In queste ore due vicende tra loro apparentemente slegate fanno tremare gli esponenti della vecchia politica siciliana. Da una parte c’è l’inchiesta che coinvolge l’ex parlamentare regionale del PD, Paolo Ruggirello. Dall’altra parte, a Montecitorio, sta per iniziare il dibattito sul disegno di legge che ha per oggetto il voto di scambio con la mafia. Comprare voti, per la vecchia politica, diventa sempre più difficile…
Le cronache politico-giudiziarie di queste ore ci consegnano due vicende apparentemente slegate, ma che invece, soprattutto in Sicilia e nel Sud, sono intimamente connesse. Da una parte c’è l’arresto dell’ex parlamentare regionale del PD, Paolo Ruggirello, accusato dalla magistratura di rapporti con la mafia. Dall’altra parte c’è il Parlamento nazionale, dove è iniziato il dibattito sul disegno di legge sul cosiddetto voto di scambio con i mafiosi.
Sono due fatti destinati a giocare un ruolo preminente nella campagna elettorale per le ormai imminenti elezioni europee.
Prendersi in giro, nascondendo la realtà, non serve. Chi, in Sicilia, si occupa di politica – e chi scrive lo fa dal lontano 1985 – sa come nella nostra Isola la vecchia politica prende i voti.
Nella nostra Isola l’influenza della mafia e del denaro, nelle campagne elettorali, è sempre stata una costante. Il fenomeno è mutato – e, per certi versi, si è accentuato – nel passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica.
Se negli anni ’50, ’60, ’70 e, in parte, anche negli anni ’80 del secolo passato, nelle campagna elettorali, più che il denaro contava la “buona parola” delle persone cosiddette ‘ntise, con l’avvento della Seconda Repubblica alla mafia – che conta sempre, attenzione – si è associata la presenza costante del denaro.
A un certo punto – fenomeno molto vistoso negli anni ’90 nel Sud Italia – il denaro, nelle campagne elettorali, ha preso il sopravvento su tutto il resto.
Ma questo non significa – con riferimento alla Sicilia – che è venuto meno il ruolo della mafia. Anche perché, nella nostra Isola, tra i soggetti che hanno grande disponibilità di denaro ci sono soprattutto i mafiosi.
La mafia c’è sempre. Anche perché ad acquistare voti nei quartieri ‘complicati’ di Palermo (ma non soltanto di Palermo) non va il primo ‘galoppino’ che passa: va qualcuno che ha ricevuto il consenso da chi di dovere.
In tanti si chiedono: ma com’è possibile che un candidato appoggiato dai mafiosi non risulti eletto? La risposta è moto semplice.
Tra il 1994 e il 2006 – anni di forte personalizzazione della politica e della contestuale presenza, in politica, di molto denaro – qualcuno restava fuori, anche se appoggiato da ‘gente giusta’, per una fisiologica mancanza di posti disponibili (eccesso di concorrenza…).
Alle elezioni politiche del marzo del 2018 – e questo l’hanno scritto in tanti – l’onda grillina, in Sicilia particolarmente forte, ha fatto saltare tutto, mandando in tilt chi aveva effettuato certi ‘investimenti’ elettorali.
Ci sono anche gli effetti, come dire?, economici. Riflettendoci, una campagna elettorale ‘oliata’ con i soldi della mafia è una forma di riciclaggio diretto e indiretto.
E’ riciclaggio diretto perché un grande quantitativo di denaro di provenienza illecita viene messo in circolo, dalle spese per le campagne elettorali all’acquisto dei voti uno per uno.
Ma c’è anche una forma indiretta, perché gli eletti, una volta giunti nei posti di comando, sanno come essere ‘riconoscenti’ con chi li ha messi nelle condizioni di risultare eletti.
In questo scenario l’arresto di Paolo Ruggirello e, in generale, le inchieste giudiziarie che hanno investito in questi ultimi mesi la Sicilia (molto importante, in questo contesto, l’inchiesta giudiziaria sui “soldi che arrivano dal mare”, ovvero il grande affare dei collegamenti marittimi tra la Sicilia e le isole che la circondano) fanno tremare la vecchia politica siciliana: per quello che ancora potrebbe venire fuori e, soprattutto, per quello che potrebbe succedere durante l’imminente campagna elettorale.
Le frasi registrate ieri a Montecitorio in occasione dell’inizio del dibattito sul disegno di legge che punta a fare maggiore chiarezza sul voto di scambio con la mafia sono la spia di una grande paura che serpeggia tra gli esponenti della vecchia politica: gente che, in campagna elettorale, che gli piaccia o no, dovrà operare nel territorio:
“Come si fa a sapere che uno è mafioso se non ce l’ha scritto in faccia?”, “Questo disegno di legge scoraggia l’attività politica sul territorio. E rischia di coinvolgere anche la Lega. Poi rimane solo Rousseau” e via continuando.
La verità è che per gli esponenti della vecchia politica siciliana a caccia di voti, tra l’arresto di Ruggirello e le rivelazioni che vengono fuori da tale inchiesta, tra quello che già si conosce e quello che ancora non si conosce del ‘caso’ Ruggirello, tra l’inchiesta sui trasporti via mare e il disegno di legge in discussione a Montecitorio, le scarpe, come si usa dire in questi casi dalle nostre parti, accumincianu a essiri stritti, ma stritti assai…
Foto tratta da tg24.info
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