L’inquinamento registrato a Favignana – storia raccontata da Il Fatto quotidiano e da Ambiente bio – ripropone la vecchia storia dell’energia, che negli arcipelaghi viene ancora prodotta con i metodi tradizionali: centrali termo elettriche a olio combustibile. E le energie alternative? La legge nazionale bloccata da un anno e mezzo e il disegno di legge dei grillini all’Ars
Una notizia riportata dal sito d’informazione Ambiente bio: a Favignana, isola che dovrebbe essere super-tutelata, gli abitanti denunciano la presenza di gasolio nell’acqua che esce dai rubinetti! Possibile?
A quanto pare è possibile. Il dito – leggiamo su Ambiente bio – è puntato sulla locale centrale termoelettrica: un impianto nato negli anni ’70, che presto però potrebbe avere una svolta green. Sarà sufficiente?”.
Oltre all’articolo di Ambiente Bio (arricchito da un VIDEO) c’è anche un servizio pubblicato suIl Fatto quotidiano:
“Ho cinque serbatoi e da quindici anni al posto dell’acqua mi arriva il gasolio”, denuncia la signora Anna Planeta, che abita al fianco della Centrale elettrica alimentata a gasolio: a dividerli è soltanto un muro.
“Un giorno ho scoperto uno dei miei serbatoi pieni di una sostanza nera, sembrava catrame, chiamai i responsabili della centrale e mi dissero: ‘Ci scusi, c’è stato un danno ma risolviamo. In una notte vennero con le ruspe e con dei tubi asportavano il liquido’”.
All’epoca – leggiamo sempre su Il Fatto quotidiano – l’azienda presentò un dossier che conteneva anche una relazione tecnica, datata settembre 2014, in cui si ricostruiva la genesi e lo sviluppo di uno sversamento di gasolio che ha penetrato le ‘rocce permeabili’ fino alla falda acquifera. Negli anni Ottanta si è verificato un rilascio di prodotti petroliferi da un serbatoio interrato localizzato nella centrale elettrica. Nel 1984 il serbatoio è stato rimosso e si è proceduto con la rimozione del terreno impattato”.
Tutto risolto? Non esattamente. Perché nel 2001 i problemi si sono ripresentati. Insomma, di nuovo inquinamento.
Il Fatto quotidiano ha raccolto la testimonianza di un abitante della zona:
“Mio nonno mi raccontava di quando quest’acqua si poteva bere, adesso sentite che puzza che fa?”.
Aggiunge la signora Planeta, sempre su Il Fatto quotidiano:
“I dirigenti della centrale con me hanno ammesso tutti i loro errori. Da quindici anni la società che gestisce la centrale non mi fa pagare la bolletta della luce e mi rimborsano l’acquisto di acqua dai privati, ma non mi hanno mai voluto mettere nulla nero su bianco. Mio marito è molto malato, e io sono convinta che la centrale e i suoi fumi c’entrino qualcosa”.
La centrale è stata realizzata in contrada Madonna, a due passi dal mare. Tutta la zona è è stata perforata per verificare l’eventuale presenza di sostanze inquinanti. L’impianto ha continuato a funzionare.
Ambiente bio ricostruisce quello che è avvenuto:
“Quella della centrale termoelettrica è una storia di decenni fa. Negli anni ’70, alla SEA (Società Elettrica di Favignana) viene assegnata la concessione per la produzione e distribuzione dell’elettricità sull’isola. L’azienda costruisce, in località Madonna, a poche decine di metri dalla costa, un impianto termoelettrico. Sette motori in origine, di cui due sequestrati per via dell’inquinamento acustico”.
“La Centrale – scrive sempre Ambiente bio – non è stata esente da incidenti. Negli anni ’80, per esempio, ‘si è verificato un rilascio di prodotti petroliferi da un serbatoio interrato localizzato nella centrale elettrica’, come si legge in un dossier della stessa SEA alla Regione siciliana. Lo sversamento arrivò, pare, fino alla falda acquifera. Malgrado il serbatoio difettoso sia stato rimosso nel 1984, un problema simile si è presentato nel 2001”.
“La SEA – prosegue l’articolo – ha presentato poi nel 2016 un progetto alla Regione per lo spostamento della centrale. L’impianto sarebbe dovuto essere sempre alimentato a gasolio, ma più distante dal mare (350 metri da Cala Azzurra e 500 da Bue Marino), con un impianto apposito per la riduzione delle emissioni e con una diminuzione anche dell’impatto visivo del complesso. Di fronte all’opposizione della popolazione e anche dell’amministrazione comunale di Favignana, la Sea si è poi tirata indietro, dando il via a un progetto per la produzione di energia alternativa. La Centrale dovrebbe quindi diventare ibrida: sulla centrale già esistente dovrebbero essere installati dei moduli fotovoltaici, riducendo in questo modo le emissioni di CO2 in atmosfera di circa 500 tonnellate”.
“Favignana – prosegue l’articolo di Ambiente bio – è una delle perle delle Isole Egadi e ospita l’Area Marina Protetta più grande del Mediterraneo. Con la sua estensione di quasi 54 mila ettari, l’Area comprende non solo Favignana, ma anche Levanzo e Marettimo, con gli isolotti di Formica e Maraone. L’importanza dell’Area Marina è inestimabile. È una delle zone di maggior valore naturalistico in Europa. In particolare, è conosciuta per la sua immensa prateria di Posidonia oceanica: è la riserva più estesa e meglio conservata di tutto il Mediterraneo. Perché è così importante? La Posidonia è il polmone del nostro mare: produce ossigeno e assorbe CO2, mitiga l’erosione delle coste e ospita i piccoli di centinaia di specie e organismi marini. Al punto che viene definita come un “asilo nido sottomarino”.
Possibile che a Favignana non trovino ancora posto le energie alternative? E’ così difficile, ad esempio, puntare sull’energia solare? In effetti, come ora proveremo a sintetizzare, le difficoltà ci sono, e sono legate a un passato duro a morire.
La memoria ritorna ai primi anni ’60 del secolo passato, quando il primo Governo nazionale di centrosinistra – con i socialisti dentro “la stanza dei bottoni”, come la chiamava Pietro Nenni – varò la nazionalizzazione dell’energia elettrica, che fino ad allora era stata dominio incontrastato dei privati.
La nazionalizzazione dell’energia elettrica e la creazione, nel 1962, dell’ENEL (voluta soprattutto dal socialista siciliano, Riccardo Lombardi) fece salve gli arcipelaghi italiani, dove continuarono – e continuano ancora oggi – ad operare i privati.
E non è facile smuovere i privati che gestiscono l’energia negli arcipelaghi italiani. Proprio a Favignana, ad esempio, da anni, si discute di un progetto – in pratica, un cavo sottomarino – che dovrebbe collegare il Trapanese con la stessa Favignana. Per portare la tanta energia eolica prodotta in questa provincia anche nelle isole Egadi. Ma il progetto sconta difficoltà di ogni genere.
Ovviamente, i privati che operano negli arcipelaghi non lo fanno gratuitamente: al contrario, ci guadagnano.
L’energia, negli arcipelaghi, viene prodotta con centrali termoelettriche, quasi tutte alimentate con oli combustibili che vengono trasportati in queste isole con le navi. L’inquinamento registrato a Favignana è dovuto alla presenza di queste sostanze.
Il paradosso è che questi luoghi, che dovrebbero essere, come già accennato, super-tutelati, producono l’energia con sistemi tradizionali, bruciando, appunto, oli combustibili che non sono proprio un toccasana per l’ambiente!
Ad Ustica, addirittura, la centrale elettrica va ancora oggi carbone!
Per la cronaca, da un anno e mezzo è stata approvata una legge nazionale che dovrebbe consentire il passaggio dalle energie tradizionali alle energie rinnovabili. Dando ai cittadini delle isole – nel rigoroso rispetto dell’ambiente – la possibilità di realizzare gli impianti fotovoltaici.
La legge c’è, ma da un anno e mezzo si attendono i Decreti attuativi: così tutto è bloccato. Sembrerebbe che il nuovo Governo nazionale dovrebbe finalmente sbloccare i Decreti attuativi.
E la Sicilia? Anche nel Parlamento dell’Isola è in discussione un disegno di legge – presentato dai venti parlamentari del Movimento 5 Stelle, prima firmatario Giampiero Trizzino – che dovrebbe fare chiarezza e consentire agli abitanti degli arcipelaghi siciliani di puntare sull’energia eolica.
“Si tratta – ci dice Mario Pagliaro, chimico e ricercatore del CNR – di un provvedimento molto importante, che fornirà a tutti in siciliani, inclusi gli abitanti degli arcipelaghi, le linea-guida da seguire per realizzare gli impianti solari, nel rispetto del paesaggio e del patrimonio storico-artistico. A Pantelleria, ad esempio, non potranno essere intaccati i tetti dei dammusi, ma verranno realizzate pensiline fotovoltaiche. In generale, ribadisco, in tutte le isole che circondano la Sicilia il rispetto dell’ambiente sarà rigoroso, dando agli abitanti di tali isole la possibilità di puntare sull’energia solare”.
Foto tratta da viaggioarimanente.it
QUI L’ARTICOLO DE IL FATTO QUOTIDIANO
QUI L’ARTICOLO DI AMBIENTE BIO CON UN VIDEO
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