Mettendoli tutti insieme (precari di Regione, Comuni ed ex Province più i forestali) si arriva a circa 100 mila soggetti. Con i tagli del governo Renzi (e con le folli rinunce di Crocetta ai benefici finanziari frutto di contenziosi con lo Stato vinti), la Regione, dal prossimo anno, non potrà pagare tutti
In queste ore infuria una finta polemica, tutta interna al PD, tra il Presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, e i presidenti delle Regioni italiane, quasi tutte governate dal PD (a questa polemica, o farsa, non finge di partecipare il solo Rosario Crocetta che, tra Tunisi e la Sicilia, deve formare il suo quarto governo in tre anni), rappresentate da Sergio Chiamparino, il presidente della Regione Piemonte (Regione che ha quasi 6 miliardi di Euro di ‘buco’). Renzi vuole tagliare 17 miliardi di Euro alle Regioni, ma non vuole che le Regioni mettano nuove tasse; i vertici delle Regioni replicano che, se Roma taglia 17 miliardi di Euro e impedisce alle Regioni di tartassare i cittadini con nuovi balzelli, le stesse Regioni chiuderanno i battenti.
A questo dibattito non partecipano né il presidente della Regione Crocetta, né l’Assemblea regionale siciliana. E’ come se il problema non li riguardasse. E dire che, fino ad oggi, a detta dell’assessore regionale all’Economia, Alessandro Baccei, la Sicilia è stata la Regione italiana più penalizzata dal governo nazionale. I soldi che Roma ha strappato dal Bilancio della Regione siciliana per sanare i propri conti, negli ultimi tre anni, sono stati tanti: 950 milioni di Euro nel 2013; un miliardo e 350 milioni di Euro nel 2014; un miliardo e 150 milioni di Euro quest’anno, mentre per il 2016 lo scippo dovrebbe attestarsi intorno a un miliardo e 600 milioni di Euro (300 milioni di Euro in più di quanto ha illustrato in conferenza stampa, nei giorni scorsi, l’assessore Baccei, al quale un miliardo e 300 milioni di Euro sembravano già troppi: invece il governo Renzi intende scippare alla Regione siciliana, come già accennato, 300 milioni di Euro in più).
Chiamparino ha lasciato intendere a chiare lettere che, se lo Stato dovesse tagliare 17 miliardi di Euro alle Regioni, negandogli, contemporaneamente, la possibilità di introdurre nuove tasse, le Regioni non potrebbero più erogare servizi ai cittadini. In questa storia noi intravediamo due scenari. Il primo, come ora cercheremo di illustrare, riguarda la Sicilia. Il secondo riguarda la democrazia nel nostro Paese.
Come già accennato, il governo Renzi – l’ha affermato qualche giorno fa a Sala d’Ercole il capogruppo di Forza Italia, Marco Falcone – scipperà alla Regione siciliana un miliardo e 600 milioni di Euro circa, ovvero 300 milioni di Euro in più del previsto. Cosa, questa, che porterà a da 3 miliardi a 3,3 miliardi di Euro il ‘buco’ della Regione siciliana nei conti del Bilancio 2016. A nostro modesto avviso, in queste condizioni sarà quasi impossibile, per l’Ars, redigere e approvare la manovra economica e finanziaria 2016. Ma ammesso che, con il ricorso a ‘magheggi’ vari (Renzi, che ormai con il ricatto sulla finanza regionale e con lo stesso assessore Baccei controlla la Sicilia), l’Ars riesca a varare il Bilancio 2016, dovrebbe essere chiaro a tutti che la Regione, il prossimo anno, non potrà pagare i 24 mila operai della Forestale, non potrà pagare i 24 mila precari dei Comuni siciliani, non potrà pagare i precari dei Consorzi di bonifica, non potrà pagare i precari dell’Esa e via continuando con tutti gli altri soggetti che dipendono dalla spesa pubblica regionale. Insomma, per dirla brutalmente, i circa centomila lavoratori più o meno precari fino ad oggi a carico della Regione (cioè forestali, precari della stessa Regione, dei Comuni, delle ex Province e delle società e degli enti di Regione, Comuni ed ex Province) non potranno più essere pagati. Perché la Regione non avrà a disposizione i soldi che servono per pagare tutti questi soggetti, che ammontano a circa un miliardo di Euro all’anno.
Attenzione: non siamo noi a inventarci, forzando i numeri, questa condizione: è la realtà dei numeri, voluta dal governo Renzi che ci porta aritmeticamente a questa conclusione. Con un ‘buco’ sul Bilancio 2016 di 3 miliardi e 300 milioni di Euro e con un indebitamento finanziario di quasi 8 miliardi di Euro (a tanto ammontano i debiti della Regione siciliana), il prossimo anno sarà impossibile trovare un miliardo di Euro per pagare tutti questi soggetti.
Si potrebbe obiettare che i 3,3 miliardi di Euro di ‘buco’ sul Bilancio regionale 2016 sono stati provocati dal governo Renzi: e questo è vero. Si potrebbe obiettare che se, nel 2014, Crocetta non avesse rinunciato agli effetti positivi di alcuni pronunciamenti della Corte Costituzionale, oggi la Regione vanterebbe, nei confronti dello Stato, un credito di oltre 5 miliardi di Euro: e anche questo è vero, ma nessuno, nel giugno del 2014, è sceso in piazza per protestare contro il blitz ‘ascaro’ di Crocetta in favore del governo Renzi e contro gli interessi di 5 milioni di siciliani (dov’erano i sindacati che oggi dicono di difendere i lavoratori precari della Sicilia?). Si potrebbe obiettare che, in materia di sanità, solo di arretrati, lo Stato deve alla Regione siciliana circa 4 miliardi di Euro: ma nessuno, dal 2013 ad oggi, ha rivendicato questi soldi. Si potrebbe obiettare che, con la recente legge di assestamento di Bilancio, approvata dai partiti di centrosinistra dell’Ars, PD in testa, sono stati cancellati dal Bilancio regionale 2015, nel silenzio generale di partiti politici e sindacati, circa 5,3 miliardi di Euro di crediti in favore della Regione siciliana.
Ora siamo arrivati al dunque. O ‘a strinciuta’, come si usa dire dalle nostre parti. E’ bene che questi 100 mila lavoratori sappiano che, a partire dal prossimo anno, non ci saranno i soldi per pagarli. Perché i soldi della Regione se li sono presi Renzi e il PD. E’ bene che sappiano che i deputati regionali del PD che hanno rilasciato, rilasciano e rilasceranno dichiarazioni in difesa di questi circa 100 mila lavoratori precari li hanno presi in giro e li prenderanno in giro. Ed è bene che i sindaci siciliani la smettano di indebitare i rispettivi Comuni (e quindi gli ignari cittadini) con le banche per pagare i precari, perché, a partire dal prossimo anno, i debiti con le banche rimarranno tali, perché la Regione non avrà più i soldi per rifondergli tali debiti (per la cronaca, come i sindaci siciliani sanno, la Regione non ha ancora erogato un solo Euro del Fondo per le Autonomie locali 2015, proprio perché il governo Renzi l’ha lasciata senza soldi).
Insomma per chi non l’avesse ancora capito, a Roma hanno deciso, unilateralmente, fregandosene della politica siciliana, di eliminare questi 100 mila lavoratori precari (che, detto per inciso, non sono pochi). E questo al di là del giudizio su tali lavoratori. Quello che noi stiamo ipotizzando è un terremoto sociale. Ma, lo ribadiamo, è tutto nei fatti e nei numeri. Per questo serve a poco la legge approvata qualche giorno fa dall’Ars con la quale sono stati ‘saccheggiati’ i fondi di riserva del Bilancio 2015 (10 miliardi di Euro) e la solita, martoriata agricoltura (6 milioni di Euro) per pagare sette-otto giorni di indennità arretrate ai forestali. Questa è stata solo una legge inutile che ritarderà di qualche settimana la presa di coscienza di una realtà che, lo ribadiamo, è nelle cose: nei fatti e nei numeri.
Detto questo, sarebbe scorretto, da parte nostra, illustrare un problema senza dare possibili soluzioni. La soluzione di questo gravissimo problema non sta nel ‘saccheggiare’ i fondi di riserva, o nel derubare altri settori della vita economica e sociale (agricoltura) o, ancora, ipotizzare nuovi scippi ad altre categorie dell’Isola (pensionati, commercianti e via continuando). La politica siciliana, che si è fatta derubare un sacco di soldi da Roma senza fiatare, prenda atto che non si possono tartassare i siciliani che ancora resistono e pagano le tasse (già elevatissime, le più alte d’Italia in proporzione: basti pensare a TASI e TARI ai massimi livelli, o alle aliquote IRPEF e IRAP sempre ai massimi livelli) per pagare questi circa 100 mila soggetti. L’unica cosa da fare è rivolgersi all’Unione Europea ipotizzando un salario minimo garantito. Alla luce dei tagli del governo Renzi (e dell’insipienza del governo Crocetta che ha ceduto su tutta la linea alle richieste romane), non vediamo altra soluzione.
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