La parlamentare regionale del Movimento 5 Stelle, Jose Marano, ha presentato un disegno di legge che punta a sviluppare la piattaforma informatica multifunzionale ‘Blockchain’ per l’applicazione ai servizi di tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti agroalimentari. Proviamo a capire di che si tratta
Un comunicato stampa della parlamentare regionale siciliana del Movimento 5 Stelle, Jose Marano, affronta il tema della ‘tracciabilità’ dei prodotti agricoli. E lo fa dando per scontato che i ‘marchi’ e i ‘bollini’ – compresi quelli dell’Unione Europea – siano cose serie: e già qui…
“Una delle principali cause della flessione di mercato dei nostri prodotti agroalimentari – scrive la deputata grillina – è la contraffazione. Una pratica particolarmente dannosa soprattutto per la Sicilia e le sue eccellenze. Ho presentato una proposta di legge che serve a sviluppare la piattaforma informatica multifunzionale ‘Blockchain’ per l’applicazione ai servizi di tracciabilità e rintracciabilità dei prodotti agroalimentari. La Sicilia sia un modello per il Made In”.
Già la partenza ci lascia un po’ perplessi. Perché oggi i prodotti agricoli ‘taroccati’ sono certo un problema, ma la vera causa della crisi dell’agricoltura italiana sono le ‘invasioni’ di prodotti agricoli esteri, spesso di pessima qualità, a prezzi stracciati.
Dopo di che ben venga la tecnologia Blockchain (CHE POTETE APPROFONDIRE QUI).
“L’applicazione della tecnologia Blockchain – spiega Marano – pur nascendo nel settore finanziario, ha un potenziale elevato che, se applicato all’industria alimentare, permette di contrastare la contraffazione, ridurre gli sprechi e le inefficienze della supply chain, secondo i dati FAO-UN pari al 33% della produzione alimentare mondiale ed ostacolare la cybersecurity”.
La nostra parlamentare grillina scrive (e supponiamo parli) un po’ ‘difficile’: ma proviamo a seguirla lo stesso.
“La stessa Unione Europea – continua la deputata – ci impone degli obiettivi sulla tracciabilità e la rintracciabilità dei prodotti, per garantire la sicurezza alimentare attraverso supporti tecnologici”.
Qui ci dobbiamo fermare per contestare tale affermazione: fino ad oggi, su questi temi molto delicati, l’Unione Europea non ha garantito alcunché, anzi, al contrario, ha agevolato una folle liberalizzazione dei mercati che sta danneggiando l’agricoltura e, adesso, anche l’agro-industria non di tutti i Paesi europei, ma di alcuni Paesi europei.
Per la cronaca, sin dai primi anni ’80 del secolo passato l’allora CEE ha tenuto una linea di penalizzazione dell’agricoltura mediterranea: linea che si è accentuata con il passare degli anni e che oggi è culminata nell’attacco alla cerealicoltura del Sud Italia (leggere grano duro), nell’attacco all’olio extra vergine di oliva, agli agrumi e, in generale, a un po’ tutta l’ortofrutta mediterranea.
Il paradosso è che mentre si ‘infila’ la Dieta Mediterranea dentro la solita ‘lista’ UNESCO, quasi tutti i prodotti della stessa Dieta Mediterranea vengono, di fatto, sostituiti da prodotti che arrivano dall’universo mondo, spesso di dubbia (molto dubbia!) qualità con la ‘benedizione’ dell’Unione Europea.
Non c’è qualcosa che non funziona? ‘Saltare’ tutti questi problemi stringenti con la tecnologia?
“Vorremmo iniziare – scrive la parlamentare – dai prodotti dell’eccellenza siciliana e dalla filiera delle Dop, Doc, Docg e Igp, per migliorare i modelli organizzativi aziendali, la tracciabilità delle materie prime, dei semilavorati e dei prodotti finiti, e la rintracciabilità dei prodotti, ottenuta raccogliendo e analizzando le informazioni precedentemente acquisite, diventando così protagonisti nell’evoluzione digitale dell’agroalimentare”.
“Tale proposta – sottolinea Marano – ci porrebbe al centro di un processo virtuoso che, opportunamente strutturato, sarebbe in grado di rendere la ‘storia’ dei prodotti siciliani ‘unica’ e trasparente e renderebbe gli stessi meglio vendibili sul mercato interno ed internazionale. Sarebbe un obiettivo importante (sia a livello nazionale che mondiale) se la Sicilia fosse la prima regione italiana ad adottare il sistema Blockchain per la certificazione dei prodotti agroalimentari provenienti dalla regione, esaltando così sia il Made in Italy che – conclude la deputata M5S – le eccellenze siciliane”.
Forse per vendere i prodotti agricoli siciliani all’estero questa tecnologia potrebbe anche funzionare, ammesso che riesca a superare i monopoli e gli interessi che si sono strutturati nel mondo dell’agricoltura (si pensi all’influenza del mercato di Chicago sul grano duro, o alla potenza dell’offerta a basso prezzo di certi ortaggi che arrivano dalla Cina, pomodoro e derivati dello stesso pomodoro in testa).
Se tale tecnologia riuscisse ad accorciare la filiera – mettendo in contatto i produttori siciliani con acquirenti internazionali interessati alla qualità (a prescindere, per carità!, dai ‘bollini’ dell’Unione Europea, che oggi non accreditano i prodotti!) – potrebbe essere una bella scommessa.
Fermo restando che in una Sicilia sempre più povera molte famiglie sono oggi quasi costrette ad acquistare i prodotti agricoli di pessima qualità che oggi arrivano in Sicilia da chissà dove.
Non c’è bisogno di essere chissà quali esperti per capire che, oggi, in Sicilia, trovare un’anguria di qualità e, in generale, frutta estiva buona per i cittadini comuni è diventata un’impresa…
Foto tratta da optimustechtube.com
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