Pino Aprile spiega perché non possiamo sentirci italiani….
Il tema è sempre attuale è, quel che è peggio, è sempre vittima di una propaganda che continua a ritenere i meridionali plasmabili ad usum delphini. Menti illustri hanno spiegato in tutte le lingue che nessun popolo può avere un futuro se non conosce il proprio passato. La storia, fino a prova contraria, rimane maestra di vita e come diceva Gramsci “quando nel passato si ricercano le deficienze e gli errori non si fa storia, ma politica attuale”. Non è dunque un esercizio estetico fine a se stesso, o di conoscenza pura. E non lo è in particolar modo per il Sud Italia.
Eppure, c’è ancora chi ritiene che ricercare la verità- non quella della storia ufficiale, dunque- nei fatti che portarono all’Unità d’Italia, sia roba da studiosi, se non da perditempo. Tra questi alcuni sono in buona fede, altri sono intellettualodi salariati, altri ancora dei paraculo.
Ai primi noi rispondiamo che sono proprio tutte le bugie sul Risorgimento che hanno determinato quel senso di non appartenenza allo Stato italiano diffuso in molti meridionali.
Lo ha spiegato bene il giornalista e scrittore, Pino Aprile, nel corso di un suo intervento alla Rai (trasmissione Agorà, sui Rai) dall’emblematico titolo: L’Italia si è rotta?
“Partiamo da quello che è stato e non ci è stato raccontato. Vogliamo dire, ad esempio, che miglia di meridionali sono stati deportati in campi di concentramento e lasciati morire, buttati in una vasca di calce viva. Tempo di sopravvivenza tre mesi”. Aprile si riferisce al lager di Fenestrelle (sotto, tra gli articoli correlati, trovate l’approfondimento).
“Qualcuno ha mai raccontato che i bersaglieri avevano diritto di stupro e di saccheggio, circondavano i paesi e li bruciavano..”. A questo punto Pino Aprile viene interrotto da un ospite che ci riporta alla nostra introduzione: “Ma serve, dopo 150 anni parlare ancora di queste cose”?
Il giornalista riprende la parola: “Certo che serve, perché questo Paese non sarà unito finché un Presidente della Repubblica andrà ad inginocchiarsi davanti a quei simboli del massacro del Sud che non è stato unito, ma conquistato, colonizzato. Non c’era mai stata emigrazione prima, nel Sud c’erano le industrie, venivano i bresciani, venivano gli imprenditori svizzeri, francesi per fare imprese in joint venture”.
Interessante il commento di un ospite di quella trasmissione: “L’Italia si è scusata per il colonialismo in Eritrea e Somalia, dovrebbe farlo con Napoli e Palermo e poi da lì ripartire”.
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