Organizzazione Mondiale della Sanità e ONU contro i cibi ‘avvelenati’: nessun attacco al Made in Italy

10 dicembre 2018

Fra tre giorni l’ONU ‘raccomanderà’ a tutto il mondo non quali cibi mangiare e quali no, ma come vivere meglio nutrendosi con cibi sani. Cosa che non piace alle multinazionali dell’agroalimentare che ci propinano spesso cibi scadenti e alle multinazionali farmaceutiche, che poi ci ‘curano’… C’è chi parla di attacco al Made in Italy. In realtà, è un attacco a chi, nel nome del profitto, avvelena il mondo (e poi lo ‘cura’). Perché il Sud Italia non ha nulla da temere  

La notizia è che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e l’ONU hanno deciso di fare un po’ di chiarezza sul cibo che oggi finisce sulle nostre tavole. Fra tre giorni si aspetta una risoluzione dell’ONU che dovrebbe partire da un report che l’OMS ha diramato nel giugno scorso. Ma già da un pezzo è iniziato un tam tam che, più che informare, ha creato il solito allarmismo. Invece di plaudire a un’iniziativa che punta a tutelare la salute umana sono state messe in giro notizie che, in alcuni casi, provano a confondere le idee.

Perché? Perché l’agroalimentare, oggi, è un grande business delle multinazionali, che non possono che vedere come fumo negli occhi due organizzazioni mondiali al di sopra di ogni sospetto che hanno deciso di informare i cittadini a tutela della loro salute.

Ma la salute dei cittadini non sempre coincide con gli affari e i bilanci delle multinazionali. Prendiamo, ad esempio, un tema che I Nuovi Vespri trattano da quando sono in rete: il grano duro. O meglio, il grano duro canadese coltivato nelle aree fredde e umide di questo Paese, fatto maturare a colpi di glifosato e che, spesso, contiene anche micotossine DON.

Proprio nei giorni scorsi non noi, ma altri hanno rilanciato un nostro articolo che, come hanno scritto, “ha fatto il giro del Web”. E’ un articolo di poco più di due anni fa che racconta tutti i ‘misteri’ del grano duro canadese coltivato nelle aree fredde e umide (QUI IL NOSTRO ARTICOLO).

NO AI VELENI – Ora vi poniamo una domanda: secondo voi l’OMS e l’ONU cosa dovrebbero dire a proposito di questo grano duro canadese? Che è un toccasana per la salute? Che basta innalzare i limiti di questi contaminanti – come ha fatto l’Unione Europea per tutelare gli interessi degli industriali della pasta, alla faccia della tutela dell salute di milioni di consumatori?

Quello del grano duro canadese è solo un esempio. Ci sono – per citare un altro caso che OMS e ONU non potranno fare a meno di trattare – i problemi legati al sale. Piaccia o no, il sale, ingerito in alte dosi, fa male alla salute. Proprio qualche giorno fa abbiamo scritto un articolo raccontando che il sistema sanitario pubblico della Regione Abruzzo ha avviato un dialogo con i panificatori per ridurre la presenza del sale nel pane a percentuali tali da non risultare dannose per la salute umana (COME POTETE LEGGERE QUI). Cosa, questa, che dovrebbero fare tutte le altre Regioni italiane.

Quando parliamo di sale, questo va da sé, il discorso non potrà non riguardare i cibi conservati con il sale, dai salumi al pesce azzurro. Pensate che gli industriali che producono salumi e pesce salato saranno contenti di questo?

Il discorso – non subito, ma prima o poi ci si arriverà – non potrà non riguardare  i prodotti agricoli coltivati con i metodi tradizionali, ovvero con l’uso di concimi, erbicidi, pesticidi.

Che informazione sta passando su un argomento così delicato?

“L’ONU rischia di danneggiare il Made in Italy. L’assemblea generale delle Nazioni Unite, il prossimo 13 dicembre, approverà una risoluzione che definirà dannosi per la salute gran parte dei prodotti agroalimentari italiani”.

Questo l’ ‘attacco’ di un articolo pubblicato ieri su Il Giornale. Di fatto, una notizia positiva – ONU e OMS che provano a mettere un po’ d’ordine tra i cibi che portiamo in tavola – diventa una notizia negativa: un attacco al Made in Italy agroalimentare italiano!

DIETA MEDITERRANEA – Su altri mezzi d’informazione leggiamo che, a rischio sarebbero addirittura alcuni prodotti tipici della Dieta Mediterranea: per esempio, l’olio d’oliva. A noi la cosa non convince molto. Anche perché ci sembra strano che l’ONU e l’OMS si intrufolino nella Dieta Mediterranea colpendo il suo prodotto d’elezione: l’olio d’oliva extra vergine. 

Semmai ONU e OMS potrebbero avvertire i consumatori di stare attenti a che tipo di grassi ingeriscono: che è quello, infatti, che intendono fare. E questo ha messo in allarme tutte le multinazionali: le multinazionali che producono cibi grassi e le multinazionali che producono medicinali per curare le malattie provocate dai cibi grassi…

Come si mettono in salvo i cittadini da questo groviglio di interessi delle multinazionali? Noi, con i nostri mezzi modesti, abbiamo cercato di documentarci per capire come stanno le cose. Partendo dal presupposto che, se i grandi quotidiani nazionali affrontano la questione con vari articoli (che trovate allegati in calce), beh, il problema ci deve essere: per i cittadini e per le multinazionali.

Partiamo da un articolo de La Repubblica dello scorso 18 luglio:

“Tutto nasce da un report del giugno scorso, Time To Deliver’, in cui l’OMS ha presentato una serie di possibili raccomandazioni ai Paesi per ridurre l’impatto negativo di questi cibi e migliorare la regolamentazione, fra le quali però non viene menzionata una maggiore tassazione, ad eccezione di quella sull’acool e tabacchi, come invece era accaduto con una precedente proposta riguardo alle bibite dolci e gassate. Il tema verrà affrontato il prossimo 27 settembre a New York, in occasione della terza riunione convocata per valutare i progressi compiuti nella lotta alle malattie non trasmissibili”.

A CACCIA DI BUFALE – A questo punto ci facciamo guidare da BUTAC, che è un sito che ‘sgama’ le bufale. E BUTAC ci porta a leggere la parte del report ‘Time To Deliver’ che ci interessa. Così scopriamo che, alla base di queste notizie che tanto allarmismo hanno creato al Made in Italy agroalimentare, ci sono, in effetti, solo alcune raccomandazioni per evitare la diffusione di malattie Non Communicable Diseases (NCD). Che cosa sono le NCD?

BUTAC l’ha tradotto dall’inglese:

“Una malattia non trasmissibile (NCD) è una condizione medica o malattia non causata da agenti infettivi (non infettivi o non trasmissibili). Le NCD possono riferirsi a malattie croniche che durano per lunghi periodi di tempo e progrediscono lentamente. A volte le NCD provocano morti rapide come quelle riscontrate in alcune patologie come malattie autoimmuni, malattie cardiache, ictus, tumori, diabete, malattie renali croniche, osteoporosi, morbo di Alzheimer, cataratta e altri”.

Qui c’è la prova che l’Organizzazione Mondiale della Sanità non ce l’ha con il Made in Italy agroalimentare: sta solo provando a impartire alcune raccomandazioni per ridurre l’impatto di certe patologie provocate da certi cibi o dall’eccesso di certi cibi.

Interessante un passaggio che riguarda l’Italia:

“L’Italia e gli Stati Uniti d’America si sono dissociati dal paragrafo operativo numero 1 della risoluzione WHA70.11 e non hanno approvato la serie aggiornata di migliori acquisti e altri interventi raccomandati per la prevenzione e il controllo delle malattie non trasmissibili. Hanno affermato, tra l’altro, di ritenere che le prove alla base di determinati interventi non fossero ancora sufficienti per giustificare la loro inclusione. Ritenevano che gli interventi proposti dovessero riflettere anche l’opinione secondo cui tutti gli alimenti potrebbero essere parte di una dieta generale sana”.

GLIFOSATO – Quest’ultima affermazione, in verità, non ci convince molto: perché, a nostro modesto avviso, non tutti gli alimenti possono essere parte di una dieta sana. Il già citato grano duro con glifosato e micotossine DON, con buona pace dell’Unione Europea, non ci sembra proprio un alimento sano: anzi!

E non ci sembrano alimenti sani i prodotti agricoli trattati con pesticidi che la farmacopea agricola ha bandito dall’agricoltura dai Paesi occidentali negli anni ’60, ’70 e ’80 del secolo passato. Chi ci dice che questi pesticidi, oggi, non vengano utilizzati per produrre l’ortofrutta che arriva in Europa da altre realtà del mondo?

Andando a fondo nella questione la discussione ci porta all’analisi di un documento del 2017, la risoluzione WHA70.11. Seguendo sempre BUTAC appuriamo qual è il vero punto della discussione:

LE PRESCRIZIONI DELL’ONU SUL CIBO – “L’Assemblea Generale ha invitato il settore privato, al fine di rafforzare il suo contributo alla prevenzione e controllo delle malattie non trasmissibili, a:

a) prendere misure per implementare la serie di raccomandazioni dell’OMS per ridurre l’impatto del marketing dei cibi malsani e bevande non alcoliche per bambini;

b) considerare il produrre e promuovere più prodotti alimentari coerenti con una dieta sana;

c) promuovere e creare un ambiente che consenta più comportamenti sani tra i lavoratori;

d) lavorare per ridurre l’uso di sale nell’industria alimentare;

e) contribuire agli sforzi per migliorare l’accesso e la convenienza di farmaci e tecnologie nella prevenzione e controllo delle malattie non trasmissibili”.

Come giustamente fa osservare l’estensione dell’articolo di BUTAC, non c’è alcun attacco al cibo italiano o di qualche altro Paese del Mediterraneo.

Le raccomandazioni riguardano tutto il mondo. Perché, allora, l’allarme è scattato solo in Italia e negli USA?

Certo, se fra tre giorni scatteranno le raccomandazioni dell’ONU sarà interessante capire quali prodotti agroalimentari verranno colpiti. Un attacco all’olio d’oliva extra vergine vero – quello che si produce in Italia (soprattutto nel Sud Italia) ci sembra improbabile (di altri oli d’oliva non sappiamo…).

RIDURRE IL SALE – Ma forse i problemi potrebbero riguardare i salumi. O il già citato pane prodotto con troppo sale. Poi, se proprio la dobbiamo raccontare tutta, qui in Italia noi sappiamo benissimo quali sono i cibi che non dovrebbero arrivare sulle nostre tavole. Non li elenchiamo: elenchiamo soltanto i cibi che, invece, dovrebbero arrivare sulle nostre tavole: pane, pasta, pizze, farine e dolci prodotti con il grano duro del Sud Italia, olio d’oliva extra vergine del Sud Italia, frutta e ortaggi a Km zero.

Detto questo, alla fine in Sicilia e nel Sud dobbiamo sistemare solo un paio di cose: un po’ meno sale (che fa male), non esagerare con il vino, non esagerare con i salumi, non esagerare con i formaggi. E, soprattutto, mangiare solo pasta prodotta con il grano duro del Sud Italia.

Foto tratta da l’inkiesta

 

 

L’ARTICOLO DI BUTAC  

 

 

AVVISO AI NOSTRI LETTORI

Se ti è piaciuto questo articolo e ritieni il sito d'informazione InuoviVespri.it interessante, se vuoi puoi anche sostenerlo con una donazione. I InuoviVespri.it è un sito d'informazione indipendente che risponde soltato ai giornalisti che lo gestiscono. La nostra unica forza sta nei lettori che ci seguono e, possibilmente, che ci sostengono con il loro libero contributo.
-La redazione
Effettua una donazione con paypal


Commenti