Il disegno di legge è stato presentato dal parlamentare del PD, Nello Dipasquale. Il tema è stato affrontato nel corso di un convegno organizzato dal pool delle associazioni micologiche siciliane che hanno collaborato alla stesura della proposta di legge
La deregulation sulla raccolta e commercializzazione dei tartufi presto sarà superata. Il disegno di legge di iniziativa parlamentare presentato in Assemblea regionale siciliana (primo firmatario il deputato PD, Nello Dipasquale) verrà presto posto in discussione nella Commissione legislativa Attività produttive del Parlamento dell’Isola.
La novità è emersa nel corso del convegno organizzato dal pool delle associazioni micologiche siciliane che hanno collaborato alla stesura della proposta di legge, ovvero La Ferula di Mazara del Vallo, Gruppo Micologico Siciliano onlus di Palermo, Associazione Micologica Econaturalistica Trinacria onlus di Palermo, Associazione micologica Padre Bernardino di Ucria, Associazione Micologica e naturalisica onlus “Micelia” di Palermo, gruppo micologico Akrense di Palazzolo Acreide.
Fondamentale anche la consulenza scientifica di Giuseppe Venturella, ordinario di botanica forestale all’Università di Palermo e quella tecnica del Centro ricerca tartufo e tartuficoltura Sicilia.
Con l’approvazione del disegno di legge n.496/2019 “Norme in materia di raccolta, coltivazione, commercio e tutela del consumo dei tartufi nella Regione siciliana” si colmerebbe finalmente un vuoto legislativo che altre Regioni (la Sicilia è riconosciuta una tra le 14 Tegioni tartufigene italiane) hanno ormai superato da tempo, regolamentando un’attività che può superare il livello amatoriale e diventare per qualcuno anche una interessante fonte di reddito. Ma a condizione che non si compiano vere e proprie predazioni e che si rispetti l’ambiente e il delicato equilibrio delle nostre foreste.
“La proposta di legge nata dalla consultazione di numerose associazioni micologiche – ha spiegato Nello Di Pasquale, deputato PD e primo firmatario della proposta – non è da considerarsi blindata, ma suscettibile di miglioramenti e suggerimenti che possono provenire anche da altre parti politiche”.
Apprezzato da qualche tempo dagli chef e dalla ristorazione dopo l’iniziale scetticismo, il tartufo siciliano, sebbene ancora in cerca di identità e di regole, è ormai entrato a pieno titolo nelle preparazioni gourmet dei ristoratori siciliani che lo accoppiano ad ingredienti di mare e di terra in estrose preparazioni.
Un esempio di ciò che si può realizzare con il tartufo siciliano che si raccoglie in questo periodo, ovvero il Tuber borchii detto marzuolo o bianchetto (molto saporito), il Tuber mesentericum (sapore forte e deciso), il Tuber puberulum (buono ma più delicato del borchii) e il Tuber brumale (odore di muschio e sapore delicato), è stato presentato, a conclusione del convegno, dagli chef Domenico Pipitone ed Andrea Davì in collaborazione con lo chef Daniele Olivastro (Le Cattive).
Gli chef hanno deliziato i palati dei numerosi presenti con: gambero di nassa con tartufo e bufala, miele millefiori di ape nera sicula e polline (usato il Tuber borchii e Tuber puberulum); spaghettino freddo con erba cipollina, vongole, tartufi e alga spirulina (spaghettini conditi con burro al Tuber borchii); tartara di manzo con salsa agli asparagi, nocciole e tartufi (Tuber brumale). Il tutto accompagnato con Nero d’Avola Sallier de la Tour ed Etna bianco Buonora. Perfino il dessert è stato profumato al tartufo. Il menù è stato chiuso con un cremoso al cioccolato bianco e tartufi abbinato a Nachè, idromele di ape nera sicula.
Foto tratta da tartufosiciliano.net
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