Il nostro articolo di ieri sul convegno del 21 marzo a Santa Caterina Villermosa ha creato qualche ‘mal di pancia’. Torniamo sull’argomento per sottolineare che non abbiamo nulla contro gli agricoltori. Li vogliamo solo mettere in guardia da un’Unione Europea dell’euro che, dopo aver tolto al nostro Paese la sovranità monetaria e la sovranità politica, gli vuole togliere anche la sovranità alimentare. Quanto ai sindaci della vecchia politica, meglio perderli che trovarli!
Il nostro articolo di ieri sul futuro dell’agricoltura siciliana ha suscitato qualche ‘mal di pancia’ (QUI L’ARTICOLO CHE COMMENTA LA MANIFESTAZIONE PREVISTA IL 21 MARZO A SANTA CATERINA VILLERMOSA). Così abbiamo deciso di tornare sull’argomento. Per precisare, in primo luogo, che la nostra non è stata e non è una critica agli agricoltori siciliani. Tutt’altro.
Cominciamo con una precisazione. Da quando siamo in rete abbiamo cercato di affrontare i temi dell’agricoltura siciliana. E l’abbiamo fatto da una precisa angolazione: difesa, a oltranza, della nostra agricoltura in contrapposizione a un’azione di smantellamento portata avanti dall’Unione Europea dell’euro controllata, in modo quali ‘militare’, dalle multinazionali e dai liberisti e avallata dalla vecchia politica siciliana.
Nulla di ‘ideologico’, nella nostra battaglia: solo fatti concreti, osservati e commentati. A cominciare dalla battaglia a tutela del grano duro del Sud Italia.
Quando abbiamo posto il problema del grano duro che arriva dalle aree fredde e umide del Canada – cosa che continua ad avvenire – l’abbiamo fatto commentando fatti con il sostegno di tecnici che conoscono molto bene il settore (COME POTETE LEGGERE QUI).
Oggi viviamo un momento estremamente difficile. Da una parte siamo inondati dalla retorica ‘europeista’; dall’altra parte, però, ci sono i duri fatti già accaduti e i duri fatti che premono dal basso.
I fatti accaduti sono sotto gli occhi di tutti. Con l’avvento dell’euro l’Italia si è giocata la sovranità monetaria. Le polemiche di questi giorni sul memorandum dell’attuale Governo italiano con la Cina si riassumono nel tentativo di impedire all’Italia di liberarsi dalla schiavitù dell’euro.
Sottoscrivendo una quota del debito pubblico italiano, i cinesi aiuterebbero il nostro Paese a ‘respirare’ economicamente’, liberandolo dal giogo monetario – massonico e truffaldino – dell’Unione Europea che sfrutta il debito pubblico per ‘strangolare’ i Paesi più deboli del sistema euro (vedi la Grecia e anche l’Italia).
Oltre ad aver perso la sovranità monetaria, l’Italia ha perso anche, di fatto, la sovranità politica. Un Governo, espressione di un Parlamento liberamente eletto, che non può nominare un Ministro dell’Economia perché l’Unione Europea pone il veto – ed è quello che è successo all’Italia con Paolo Savona – è un Paese che non ha più sovranità politica.
Ma la partita non è finita qui. Dopo aver tolto all’Italia la sovranità monetaria e la sovranità politica, l’Unione Europea dell’euro sta provando a togliere al nostro Paese anche la sovranità alimentare.
Di fatto, l’Unione Europea dell’euro, attraverso trattati internazionali e accordi bilaterali con vari Paesi extra-europei, sta provando a sostituire alcuni dei prodotti agricoli del vecchio Continente con prodotti agricoli di altri Paesi del mondo. E, in particolare, sta provando sistematicamente a smantellare l’agricoltura del Sud Italia.
In questa fase sotto scacco sono alcuni prodotti agricoli dell’Europa mediterranea, con particolare riferimento all’Italia e, soprattutto, al Sud Italia.
Ormai da qualche anno l’attacco al grano duro del Sud Italia non dà respiro al settore. Il prezzo del grano duro è bloccato a 18-20 euro al quintale. Prezzo bassissimo. E l’arrivo, in Italia, di grano duro estero – canadese, ma anche proveniente da altri Paesi – è inarrestabile. Il tutto senza controlli.
La stessa cosa riguarda il grano tenero: l’Italia è invasa dal grano tenero canadese Manitoba, ma non si deve dire (COME POTETE LEGGERE QUI).
Lo stesso discorso riguarda l’ortofrutta. Con la retorica terzomondista l’Unione Europea è stata capace di far arrivare a Pachino il Pomodorino del Camerun! (QUI IL NOSTRO ARTICOLO).
L’attacco portato avanti dalla globalizzazione dell’economia imposta dall’Unione Europea dell’euro non dà tregua: arrivano Pomodorini e, in generale, pomodoro e passata di pomodoro dalla Cina, olio d’oliva dalla Tunisia (altro accordo ‘intelligente’ approvato dal Parlamento europeo con il voto di Popolari e Socialisti), ortofrutta dall’Africa e dall’Asia e via continuando.
Qualche giorno fa abbiamo acceso i riflettori sui carciofi egiziani che stanno sostituendo i carciofi siciliani (COME POTETE LEGGERE QUI). Altra possibilità di reddito tolta agli agricoltori siciliani nel silenzio generale.
L’obiettivo è preciso: smantellare l’agricoltura del Sud Italia. In Sicilia sono a buon punto, se è vero che, su 13 miliardi di spesa per l’acquisto di beni alimentari da parte della popolazione siciliana, ben 11 miliardi di euro sono spesi per l’acquisto di alimenti che nulla hanno a che spartire con l’agricoltura siciliana!
A dare una mano all’Unione Europea dell’euro è la miopia e l’egoismo del Centro Nord Italia che opera sistematicamente contro il Sud. I ‘casi’ del latte di pecora e dell’olio d’oliva extra vergine sono emblematici.
Il Pecorino romano di romano ha ben poco di romano, visto che è prodotto in massima parte con il latte di pecora della Sardegna. Non solo gli industriali del Pecorino si devono prendere il latte sardo per produrre un formaggio che nasconde l’origine della Sardegna, ma lo debbono fare pure imponendo un prezzo irrisorio: e ci stanno riuscendo, grazie a un Ministro leghista delle Politiche agricole che fa solo gli interessi degli industriali, non certo gli interessi dei pastori sardi!
Il Centro Nord produce, sì e no, il 10% dell’olio extra vergine di oliva italiano. Ma dagli anni della ‘presunta’ unità d’Italia controlla il mercato di questo prodotto. E lo controlla tutt’ora! (ARGOMENTO CHE ABBIAMO AFFRONTATO IN TANTI ARTICOLI, COME POTETE LEGGERE QUI).
Quest’anno, poi, sull’olio extra vergine di oliva siamo all’offesa della logica e dell’intelligenza: avverse condizioni climatiche hanno ridotto del 50 e, in certe aree italiane, del 60% la produzione di olive. Il prezzo dell’olio extra vergine di oliva italiano – che al 90%, lo ricordiamo, è del Sud Italia – non può scendere sotto gli 8-10 euro a bottiglia (più 10 che 8 euro).
Ebbene, i centri commerciali sono pieni di “Olio d’oliva extra vergine italiano” a 6 euro a bottiglia, a 5 euro a bottiglia, a 4 euro a bottiglia e, persino, a 3 euro a bottiglia… Quanto ci vuole a capire quello che succede?
Com’è che nessuno si chiede che fine fa l’olio d’oliva tunisino arrivato nel nostro Paese?
Questi sono solo alcuni esempi. Li abbiamo ricordati per sottolineare, ancora una volta, che l’avversario da battere, oggi, è la globalizzazione dell’economia imposta dall’Unione europea dell’euro.
Noi lo sappiamo che il Set-Aside (il ‘regalo’ della UE agli agricoltori che lasciano incolti i seminativi) e l’Indennità compensativa sono strumenti che sostengono il reddito degli agricoltori; ma, contemporaneamente, sono strumenti che non aiutano gli agricoltori del Sud Italia e della Sicilia, perché non affrontano – ma anzi nascondono – i problemi di fondo di questo settore.
Continuando di questo passo quasi tutta la produzione agricola siciliana verrà sostituita da quella estera. E questo dovrebbe fare riflettere tutti.
Nella storia dell’uomo la sovranità alimentare è sempre stata strategica. Un Paese che non aveva di che alimentarsi e dipendeva, per l’alimentazione, dalle produzioni agricole di altri Paesi, era un Paese debole destinato a soccombere.
Invece di andare dietro ai paroloni tipo “Europa dei popoli”, “Europa forte”, “Europa unita” e altre ‘menate’ varie, i siciliani e i meridionali in generale si dovrebbero interrogare sul perché l’Unione Europea dell’euro sta provando a privare il Sud della propria sovranità alimentare.
Che cosa c’è sotto? E’ un caso che tutto questo si accompagni all’attacco portato agli agricoltori indebitati? Il ‘caso’ del grano duro Senatore Cappelli non ha insegnato nulla? Così come hanno scippato al Sud una varietà di grano duro del Sud perché non dovrebbero prendersi i terreni agricoli?
Quale sia il disegno non ci è chiaro. Ma ricordiamoci che in un’Italia priva di sovranità monetaria e politica, il Sud Italia è stato privato anche di un sistema creditizio di riferimento. E, oggi, registriamo un attacco concentrico all’agricoltura per smantellarla.
Non è vero che la globalizzazione dell’economia sta sortendo gli stessi effetti in tutta l’agricoltura italiana. Come ricordiamo spesso, dall’1 gennaio di quest’anno sono entrati in vigore i dazi doganali sul riso della Cambogia e della Birmania: dazi voluti dal passato Governo nazionale del PD – e avallati dalla UE dell’euro – per tutelare i produttori di riso del Piemonte, della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna.
Vi dice niente il fatto che tre di queste Regioni – Lombardia, Veneto e Emilia Romagna – sono le stesse che chiedono la “Secessione dei ricchi”?
La verità è che quando c’è da proteggere il Centro Nord Italia si introducono i dazi doganali e si propone la “Secessione dei ricchi”, ovvero lo scippo di altri soldi al Sud.
Preoccuparsi che i sindaci della vecchia politica siciliana non partecipino alla manifestazione del 21 marzo a Santa Caterina Villermosa – come ci hanno fatto sapere ieri gli organizzatori – ci sembra eccessivo. Perché non riusciamo proprio a capire che cosa si aspettano gli agricoltori siciliani da sindaci riconducibili al centrodestra e al centrosinistra, formazioni politiche che hanno affossato la Sicilia e l’agricoltura siciliana.
I sindaci della vecchia politica siciliana sarebbero “spaventati” dal fatto che abbiamo citato come esempio positivo i Gilet Gialli francesi. E noi lo ribadiamo: non condividiamo la violenza, ma gli obiettivi del Gilet Gialli sono giusti: cosa che abbiamo scritto anche quando la rivolta francese è iniziata (COME POTETE LEGGERE QUI).
I Gilet Gialli portano avanti una battaglia sacrosanta: contro l’attuale Europa delle banche e della finanza e contro il presidente francese, Macron, che è espressione delle banche e della finanza. E, a nostro modesto avviso, non molleranno la presa fino a quando non ‘sbarelleranno’ Macron dall’Eliseo. E ci riusciranno.
Quanto agli agricoltori siciliani che pensano di discutere ancora con la vecchia politica – della quale la grande maggioranza dei sindaci dei Comuni siciliani è espressione – gli ricordiamo che, in certi casi, è meglio andare da soli che male accompagnati…
La Lega, infine. I meridionali che vanno dietro alla Lega di Salvini sono, nella migliore delle ipotesi, degli ingenui. La peggiore delle ipotesi ve la racconteremo in un prossimo articolo.
Foto tratta da today.it
Il 21 marzo manifestazione di sindaci e agricoltori siciliani/ MATTINALE 313
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