Mentre la Procura di Palermo apre una inchiesta sugli insulti al Presidente della Repubblica e mentre rischiano di passare in secondo piano le ragioni di chi critica la sua decisione, interviene sul caso Valerio Onida, professore emerito di diritto costituzionale e presidente della Corte Costituzionale tra il 2004 e il 2005. I precedenti No del Quirinale ai ministri e le motivazioni
La Procura di Palermo ha aperto un’inchiesta per risalire agli autori “delle minacce e degli insulti rivolti, negli ultimi giorni, sui social al Capo dello Stato Sergio Mattarella. L’inchiesta al momento è a carico di ignoti. Decine i post diffamatori e intimidatori comparsi su Facebook e Twitter”. Lo scrive l’Ansa e, a dire il vero, anche a noi è capitato di leggere messaggi volgari rivolti al Presidente della Repubblica, beceri e assolutamente ingiustificabili, soprattutto quando citano il fratello Piersanti, il Presidente della Regione siciliana ucciso nel 1980.
Agli insulti, è sempre così, ricorre chi non ha argomenti. Ed è un vero peccato perché di argomenti, per criticare Mattarella, di certo non ne mancano. Invece, il ricorso al turpiloquio o, peggio, alle intimidazioni, oltre ad essere sempre esecrabile, rischia di fare passare in secondo piano le ragioni di chi ha visto nel gesto dell’inquilino del Quirinale, un entrare a gamba tesa nei fatti della politica. Cosa che non gli è consentita dalla Costituzione.
Si fa un gran parlare, infatti, degli articoli che danno al Presidente della Repubblica il potere di NOMINA dei ministri, ma si dimentica di dire che nominare non vuol dire scegliere. Così come non si cita abbastanza l’articolo 95 della Costituzione secondo cui spetta al Presidente del Consiglio dei ministri dirigere la politica generale del Governo.
Di questo articolo e di tutte le ombre della gestione Mattarella relativamente alla formazione del governo Lega-5Stelle vi abbiamo parlato nell’articolo qui sotto:
MATTINALE 65/ Sul ‘caso’ Savona il presidente Mattarella ne ha combinate di tutti i colori
Da aggiungere solo un raffronto con i casi precedenti, i casi. cioè, in cui il Quirinale ha detto no a qualche ministro. Anche da questo paragone emerge con chiarezza come Mattarella si sia spinto oltre lo steccato, perché gli altri veti si sono basati sempre su fatti oggettivi:
ll caso più eclatante fu quello di Cesare Previti, avvocato di Silvio Berlusconi. Nel 1994, il leader di Forza Italia, ottenuto l’incarico di formare un governo, tentò di farlo nominare Ministro di Grazia e Giustizia, ma fu stoppato del presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. L’avvocato di Silvio Berlusconi in quel ministero sarebbe stato in palese conflitto di interessi.
Nel 2001, durante la fase di formazione del secondo Governo Berlusconi, la Lega aveva indicato Maroni come ministro della Giustizia, ma poi a quel dicastero finì un altro leghista, Roberto Castelli. Maroni era indagato per resistenza a pubblico ufficiale. Carlo Azeglio Ciampi lo fece notare.
In tempi più recenti, Giorgio Napolitano, nel 2014, non vollé il procuratore di Reggio Calabria Nicola Gratteri, perché la sua nomina avrebbe contraddetto la regola non scritta secondo cui un magistrato in servizio non può assumere l’incarico di ministro della Giustizia. Matteo Renzi si lasciò convincere, neanche Napolitano ha osato porre un veto. Piuttosto ha usato l’arma della moral suasion.
I precedenti veti del Quirinale erano dovuti a condizioni personali del ministro proposto, e non alle sue idee politiche. In questo caso, come si capisce dalle parole dello stesso Mattarella, il punto sarebbero invece proprio le opinioni politiche di Savona, e in particolare le sue idee sull’appartenenza dell’Italia alla moneta unica. Veniamo dunque ai pareri degli esperti.
L’agenzia di stampa Agi riporta il parere di Valerio Onida, professore emerito di diritto costituzionale e presidente della Corte Costituzionale tra il 2004 e il 2005:
“È chiaro che il Presidente della Repubblica ha ampi poteri di intervento – in termini di suggerimenti, di consigli, di moral suasion – durante la fase di formazione del governo. Ma trattandosi della nomina del Ministro dell’Economia – se è vero che da un lato la Lega e M5s hanno manifestato un irrigidimento inconsueto – d’altra parte la decisione del Colle, per il momento in cui è intervenuta e per come è stata motivata, mi è sembrata un po’ in contraddizione con le caratteristiche del nostro sistema parlamentare, in cui il Governo è espressione della maggioranza parlamentare”.
“In particolare perché l’obiezione del Quirinale alla nomina di Savona non si è fondata su caratteristiche della persona – come potrebbe avvenire in caso ad esempio di conflitti di interesse o di altre ragioni evidenti che portino ad escludere l’opportunità della nomina (come nel caso noto di Previti, proposto come ministro della Giustizia) – ma è stata collegata a una linea politica. L’indirizzo politico spetta al Governo, che se ha la maggioranza in Parlamento ha diritto di esprimerla. Non c’è propriamente un potere presidenziale di indirizzo politico, mentre il Presidente ha funzioni di coordinamento, di controllo e garanzia, specie in relazione ai singoli provvedimenti adottati dall’Esecutivo”.
“Un intervento come quello di Mattarella che porta alla restituzione del mandato da parte del presidente del Consiglio incaricato, giustificato col rischio di reazioni dei mercati finanziari e di pericoli per i risparmi degli italiani, a me è sembrato un pò anomalo”.
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