Il provvedimento, che è stato firmato lo scorso 20 settembre, è stato disposto dal Tribunale di Catania, su richiesta della Sezione per le Misure di Prevenzione. Sotto sequestro beni per un valore pari a circa 150 milioni di euro
Terremoto nei ‘piani alti’ di Catania. Il Tribunale della Città Etnea ha disposto il sequestro e confisca di una serie di beni di Mario Ciancio Sanfilippo, editore e direttore del quotidiano La Sicilia. Il decreto di confisca è stato firmato lo scorso 20 settembre dal Tribunale di Catania, su richiesta della Sezione Misure di Prevenzione.
Il provvedimento riguarda conti correnti, polizze assicurative, 31 società e quote di partecipazione detenute in ulteriori 7 società, più altri beni immobili. Il valore dei beni dovrebbe ammontare intorno a 150 milioni di euro. Il sequestro – che riguarda il quotidiano La Sicilia, la maggioranza delle quote della Gazzetta del Mezzogiorno di Bari e due emittenti televisive siciliane, Antenna Sicilia e Telecolor – è stato eseguito dai Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Catania.
Le attività del gruppo editoriale non si fermano: il Tribunale, infatti, ha nominato i commissari giudiziari che dovrebbero consentire il proseguimento di chi lavora nei giornali e nelle televisioni.
Per la cronaca, va detto che Mario Ciancio Sanfilippo è attualmente sotto processo. Il reato ipotizzato è il concorso esterno all’associazione mafiosa.
Mario Ciancio è un personaggio importante nel mondo dell’editoria italiana. E, naturalmente, in quella siciliana. Con in testa Catania, se è vero che, da sempre, La Sicilia è il giornale dei catanesi per antonomasia.
Non sono mai mancate le ‘ombre’ nella vita del potente editore. Interessi diffusi non soltanto nell’editoria, ma anche in svariate attività economiche: per esempio, in agricoltura. C’è chi gli rimprovera relazioni pericolose: anche con ambienti non esattamente ‘cristallini. Accuse che Ciancio ha sempre respinto.
Sull’ANSA leggiamo la seguente dichiarazione di Mario Ciancio:
”Nell’ambito del procedimento di prevenzione a mio carico ritenevo di avere dimostrato, attraverso i miei tecnici e i miei avvocati, che non ho mai avuto alcun tipo di rapporto con ambienti mafiosi e che il mio patrimonio è frutto soltanto del lavoro di chi mi ha preceduto e di chi ha collaborato con me. Ritengo che le motivazioni addotte dal Tribunale siano facilmente superabili da argomenti importanti di segno diametralmente opposto, di cui il collegio non ha tenuto conto”.
Foto tratta da ilgazzettinodisicilia.it
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