La ressa avvenuta a Palermo, in un centro commerciale dei tedeschi della Lidl, tra consumatori che cercano di accaparrarsi l’olio di semi in offerta, è la misura precisa della ‘colonizzazione’ in atto che non risparmia l’agro-alimentare e le nostre tradizioni. L’altra faccia della medaglia è rappresentata dagli spagnoli della Deoleo che cercano di impossessarsi dell’olio d’oliva extra vergine italiano
Due notizie parallele sugli oli vegetali utilizzati per l’alimentazione ci raccontano almeno due cose. La prima, che riguarda un olio di semi, molto ‘pompata’ dalla rete con un video che è diventato ‘virale’. La seconda, presentata come ‘positiva’, riguarda l’olio d’oliva italiano finito tra le ‘grinfie’ della multinazionale spagnola Deoleo, notizia – ribadiamo – presentata come un ‘successo’, ma tenuta ‘bassa’.
La prima notizia arriva da Palermo, dove un centro commerciale dei tedeschi della Lidl ha posto in vendita un olio di semi con lo sconto prendi due e paghi uno: da qui la ressa per accaparrarsi la ‘succulenta’ offerta.
Questa vicenda ci dice che a Palermo, per ciò che riguarda l’olio da portare in tavola, il prezzo fa la differenza. E’ solo questione di povertà? E’ un fatto culturale?
Le spiegazioni possono essere diverse. Ma il fatto è sotto gli occhi di tutti: se il prezzo di un olio da tavola è basso, magari stracciato, il mercato risponde. Inutile stracciarsi le vesti: è così e basta.
Questo spiega perché è cominciata una promozione martellante sulle bottiglie di olio d’oliva ‘extra vergine’ che costano meno di 4 euro. La verità, in questo caso, è battuta dalla pubblicità.
E’ inutile raccontare che, proprio quest’anno, la produzione di olio d’oliva extra vergine, in Italia, è crollata del 50-60%.
Inutile sottolineare che il 90% delle olive da olio italiane si coltiva nel Sud Italia e, segnatamente, in Puglia, in Calabria e in Sicilia.
Inutile stigmatizzare che l’Italia è invasa dall’olio d’oliva tunisino del quale conosciamo poco o nulla (come vengono coltivati gli alberi olivi? che pesticidi si utilizzano?).
Se la produzione di olio d’oliva extra vergine italiano si è ridotta del 50-60% e i Centri commerciali italiani sono pieni di bottiglie di olio d’oliva ‘extra vergine’ a meno di 4 euro a bottiglia, beh, è così difficile fare due più due?
Inutile precisare che, quest’anno, una bottiglia da un litro di olio d’oliva extra vergine italiano non può costare meno di 8-10 euro (con punte di 12 euro). Questa è una ‘notizia’ che molti consumatori – non solo italiani – non vogliono sentire…
Qualche considerazione sugli oli di semi.
In generale, va detto che non sono da scartare a priori, anche se non reggono il paragone con l’olio extra vergine di oliva (quello vero, ovviamente), che rimane uno dei simboli della Dieta Mediterranea.
Gli oli di semi contengono grassi insaturi della serie Omega 3 e Omega 6, importanti per prevenire i rischi vascolari. Ma queste caratteristiche sono presenti negli oli di semi ottenuti con la spremitura meccanica. Con l’estrazione ‘chimica’ e con le varie fasi di raffinazione il patrimonio nutritivo di tali oli va a farsi benedire… (COME POTETE LEGGERE QUI).
Questo è un problema serio. Ma di questo si parla poco.
Poi c’è un secondo aspetto: la ‘colonizzazione’ del Sud Italia da parte di prodotti che non fanno parte della tradizione culturale e alimentare delle nostre contrade.
A Palermo – giusto per commentare il ‘caso’ dell’olio di semi venduto dalla Lidl – la tradizione diffusa, a novembre, tra tante famiglie, ricche e meno ricche, era quella di correre verso il ‘Parco’ di Altofonte per acquistare lì l’olio d’oliva.
Oggi la politica cittadina ha concesso alla Lidl non ricordiamo più se sette o otto centri commerciali. E i tedeschi della Lidl fanno il proprio mestiere: con la politica dei prezzi stracciati propongono prodotti che non fanno parte della tradizione palermitana, siciliana e meridionale. La povertà fa il resto. Punto.
Due parole, infine, sugli spagnoli che piombano in Italia. La Spagna è la prima produttrice al mondo di olio d’oliva. Ma da qualche anno a questa parte registra qualche battuta d’arresto. Così è piombata in Italia. Di fatto, per cercare di scippare al nostro Paese il nostro mercato, che è controllato da gruppi del centro Nord Italia.
La multinazionale spagnola Deoleo, che da alcuni anni controlla il marchio ‘ei fu’ italiano della Carapelli ha stretto un accordo con la CIA, la Confederazione Italiana Agricoltori.
Tutto positivo? Non esattamente. Interessante, al riguardo, un articolo pubblicato su Teatro Naturale Agricoltura – Alimentazione – Ambiente :
“L’olivicoltura italiana è ormai costantemente sotto attacco. In attesa di un intervento del governo, a sostegno di un settore che ha pagato il conto maggiore per gli eventi atmosferici estremi del 2018, è sconcertante dover constatare come anche chi dovrebbe essere chiamato a difendere gli olivicoltori preferisca stringere accordi con multinazionali straniere e svendere il nostro comparto”.
Duro l’attacco alla Confederazione Italiana Agricoltori. La critica – a nostro avviso corretta – riguarda la notizia del protocollo d’intesa firmato tra la CAA-Agricoltori Italiani e Carapelli, marchio, come già accennato, controllato dal gruppo spagnolo Deoleo.
“Un’intesa – si legge nell’articolo – che rappresenta l’ennesimo colpo per il made in Italy e per il mondo olivicolo italiano, sempre più terra di conquista per la Spagna. I dati ufficiali della Nielsen parlano chiaro: l’olio italiano rappresenta solo circa il 3% rispetto al totale dell’olio commercializzato dal gruppo Deoleo. Ritengo quindi – sottolinea David Granieri, presidente di Unaprol (Consorzio olivicolo italiano) – che parlare dell’avvio di un ‘processo virtuoso per far crescere il mercato degli oli extravergini di qualità italiani’ sia vergognoso e ingannevole. Il nostro patrimonio, unico al mondo per qualità e biodiversità, con oltre 530 cultivar, andrebbe valorizzato e non svenduto a una multinazionale straniera con l’ennesimo accordo ‘foglia di fico’, privo di dati concreti, dai quantitativi ai prezzi. Senza dimenticare che la Spagna, da mesi, porta avanti la battaglia per l’abolizione del panel test, strumento fondamentale per il nostro settore, e che la multinazionale spagnola Deoleo sette mesi fa ha accettato di pagare 7 milioni di dollari di risarcimento per chiudere una class action in California. Sull’origine e la qualità dell’olio EVO commercializzato, i querelanti contestavano che sulle bottiglie ci fosse l’etichetta ‘Imported from Italy’, mentre le olive provenivano, oltre che dall’Italia, da altri Paesi”.
Per la cronaca, il panel test è un’analisi sensoriale dell’olio extra vergine di oliva che valuta le caratteristiche organolettiche del prodotto. Su tratta di una metodologia analitica standardizzata operata da un gruppo di assaggiatori selezionati che conoscono molto bene le caratteristiche dell’olio extra vergine di oliva.
Va da sé – lo dimostrano le già citate bottiglie di olio d’oliva ‘extra vergine’ messe in vendita a prezzi nettamente inferiori a quelli che sono i costi effettivi di questo prodotto. Così abbiamo oli d’oliva extra vergine che sono analiticamente simili fra loro. Ma se questa similitudine similitudine può passare inosservata (e purtroppo passa inosservata) tra i normali consumatori, non passa inosservata tra gli assaggiatori.
Non si tratta di elementi secondari: infatti il panel test, ovvero la valutazione dell’odore e del sapore, consente agli assaggiatori di risalire alla storia di un olio d’oliva extra vergine e alla cura con cui è stato prodotto: la varietà di olive che è stata utilizzata (o le varietà, perché un extra vergine può essere prodotto con due o più varietà di olive), il grado di maturazione delle stesse olive, la gestione, ovvero la raccolta e il conferimento delle olive in frantoio. E, ancora, il processo di estrazione dell’olio e le tecniche di conservazione del prodotto (QUI POTETE APPROFONDIRE IL PANEL TEST).
Non c’è bisogno di dire che per le multinazionali che operano in questo settore il panel test è fumo negli occhi, perché va a ‘sgamare’ chi acquista olio d’oliva da chissà dove e lo spaccia – ad esempio – per extra vergine italiano…
P.s.
Il nostro consiglio non cambia: cari consumatori, non risparmiate sull’olio da portare in tavola. E se vi diciamo che tra l’olio d’oliva extra vergine e l’olio di semi non c’è paragone, non lo facciamo per ‘campanilismo’ meridionale: è la pura verità.
Quindi acquistate il vostro olio d’oliva extra vergine dai frantoio di fiducia o dalle aziende agricole di fiducia che lo producono.
Se poi volete optare per l’olio di semi, ebbene, abbiate cura di acquistare quello spremuto meccanicamente.
Ma ricordatevi: a tavola l’olio d’oliva extra vergine è imbattibile.
Foto tratta da ilgazzettino.it
QUI L’ARTICOLO DI TEATRO NATURALE
Perché un litro di olio d’oliva extra vergine non può costare meno di 12 euro
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