“Anche in Sicilia il rischio radicalizzazione delle comunità islamiche”

2 settembre 2018

La denuncia di Gian Joseph Morici, giornalista, che da Parigi ha seguito il fenomeno ISIS fino ad infiltrarsi nella rete jihadista. Che dice: “Bisogna scandagliare questo universo parallelo”

Se è lui a scrivere di jihadismo, vale la pena leggere l’articolo. Non si tratta, infatti, di notizie ricavate da giornali esteri o, peggio, da veline diffuse da qualche organo istituzionale, ma di notizie di prima mano e di analisi basate su approfondimenti reali. Parliamo di Gian Joseph Morici, giornalista e scrittore di padre agrigentino e di madre americana, conosciuto in Sicilia per avere fondato il battagliero giornale online lavalledeipempli.net, ma che per anni ha vissuto a Parigi dove ha seguito da vicino le vicende legate al terrorismo jihadista.

Le sue inchieste, oltre a fare il giro dei media internazionali, sono arrivate anche sui tavoli dell’intelligence francese e non solo. Soprattutto, quando è riuscito, non senza rischi, ad infiltrarsi nella rete dei filo-jihadisti che hanno usato il web per fare proseliti. In questa intervista parla di questa esperienza. Che ha pagato con più di una preoccupazione per la sua sicurezza.

Oggi, Morici, torna  a parlare di jihadismo, Agrigento e la Sicilia. Partendo da fatti di cronaca che o “per scarsa conoscenza del fenomeno”, o per una precisa strategia volta a non allarmare, non sono stati approfonditi a sufficienza. Parliamo degli sbarchi ‘fantasma’ che si sono registrati i questi anni nelle coste agrigentine. 

A suonare l’allarme- scrive Morici sul suo giornale- un articolo, ad inizio anno, del Guardian, “che riportava le dichiarazioni di un funzionario europeo dell’anti-terrorismo che affermava come alcuni sospetti fossero approdati sulle nostre coste, rendendosi immediatamente irreperibili”.

“Il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, nella circostanza ha dichiarato che, nonostante non vi fossero riscontri che confermassero il transito di stranieri appartenenti all’Isis o ad altre formazioni terroristiche, approdati sulle coste agrigentine, non era possibile escludere che dietro questi viaggi fantasma potessero trovarsi jihadisti nascosti fra le persone che tentano di raggiungere la Sicilia”. 

Fin qui, ci siamo. Qualcuno, infatti, ricorderà questa affermazione del magistrato che oggi è sotto i riflettori per le accuse al ministro, Matteo Salvini, nell’ambito del caso della nave ‘Diciotti’.

Ma, come detto, Morici è un profondo conoscitore del fenomeno Isis. E tira le fila. Andando al di là “dello sciovinismo di taluni, dovuto al clima di insicurezza e da antichi pregiudizi e della cecità dei cosiddetti ‘buonisti’ che si sforzano di non vedere come i rischi siano reali e non soltanto frutto di immaginazione o di demagogia. Un mix di stupidità che sposta il dibattito dall’analizzare e far fronte a una minaccia reale, allo sterile scontro politico in difesa di posizioni preconcette o della ricerca di consensi elettorali”.

Cosa ci spiega Morici? Che anche in Sicilia c’è in atto un processo di radicalizzazione delle comunità musulmane: 

“Qualunque sia la ragione, che qualcosa non stia andando per il giusto verso è più che un’opinione”.

“Quello che sembra sfuggire a molti è il progetto di islamizzare il continente europeo. Un progetto pianificato già negli anni ’90, che ha visto l’insorgenza dei primi fenomeni negli attentati portati a termine in diversi Paesi europei nel corso degli ultimi anni. È stato solo a seguito degli attentati che Paesi come il Belgio, la Francia, l’Inghilterra, la Svezia e altri, sono saliti alla ribalta delle cronache che hanno portato ad attenzionare il fenomeno della radicalizzazione, humus fertile per il reclutamento di terroristi. Se anche nell’immediatezza in Italia non risulta ci siano cellule terroristiche pronte ad entrare in azione, il fenomeno ed i segnali di una radicalizzazione in corso sono evidenti, quantomeno agli occhi di chi ha avuto modo di conoscere il fenomeno dal suo interno. Segnali e rischi colti anche Al Jazeera, televisione del Qatar, che nei mesi scorsi ha inviato una propria troupe per realizzare un servizio televisivo sul tratto di mare agrigentino nel quale si sono verificati il maggior numero di “sbarchi fantasma”.

In apparenza “la nostra provincia sembra rappresentare il luogo di approdo di molti immigrati che, arrivati sui barconi, si dirigono poi verso il Nord Italia da dove sperano di proseguire il loro viaggio verso le altre nazioni europee”. E fin qui tutto potrebbe sembrare ‘normale’. Ma non si può sottovalutare il fatto che le coste siciliane sono meta di molti migranti – in particolare quelli che su piccole imbarcazioni approdano sulle spiagge per poi sparire nel nulla senza essere identificati – dietro gli sbarchi esistono vere e proprie organizzazioni in grado di offrire appoggio logistico a quanti arrivano clandestinamente, a volte anche sfruttando i loro stessi connazionali”. 

Insomma, sostiene Morici che, lo ricordiamo, si è avvalso anche di fonti privilegiate, “la nostra costa infatti non rappresenta soltanto il primo punto di arrivo dei migranti. Non è stato solo il luogo di transito di estremisti islamici, compreso qualcuno di quelli che poi ha portato a termine attentati in altre nazioni europee”.

La nostra Isola, all’apparenza poco minacciosa sotto il profilo della radicalizzazione, forse nasconde un suo universo parallelo. È qui che Omar, il cui vero nome è Domenico Quaranta,  tentò di portare a termine attentati nella Valle dei Templi, nei primi anni duemila. Domenico ‘Omar’ Quaranta, soprannominato Tyson per la sua stazza, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, si trovava a Milano l’11 maggio quando scoppiò la bombola di gas alla fermata ‘Duomo’. La sua conversione fu uno dei primi casi in Italia”.

“Il ‘terrorista fai da te’, venne definito semplicemente un ‘esaltato’. Ma quanti ‘esaltati’ abbiamo visto portare a termine gli attentati degli ultimi anni? I cosiddetti ‘lupi solitari’, altro non erano che soggetti radicalizzati che hanno poi compiuto i crimini più orrendi dietro input lanciati attraverso le reti internet jihadiste”.

“Senza voler ingenerare inutili allarmismi, forse sarebbe opportuno scandagliare questo ‘universo parallelo’ dove ‘tutti conoscono qualcuno che conosce qualcuno’, ma dove, più che il senso di comunità, la paura finisce con l’alimentare l’omertà collettiva. Fin quando non accadrà nulla di veramente grave, fenomeni di radicalizzazione e inquietanti figure di indottrinatori venuti da fuori, non verranno attenzionati per quello che realmente rappresentano. Un fenomeno attualmente ignorato anche dalla stampa che non ha gli strumenti per comprendere come la radicalizzazione si stia diffondendo a macchia d’olio”.

Qui potete leggere tutto l’articolo di Morici.

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