dignità umana. Come il generale Cialdini. O come i Savoia, O come Garibaldi, Bixio e via continuando. E noi?
Che cosa sia la toponomastica è risaputo: la parola deriva dal greco “topos” , luogo, e “onomazo” dare il nome. Essa consiste, da un lato, nello studio scientifico dei nomi di un luogo, considerati nella loro origine e nel loro significato e, dall’altro, per come ci spiega Mario Di Liberto, autore di un pregevolissimo dizionario storico toponomastico della città di Palermo, esplica la funzione di mantenere viva la memoria storica delle testimonianze del passato e impedisce il disperdersi del patrimonio artistico, storico e culturale di una città.
Il grande storico tedesco Gregorovius afferma che “i nomi delle strade sono come i titoli dei capitoli della storia di una città e vanno perciò rispettati quali monumenti storici e salvaguardati a prescindere dal gusto artistico dominante”. Sono anche i nomi delle strade, il modo con cui una comunità onora grandi personaggi che con le loro azioni, i loro pensieri e le loro opere hanno dato lustro all’umanità.
In taluni periodi storici molte vie di città vengono intitolate con nomi graditi a chi in quel periodo storico detiene il potere. Ma quando la Storia fa giustizia quei nomi scompaiono. Un esempio per tutti: a Palermo la via Balilla, oggi via delle Croci.
Per un atto di giustizia e di rispetto della Storia in tutte le nostre città della Sicilia e, in generale, del Sud Italia, alcune strade dovrebbero cambiare nome. E non mi riferisco soltanto a quei personaggi storici immeritevoli di essere ricordati in assoluto, quali Enrico Cialdini, il generale piemontese, il macellaio dell’assedio di Gaeta, o Nino Bixio, macellaio garibaldino a Bronte, ma anche a Francesco Crispi, macellaio siciliano di siciliani dei Fasci dei lavoratori. La sua statua al centro della piazza a lui intitolata, a Palermo, andrebbe abbattuta e al suo posto andrebbe innalzato un obelisco che ricordi i nomi dei morti causati dalla sua sanguinosa repressione.
Mi riferisco a Cavour, che nemmeno ci voleva (ordinò a Persano che per nostra disgrazia non obbedì), di impedire a Garibaldi di attraversare lo Stretto di Messina). Mi riferisco allo stesso Garibaldi, strumento più o meno consapevole di un disegno criminoso e, per finire, mi riferisco al Padre della Patria, al Re galantuomo: a Vittorio Emanuele II che rilevò dalle mani di Garibaldi l’intero Mezzogiorno a Teano, ridente località della Campania.
E che ci faceva il re di Sardegna in Campania? Forse era stato invitato dal re delle Due Sicilie a una scampagnata? No! Forse aveva dichiarato guerra al regno delle Due Sicilie e con il suo esercito l’aveva invaso e conquistato? Nemmeno! E allora come poteva essere lì? Semplice, perché era un uomo senza dignità e senza onore. Proprio il padre giusto per questa nostra patria.
Se facessimo quest’atto di giustizia potremmo approfittarne per rendere giustizia a qualche grande escluso, che so, Washington, Napoleone, JF Kennedy, Shakespeare, Moliére, Tolstoj, Voltaire, Salvemini. E infine, accanto a Goethe, sommo tra i visitatori della città di Palermo, potremmo ricordare insieme a tanti altri Oscar Wilde e tanti altri ancora…
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