Comuni: il mangia mangia dei debiti fuori bilancio e il caso eclatante dei 34 mln di Euro di Palermo

25 novembre 2015

Ma se i Comuni siciliani non hanno i soldi per pagare i dipendenti come fanno ad acquistare beni e servizi non previsti dai bilanci, ricorrendo a obbligazioni che, come dice la Corte dei Conti, non rispettano le regole giuridiche contabili proprie degli Enti Locali?

I Comuni siciliani sono in larga parte alla ‘canna del gas’: quasi tutti con i bilanci in ‘rosso’. In alcuni casi, come ha denunciato il vice presidente di ANCI Sicilia (Associazione Nazione dei Comuni Italiani), Paolo Amenta, pagano i dipendenti con i soldi che il Ministero degli Interni eroga per i migranti. Gli stessi Comuni utilizzano le scoperture bancarie per pagare le indennità ai precari. Mentre ormai in tantissimi casi hanno azzerato la spesa sociale: non erogano più servizi ai minori (o glieli fanno erogare alle cooperative che operano in questo settore e non le pagano), agli anziani e, in generale alle categorie deboli. Però, stranamente, i Comuni, che sono tutti in ‘bolletta’, pagano ‘barcate’ di soldi per i cosiddetti debiti fuori bilancio. Il Comune di Palermo – che lascia senza servizi migliaia di soggetti deboli – nel Bilancio 2015 presenta debiti fuori bilancio pari a circa 34 milioni di Euro! Una cifra incredibile, che la dice lunga sulle truffe che vengono organizzate con il ricorso a questo artifizio contabile. (in questo articolo notizie più dettagliate sull’argomento).

In termini tecnico-giuridici, per debiti fuori bilancio si intendono “obbligazioni verso terzi per il pagamento di una determinata somma di danaro che grava sull’ente  (…..) assunta in violazione delle norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa degli Enti Locali” (Ministero dell’Interno, Circolare del 20 settembre 1993 n.F.L.21).

Il debito fuori bilancio di un Comune non è altro che un’obbligazione maturata senza che sia stato adottato il dovuto adempimento per l’assunzione dell’impegno di spesa previsto dall’art.191, commi 1-3, del Decreto Legislativo n. 267 del 2000 (ex art.35, commi 1, 2 e 3 del Decreto Legislativo n.77 del 1995). La Corte dei Conti ha preso posizione sui debiti fuori bilancio definendoli obbligazioni sorte senza il rispetto delle regole giuridiche contabili proprie degli Enti Locali.

E’ importante approfondire – al Comune di Palermo, ma anche in altri Comuni dell’Isola – la natura di questi debiti fuori bilancio. Si distinguono cinque tipi di debiti fuori bilancio:

  • debiti fuori bilancio frutto di sentenze esecutive e sentenze passate in giudicato;
  • debiti fuori bilancio frutto di coperture di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio ed il disavanzo derivi da fatti di gestione;
  • debiti fuori bilancio frutto di ricapitalizzazione di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali;
  • debiti fuori bilancio frutto di procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità;
  • debiti fuori bilancio frutto di acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 191 del Tuel, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.

La cosa strana dei debiti fuori bilancio del Comune di Palermo, come ha più volte segnalato la vice presidente vicaria del Consiglio comunale, Nadia Spallitta, è che la maggior parte di questi debiti è frutto di sentenze che vede matematicamente il Comune perdere al Tribunale. Scrive Nadia Spallitta a proposito del Bilancio del Comune di quest’anno: “Si incrementano i debiti fuori bilancio, pari a quasi 34 milioni (cifra spropositata e inaccettabile) dei quali 24 milioni circa per sentenze che vedonol’Amministrazione soccombente”.

Il dubbio – che in realtà è più di un dubbio – è che a Palermo vada in scena una sorta di ‘triangolazione’ tra Giunta, Consiglio comunale e burocrazia del Comune. Il gioco potrebbe essere il seguente: gli assessori comunali indebitano il Comune con iniziative non previste dal Bilancio; lo stesso Comune non paga e si va in causa; l’ufficio legale del Comune, pur impegnandosi allo ‘stremo’, perde in Tribunale; e infine il Consiglio comunale (che per legge deve approvare i debiti fuori bilancio) approva e la partita si chiude. E così, per quest’anno, 24 milioni di Euro ‘mansi’ finiranno in tante tasche senza passare dal Bilancio…

L’attuale normativa prevede la “responsabilità per danno patrimoniale”, se è vero che dà facoltà ai Comuni di “riconoscere i debiti fuori bilancio nel limite dell’indebito arricchimento”: dove per indebito arricchimento s’intende il beneficio che il Comune dovrebbe ricavare dall’accensione di tali debiti.

Detto in soldoni, se il Comune ha acceso debiti fuori bilancio deve averne tratto benefici, altrimenti è una truffa e, di conseguenza, c’è un danno erariale.  

La norma è molto importante, perché consente ai Comuni di pagare i debiti fuori bilancio “nei limiti dell’utilità e dell’arricchimento che l’ente ha conseguito”; mentre la restante parte dei debiti fuori bilancio che hanno arrecato solo danni al Comune debbono essere pagati da chi ha ordinato o reso possibile la fornitura di beni o servizi al di fuori delle previsioni di Bilancio. Insomma, sono cavoli dei privati che hanno fornito beni e servizi che non sono serviti al Comune; o sono cavoli degli amministratori comunali o funzionari comunali che hanno aggirato le disposizioni normative che regolano questo particolare settore della vita pubblica.

Domanda: al Comune di Palermo e negli altri Comuni della Sicilia, in materia di debiti fuori bilancio, è stata mai applicata la normativa che prevede la “responsabilità per danno patrimoniale”?

 

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