Lo scontro è sul calcolo di poco meno di 2 miliardi di euro. Per i giudici contabili è questa la cifra che dovrebbe essere oggetto della manovra. Il Governo non la pensa così. Il tema è approfondito nel documento elaborato dal Servizio studi dell’Ufficio del Bilancio del Parlamento siciliano. Oggi è attesa la pronuncia delle Sezioni riunite in composizione speciale. Se dovesse andare male per la Regione? Meglio non parlarne…
Nelle scorse settimane, pur non avendo avuto modo di leggere i documenti finanziari elaborati dal Governo regionale, abbiamo espresso perplessità sulla manovra economica e finanziaria 2019 annunciata dallo stesso esecutivo qua e là tra indiscrezioni e interviste. In particolare, non ci convince la tesi – sostenuta dal Governo – che i dubbi manifestati dalla Corte dei Conti la scorsa primavera, in sede di ‘parifica’ del Bilancio regionale 2017, siano errati, perché alla fine di questo si tratta.
A noi, con rispetto parlando, sembra un po’ strano che la Corte dei Conti per la Sicilia abbia sbagliato i conti, mentre l’attuale Governo regionale, che fino ad oggi ha prodotto annunci e danni, abbia fatto bene i conti!
Il nostro, ovviamente, era intuito. Oggi, però, il nostro intuito viene suffragato dalla lettura dei documenti finanziari, Rendiconto 2017, Assestamento del Bilancio 2018 e, soprattutto, dalla lettura del documento elaborato dal Servizio studi dell’Ufficio del Bilancio del Parlamento siciliano.
Proviamo a illustrare cosa stanno combinando il presidente Musumeci, il vice presidente e assessore all’Economia, Gaetano Armao, e i vertici burocratici dell’assessorato regionale all’Economia.
Partiamo, ovviamente, dal giudizio di parificazione espresso dalla Corte dei conti a Sezioni riunite per la Regione siciliana in sede di controllo la scorsa primavera, con la decisione n. 4 del 2018. I giudici contabili hanno dichiarato regolare il conto del bilancio della Regione siciliana per l’esercizio finanziario 2017 escludendo, però, alcuni passaggi: la parte in cui viene omesso l’accantonamento per fondo rischi passività potenziali e il Fondo crediti di dubbia esigibilità.
La Corte dei Conti, poi, ha chiesto conto e ragione di alcune entrate, dei residui attivi, di alcune spese, dei residui passivi e degli impegni da reiscrizione di residui perenti. I giudici, infine, hanno dichiarato non regolari il Conto economico e lo Stato patrimoniale.
A conti fatti – è proprio il caso di dirlo – la ‘parifica’ sul 2017 non è stata una passeggiata: tutt’altro! Anche perché, alla fine, la Regione, proprio alla luce di quanto scritto nel giudizio di ‘parifica’, per il prossimo anno, dovrebbe effettuare una manovra di poco meno di 2 miliardi di euro.
Nel proseguimento dell’articolo potrete approfondire alcuni passaggi ‘tecnici’ che vedono contrapposti l’attuale Governo regionale e la Corte dei Conti. In questo passaggio vogliamo sottolineare che, stando ai conti elaborati dall’attuale Governo regionale, nell’Assestamento del Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2018 e per il triennio 2018-2020, il disavanzo da ripianare ammonta a circa 536 milioni di euro.
Riportiamo una parte del documento in questa prima parte dell’articolo, perché ci sempre molto importante:
“Tale ulteriore disavanzo (con riferimento ai circa 536 milioni di euro ) contribuisce a peggiorare il risultato di amministrazione che, già negativo, subisce un ulteriore aumento da –5.842 milioni di euro a -6.286
milioni di euro (si confronti il nuovo allegato 8 al bilancio di previsione 2018/2020). Detto disavanzo è stato generato dalle attività di riaccertamento dei residui ed è immediatamente correlato con le osservazioni formulate dalla Corte dei Conti in sede di parifica del Rendiconto 2017. In particolare il ripiano di detto disavanzo prevede una copertura nel triennio 2018- 2020 e, rispettivamente, grava sui singoli esercizi nel modo seguente: quanto a 164 milioni di euro sul 2018, 150 milioni sul bilancio 2019 e 221 milioni sul bilancio 2020”.
“Con riguardo alle modalità di copertura – prosegue il documento del Servizio studi dell’Ufficio del Bilancio del Parlamento siciliano – per il 2018 si provvede nel modo seguente: per 102 milioni con somme già iscritte in bilancio, ulteriori 55 milioni vengono recuperati dai capitoli per le regolazioni contabili 219202 e 219205 (IRPEF ed IVA). Infine, ulteriori 6 milioni vanno rintracciati attraverso la riduzione di precedenti stanziamenti.
Alla data del presente documento il capitolo 219202 ha una disponibilità di circa 43,6 milioni di euro ed il capitolo 219205 evidenzia un saldo disponibile di 1,7 milioni di euro. Con riguardo alle riduzioni degli stanziamenti sarebbe opportuno che il Governo evidenziasse quali sono i capitoli che verrebbero contratti e, conseguentemente, quali politiche ne subirebbero le eventuali restrizioni.
“Nella considerazione che l’assestamento di bilancio, come sopra accennato – si legge ancora nel documento – è stato strutturato secondo un approccio interpretativo ed una metodologia sottoposta al vaglio delle Sezioni riunite della Corte dei Conti… occorre evidenziare che una eventuale decisione avversa alle predette modalità operative, potrebbe incidere sull’equilibrio complessivo del bilancio regionale in esame“.
QUESTA SECONDA PARTE DELL’ARTICOLO E’ PIU’ ‘TECNICA
Quando abbiamo letto qua e là che il Governo regionale contestava le risultanze contabili della Corte dei Conti, siamo rimasti, come già accennato, perplessi.
Cominciamo, adesso, ad analizzare il documento elaborato dal Servizio studi dell’Ufficio del Bilancio del Parlamento siciliano.
“All’esito dell’istruttoria sul conto del bilancio – si legge nel documento – i Giudici contabili mettono in evidenza una serie di profili di criticità, relativi alle modalità di recupero delle varie tipologie di disavanzo, al mancato realizzo di significativi cespiti di entrata, nonché alla mancata conciliazione dei rispettivi rapporti di debito e credito con i propri enti ed organismi partecipati/controllati, in ordine ai quali si è ritenuto di attivare uno specifico contraddittorio con l’Amministrazione regionale”.
Il Governo regionale, “con riferimento all’esercizio finanziario 2017, lo stesso ha confrontato il disavanzo da pre-consuntivo 2017, pari a 6.289,47 milioni di euro, con l’importo complessivo delle coperture previste al termine dell’esercizio 2016, anziché con l’ammontare del disavanzo. Pertanto, l’Amministrazione ritiene di aver garantito, nell’esercizio 2017, il recupero dell’intera quota di disavanzo di 1.955,99 milioni di euro per effetto del
mero stanziamento di capitoli di spesa relativi alle quote di copertura nel bilancio di previsione 2017-2019”.
Per dirla in breve, con un ricalcolo, come dire?, ‘creativo’, il Governo regionale ritiene di aver coperto il disavanzo di quasi 2 miliardi di euro segnalato la scorsa primavera dalla Corte dei Conti.
Secondo la prospettazione ‘creativa’ dell’attuale Governo regionale “l’importo delle coperture al 31 dicembre 2016, pari a 7.780,25 milioni di euro, per via dell’applicazione della quota di 1.955,99 milioni
di euro prima richiamata, si ridurrebbe a 5.824,26 milioni di euro, che, confrontato con il risultato da pre-consuntivo al 31 dicembre 2017, pari a 6.289,47 milioni di euro, evidenzierebbe un maggiore disavanzo di 465,21 milioni di euro, in riferimento al quale l’Amministrazione regionale ha provveduto a stanziare, nel bilancio di previsione 2018-2020, l’importo di 27,82 milioni di euro, da coprire interamente nel 2018 (capitolo 1), e di 223,55 milioni di euro (capitolo 12), da recuperare secondo un piano di rientro triennale con quote costanti di 74,5 milioni di euro, ai sensi all’art. 42, comma 12, del decreto legislativo n. 118 del 2011”.
“Il nuovo disavanzo generato nell’esercizio 2017 – si osserva sempre nel documento del Servizio studi dell’Ufficio del Bilancio del Parlamento siciliano – viene ricondotto principalmente all’operazione di radiazione dalle scritture contabili dei cd. ‘residui attivi da versare’ per un importo pari a 648,08 milioni di euro, istituto non contemplato dall’ordinamento contabile armonizzato“.
Le Sezioni riunite della Corte dei Conti non sembrerebbero particolarmente entusiaste di questo particolare approccio interpretativo che, “non risulterebbe coerente con i principi introdotti dall’art. 4, commi 2 e seguenti, del DM 2 aprile 2015, nonché dal DM 4 agosto 2016, alla stregua dei quali la verifica del recupero del disavanzo di amministrazione dovrebbe essere effettuata raffrontando il risultato di amministrazione al 31 dicembre di ciascun anno (€ 6.289,47 mln al 31.12.2017) con quello risultante al 31 dicembre dell’esercizio precedente (€ 6.099,6 mln al 31.12.2016)”.
Insomma, i ‘punti di vista’ contabili, chiamiamoli così, tra magistratura contabile e Governo regionale sembrano molto lontani.
“Il Collegio non condividendo tale prospettazione dell’Amministrazione – si legge sempre nel documento – ha, invece, sostenuto che la comparazione tra i due risultati di amministrazione avviene in riferimento al ‘Totale disponibile’, ossia al risultato di amministrazione al netto delle quote accantonate, vincolate e destinate. Qualora l’Amministrazione avesse raffrontato il disavanzo 2016 (€ 6.099,56 mln) con quello da pre-consuntivo dell’esercizio 2017 (€ 6.289, 47 mln), avrebbe ottenuto un saldo negativo di 189,9 milioni, che, sommato agli importi stanziati nel bilancio 2017 (€ 1.955,99 mln), genera un disavanzo complessivo da recuperare di 2.145,90 milioni di euro. Il raffronto tra i risultati d’esercizio 2016 e 2017 mette in evidenza un peggioramento del risultato di amministrazione, che impedisce, già sul piano logico, di dimostrare l’avvenuto recupero, non essendo stata la gestione in grado di consentire, attraverso idonee economie, il riassorbimento delle quote stanziate nell’esercizio 2017″.
Nel documento si sottolinea che:
“Nella nuova disciplina contabile, il principio generale della competenza finanziaria (così detta potenziata o a scadenza) “costituisce il criterio di imputazione agli esercizi finanziari delle obbligazioni giuridicamente perfezionate attive e passive (accertamenti e impegni”); sulla base di tale principio ‘Non possono essere riferite ad un determinato esercizio finanziario le entrate per le quali non sia venuto a scadere nello stesso esercizio finanziario il diritto di credito’ e di converso ‘Non possono essere riferite ad un determinato esercizio le spese per le quali non sia venuta a scadere la relativa obbligazione giuridica’. In altri termini, il criterio di imputazione delle operazioni all’esercizio finanziario di pertinenza, non è più quello in cui si perfeziona la relativa obbligazione giuridica ma quello nel quale l’obbligazione perfezionata viene a scadenza e diviene esigibile: momenti che possono essere coincidenti, ma anche non esserlo“.
“La Regione siciliana in seguito – si legge sempre nel ricorso alla decisione della Corte dei Conti Sezioni riunite in sede di controllo ha presentato ricorso dinnanzi alle Sezioni riunite della Corte dei Conti in speciale composizione, in relazione alle diverse modalità di calcolo del disavanzo dell’esercizio finanziario 2017. Dopo una disamina sulla funzione del giudizio di parifica, la Regione sostiene che la Corte abbia interpretato erroneamente i decreti del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 2 aprile 2015 e del 4 agosto 2016 recanti disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili. Si sostiene, infatti, che il decreto del 2016 disciplina le modalità con cui si deve procedere alla verifica dell’obbligo del recupero del maggiore disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario, imponendo l’obbligo di iscrizione nel bilancio di previsione e non l’obbligo di recupero delle quote pregresse, giusta interpretazione della Sezione regionale della Corte dei conti.
In attesa della pronuncia delle Sezioni riunite in composizione speciale (la cui udienza è fissata per il prossimo 7 novembre, cioè oggi), si rileva che la decisione di parifica costituisce il presupposto per la redazione del rendiconto per l’esercizio finanziario successivo e, pertanto, dell’orientamento della Corte si dovrà tenere conto per il prossimo rendiconto. Si ricorda, infine, che la Regione invoca il rispetto del principio del legittimo affidamento in considerazione del giudizio di parifica per il 2016 che non ha previsto alcun rilievo in merito al disavanzo per l’esercizio 2017 determinato per 648 milioni di euro dalla cancellazione di residui attivi da versare”.
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