La sorpresa non si è fatta attendere. Dopo l’annuncio di qualche giorno fa, arriva la doccia fredda: i 50 milioni promessi da Crocetta non si possono spendere. E i sindacati fanno sapere che a rischio c’è l’ordine pubblico…
Solo un paio di giorni fa, il vicepresidente dell’Anci Sicilia, Paolo Amenta ha lanciato l’ennesimo allarme: i comuni siciliani sono a rischio default, non potranno più garantire nemmeno i servizi essenziali se la Regione non sblocca i trasferimenti dovuti: “O in tempi brevi la politica e il governo regionale si decidono a confrontarsi con tutti gli attori o lo scontro e la paralisi dell’Isola sarà inevitabile”.
Allarme rimasto, ancora una volta inascoltato, al quale se ne aggiunge un altro. E, arriva ancora una volta dal mondo dei forestali. Anche loro vittime di una politica degli annunci che include anche la presa per i fondelli.
Qualche giorno fa, infatti, dopo l’ennesima protesta da parte di questi lavoratori, Crocetta ha annunciato che la Giunta aveva stanziato 50 milioni di euro per il prosieguo delle attività lavorative. Annuncio che ha di certo sedato la piazza, ma non ha risolto il problema. Anzi, col passare dei giorni si è scoperto che si trattava di una notizia senza capo né coda:
“Si è appreso solo oggi a mezzogiorno che alla Regione Siciliana non si possono registrare i decreti di spesa a causa del blocco del patto di stabilità, con la conseguenza che i forestali non possono essere riavviati al lavoro. Una notizia che giunge solo oggi nonostante gli impegni assunti da diversi giorni da parte della Regione” fanno sapere i sindacati. Lasciando intendere che la misura è davvero colma:
“Abbiamo già proclamato iniziative di lotta in tutti i Comuni, ma siamo consapevoli che ora è veramente a rischio l’ordine pubblico.
La rabbia e l’esasperazione è assai comprensibile visto che migliaia di lavoratori non riusciranno più ad espletare le giornate previste dalla legge e non c’è più nessuna certezza circa il riavvio al lavoro”.
Esplicito il segretario della Cgil, Michele Pagliaro: “Dopo settimane spese per cercare la soluzione al problema, con autorevoli interlocuzioni col governo nazionale non si può scoprire d’un tratto che abbiamo scherzato e che il problema delle risorse resta tutto aperto. L’assessore Baccei- dice Pagliaro-non poteva certo ignorare una situazione talmente grave da rischiare di determinare contraccolpi anche in altri settori legati alla spesa pubblica. Richiamiamo alla responsabilità il governo- sottolinea il segretario della Cgil- che deve acquisire consapevolezza del fatto che ci troviamo in una situazione di allarme sociale”.
Gli fa eco il segretario generale della Flai Sicilia, Salvatore Tripi: “Lo stallo sta determinando forte tensione tra i lavoratori che rischiano di subire penalizzazioni economiche nell’ordine del 30%. Il governo deve trovare soluzioni immediate”.
Per inciso, ognuno è libero di pensarla come vuole sull’utilità e sul futuro di questi lavoratori. Ma non è ammissibile che vengano presi in giro. Così come non è ammissibile che i Comuni siciliani restino senza soldi perché Crocetta ha deciso di ingraziarsi il Governo Renzi con i soldi dei siciliani.
Non è mai superfluo ricordare che il Presidente della Regione ha regalato a Renzi 5 miliardi di euro che la Sicilia avrebbe dovuto incassare grazie ad alcuni pronunciamenti della Corte Costituzionale.
Non è mai superfluo ricordare che l’inviato di Renzi in Sicilia, alias l’assessore regionale all’Economia Alessandro Baccei, ha cancellato dal bilancio della regione altri 5 miliardi di crediti che la Regione vantava nei riguardi dello Stato e di altri soggetti. Soldi che, ad esempio, sarebbero potuti servire per erogare ai Comuni siciliani il Fondo per le Autonomie 2015.
Così come grida vendetta il silenzio di Crocetta sul contributo che la regione paga al Governo nazionale per il risanamento della finanza pubblica. Contributo che ammonta a 1, 4 miliardi di euro per quest’anno e che, sempre a detta di Baccei, è il più alto in assoluto rispetto alle altre regioni italiani. Un salasso che, quindi, sempre secondo Baccei “penalizza l’Isola”.
Per non parlare di tutti i tributi che spetterebbero alla Sicilia, secondo lo Statuto, ma che Roma continua a trattenere.
Allora, lo si dica chiaramente: prima viene Renzi e i bisogni del suo governo allineato ai diktat dell’Ue, poi quelli della Sicilia a cui restano solo briciole. Anzi, neanche quelle.
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